Marinette sbadigliò, scendendo dabbasso e osservando sua madre che si affaccendava intorno alla cucina, preparando la colazione per lei: «Buongiorno, tesoro.» la salutò Sabine, voltandosi e sorridendo, quando la ragazza la circondò con le braccia da dietro, poggiandole la testa contro la spalla: «Come mai così affettuosa?»
«Lo sono sempre.» mugugnò la ragazza, stringendo il piccolo corpo della madre e ripensando all'ultimo scontro con Mogui: se qualcosa fosse andato storto, se invece della spalla fosse stata colpita da qualche altra parte...
Socchiuse gli occhi, aumentando la stretta dell'abbraccio e facendo ridere la madre: «Spero che tu sia così anche con Adrien.» sentenziò la donna, voltandosi fra le braccia della figlia e sorridendo, posandole una mano sulla guancia: «Come sei cresciuta.» mormorò, carezzandola e spostando indietro alcune ciocche more: «Mi sembra ieri quando sgambettavi per casa e per il negozio, mentre ora...guardati. Sei una giovane, bellissima donna. Hai un ragazzo che ti ama e...»
«E non metterò assolutamente l'abito di nonna.» sentenziò Marinette, sedendosi e prendendo la tazza di latte che il genitore le offriva: «Quando succederà - e, mettiti l'anima in pace, non succederà a breve - me lo sceglierò da sola l'abito. O me lo farò.»
Sabine osservò male la figlia, scuotendo poi il capo: «Sei testarda come tuo padre.» dichiarò alla fine, prendendo alcune fette di pane tostato e spalmandoci sopra il burro e la marmellata, sedendole davanti: «Una testa dura come lui.»
«Secondo papà - e anche secondo Adrien - assomiglio a te in maniera spaventosa.» le rispose Marinette, bevendo un po' del suo latte e osservando Sabine mangiucchiare la fetta di pane.
Di sicuro stava pensando a una possibile risposta.
Marinette la vide aprire la bocca, pronta a ribattere quando il campanello di casa suonò: «Resta lì.» sentenziò la donna, indicando la figlia e poi correndo ad aprire velocemente la porta al visitatore mattutino: «Adrien! Buongiorno!» tubò, facendo entrare il ragazzo biondo che, regalandogli un sorriso, si chinò poi a baciarla sulle guance.
«Tom mi ha detto che potevo salire.» spiegò Adrien, chiudendo la porta dietro di sé e marciando verso il tavolo: «Spero di non aver disturbato.»
«Tu non disturbi mai, Adrien.» cinguettò Sabine, facendolo accomodare al suo posto e poi raggiungendo velocemente la porta dell'appartamento: «Vado a prenderti qualche croissants.» dichiarò, uscendo velocemente e richiudendosi l'uscio dietro di sé.
«Tua madre è unica.» sentenziò Adrien, scuotendo la testa e allungando una mano catturando quella della ragazza: «Come ti senti, my lady?»
«Bene. La spalla non mi fa più male e posso già muoverla come voglio.»
«Non mi riferivo a questo, ma sono felice di sapere che sta meglio.» spiegò Adrien, facendole voltare la mano e giocherellando con le dita di lei: «Mi riferivo al fatto che, da tre notti, non fai altro che tenermi stretto tutto il tempo, finché non me ne vado dal tuo letto per tornare a casa. Non che mi lamenti, sia chiaro.»
«Sto bene.»
«Marinette...»
«Sto bene. Davvero.»
Adrien sospirò, scuotendo il capo e stringendole la mano: «Ogni tanto puoi mostrarti debole, sai? Non devi per forza essere quella sempre forte che non viene scalfita da niente e nessuno.» le sorrise, accentuando la stretta: «Puoi lamentarti, abbatterti...io sono con te. Posso essere la tua roccia, ogni tanto. No?»
«Io...»
«Lo so. E' dura dover fare i conti con le due parti di noi e Ladybug, che è forte e incredibile, non ti fa lamentare.»
«Tu però ci sei riuscito benissimo: a mettere d'accordo le due parti.»
«Sono geniale, che posso farci.»
