(4.)

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Dakota.

Sospirai affranta, mentre presi la strada per tornare a casa.

Sentii il rumore di un tuono squarciare il cielo e mi affrettai a tirare il cappuccio della felpa sopra la testa e affrettai il passo.

Che cosa era successo da quando avevo lasciato l’ospedale –e Harry- quel giorno?

Semplice. Avevo cercato di riprendere in mano la mia vita per trascinarla a forza nella tranquilla normalità alla quale era sempre appartenuta.

Il risultato? Un temporale. Solo ora ero venuta a conoscenza del fatto che la biblioteca della signora Black era stata chiusa, dopo che era deceduta.

In ogni caso, avevo bisogno di un lavoro. Non potevo più rimanere sotto le coperte del mio letto a rimurginare su quanto la mia vita facesse schifo in quel periodo.

Forse avrei potuto chiedere a Tris se al Miskin avevano bisogno di aiuto per le consegne…

Forse no. Non sarei riuscita a sopportare tutto il casino e il persistente odore di fritto del locale e del cibo.

Scossi la testa, accorgendomi che aveva cominciato a piovere più forte.

“Kota?” sentii chiamarmi.

Mi voltai e trovai Adam dietro di me, metà del volto coperto da un ombrello blu.

“Ti serve un passaggio?” scherzò indicando con l’indice l’oggetto che sorreggeva.

Sorrisi e gli andai accanto.

“Grazie” mormorai. Adam si strinse nelle spalle e si scostò un ciuffo di capelli neri dal viso. “Non c’è di che”.

“Allora, come mai ultimamente non ti vedo più al bar?” chiese curioso.

Sospirai e abbassai lo sguardo. Sapevo che potevo fidarmi di lui, ma non me la sentivo di raccontargli di Logan.

“Problemi personali” risposi con una smorfia. Lui annuì e non insistette.

“Tua zia mi assilla sempre per sapere quando l’andrai a trovare” sogghignò.

“Credo che ci rivedremo presto”.

Per un po’ camminammo in silenzio, in sottofondo solo il rumore della pioggia che si abbatteva pesantemente su di noi e dei nostri piedi sulla strada bagnata.

Sentii la suoneria di un cellulare. Adam frugò nelle sue tasche e tirò fuori l’apparecchio. Voltai la testa dall’altra parte per non dargli l’impressione che stavo sbirciando. Lo sentii sbuffare pesantemente e i miei occhi si posarono nuovamente su di lui.

“Qualche problema?” chiesi gentilmente.

“Domani mi hanno incastrato in un paio di turni extra al bar. April ha avvisato che non ci sarà in questi  giorni  perché sta male” spiegò con le sopracciglia aggrottate.

Un’idea mi balenò in testa. Come avevo fatto a non pensarci prima?

“Posso venire io” mi offrii.

“Davvero?” rispose sorpreso.

“Certo, stavo giusto cercando un lavoro” alzai le spalle.

“Ma è solo per poco” si grattò la nuca guardandomi indeciso.

“Meglio che niente no? Prendilo come un favore personale” gli sorrisi incoraggiante.

Adam ricambiò il sorriso e mi avvolse le spalle con un braccio, prima di stringermi a sé. “Sei un’amica”.

Sun on my skin - h.s. - sequel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora