“E’ bellissimo qui” mormorai osservando il panorama.
“Speravo ti piacesse” disse Adam soddisfatto.
L’ultimo posto in cui mi aspettavo che mi portasse era il Frank’s Cafè. Non che mi aspettassi chissà quale ristorante, anzi, questo posto era più che perfetto.
“Ci credi se ti dico che non sono mai venuta qui?” ridacchiai.
Infatti, nonostante abitassi a Londra da un po’, non avevo visitato molti locali.
“In effetti sì” rise con me.
Tra il cibo, qualche risata e la bella vista, la serata passò più fretta di quanto avessi pensato.
E Adam era riuscito a farmi dimenticare i drammi della mia vita per un po’.
“Credo che sia ora di tornare a casa” dissi dopo un paio di ore, quando sentivo davvero di non riuscire più a reggermi in piedi.
“Andiamo” mi offrì il braccio, che accettai, mentre camminavamo verso la sua auto al chiarore dei lampioni e della luna.
Ringraziai mentalmente Alexa per non avermi fatto indossare i tacchi o sarei già caduta almeno quattro volte.
Il viaggio di ritorno fu prettamente silenzioso. Ma non un silenzio d’imbarazzo, ma più dovuto al fatto che non avevamo nient’altro da dire. Stavamo perfettamente così.
Adam parcheggiò di fronte all’appartamento e si voltò a guardarmi.
“Mi sono divertito” disse sorridendo.
“Anche io.” Aspettai un po’, e dato che era calato nuovamente il silenzio, decisi di salutarlo.
“Allora ci vediamo domani”.
“Kota! Un momento” mi fermò toccandomi delicatamente la mano.
Lo guardai confusa, e prima che potessi dire niente, premette le sue labbra sulle mie. Non avventatamente, ma con dolcezza.
Non lo rifiutai, ma non gli diedi neanche corda. Ero semplicemente lì, immobile.
Quando si staccò, mi sorrise imbarazzato.
“Sai, avrei voluto dirtelo in un altro modo. Ma così è più facile” mormorò.
“Adam” lo chiamai sospirando e abbassando lo sguardo.
“Ugh. Questo non è mai un buon segno, vero?”
Scossi la testa. “Mi dispiace ma io-“ iniziai, ma lui mi fermò alzando la mano all’altezza della mia bocca.
“Non dire niente” disse con una nota di tristezza, ma cercando di sorridere.
“Capisco che hai già abbastanza problemi, non voglio complicarti le cose”.
“Adam” riprovai, senza successo.
“Solo…facciamo finta di niente okay?” propose, e annuii.
“Come vuoi” risposi.
Lui fissò il volante pronto ad andarsene.
Gli concessi un veloce bacio sulla guancia e uscii dall’auto.
Tirai fuori le chiavi dell’appartamento dalla borsa e aprii cercando di non fare troppo rumore. Soprattutto sapendo che Harry dormiva in salotto.