Marinette abbozzò un sorriso, chinando il capo sulle loro mani unite: «Io iniziato a pensare a cosa sarebbe successo se Mogui mi avesse colpita ed io fossi...» si fermò, scuotendo la testa: «Ho iniziato a pensare questo e ho avuto paura; non so cosa avrei fatto se non ti avessi avuto con me durante la notte...»
«Ti saresti trasformata e saresti venuta da me.»
«Io...»
«Non permetterò mai più che Mogui ti tocchi. Lo ucciderò nel caso lo facesse.»
«E' l'amico di Sarah.»
«E tu sei l'amore della mia vita.» dichiarò Adrien, fissandola negli occhi: «Non gli permetterò mai più di colpirti: mi è bastata una volta e non voglio che ce ne sia una seconda.»
«Adrien...»
«Marinette, non potrei sopportarlo di vederti ferita un'altra volta.»
«Non voglio che ti metti in pericolo per causa mia.»
«Ehi, sono il tuo cavaliere dall'armatura scura, no?» dichiarò il ragazzo, sorridendole: «Lascia che ci penso io ai cattivoni.»
«Adrien...»
«Starò attento.» sbuffò il ragazzo, strizzandole l'occhio: «Contenta?»
«No. Perché nel tuo starò attento è compreso il farmi scudo con il tuo corpo, gettarti davanti agli attacchi che sarebbero destinati a me e...»
«Starò più attento del solito, ok? Ehi, vorrei arrivarci intero al nostro matrimonio, sai?»
«Perché non dovresti arrivarci intero, Adrien?» domandò Sabine, comparsa nel vano della porta con un vassoio di brioche bello carico: «Ho preso un po' di tutto.»
«Tu mi vizi, Sabine.»
«Come hai fatto ad aprire la porta, mamma?»
«Marinette, non sottovalutarmi: lavoro nella boulangerie di tuo padre da vent'anni. Ci sono poche cose che ancora non so fare.»
«Quindi sai aprire le porte con il pensiero?»
«No, però sono bravissima ad aprirle tenendo un vassoio pieno di brioches con una mano sola.»
Adrien addentò un cornetto, mugolando di piacere: «Questi croissants sono buonissimi.» sentenziò, buttando giù l'ultimo pezzo e afferrando un altro dal vassoio, sotto lo sguardo compiaciuto di Sabine.
«Sai, sto iniziando a pensare che vuoi sposarmi solo per avere libero accesso alla boulangerie...»
«Marinette!» sbottò sua madre, dandole un lieve colpo sul braccio e scuotendo la testa: «Mangiane quanti ne vuoi, Adrien.»
Adrien fece la linguaccia alla propria ragazza, prendendo una nuova brioche e mangiandola soddisfatto davanti gli occhi della mora: «Avvalori solo la mia tesi, così.»
«Adesso che hai smascherato il mio piano malvagio, dovrò zittirti.» sentenziò il biondo, allungandosi sul tavolo e sfiorandole le labbra con le proprie, ignorando il sospiro estasiato di Sabine: «E ora sei sotto il mio controllo.» Marinette si portò una mano alla bocca, arrossendo vistosamente e iniziando a balbettare parole senza senso, facendo ridacchiare il ragazzo: «Quanto mi mancavano i tuoi balbettii. Era un po' che non li sentivo.»
«A-adrien!»
Wei sbuffò, sistemando alcuni scatoloni e ignorando il dolore alla schiena: la ferita era migliorata e anche tanto ma, a differenza di quelle di Marinette e Rafael, non era ancora guarita del tutto.
Ma se non lavoro non mangio e il signor Mercier ha bisogno di me.
Sospirò, voltandosi e osservando lo sguardo chiaro che non lo perdeva d'occhio nemmeno per un secondo: quella mattina Lila si era presentata davanti casa sua e, senza dire una parola, l'aveva seguito mettendosi poi da una parte e fissandolo per tutto il tempo.
Questo dopo due giorni che non si era fatta sentire per niente.
«Vuoi qualcosa?» le domandò, poggiandosi alla pila di scatole e asciugandosi il sudore con la maglietta: osservò lo sguardo di lei seguire i suoi movimenti e poi tornare a puntarlo negli occhi: «Vuoi...»
«Niente.» sentenziò spiccia la ragazza, rimanendo immobile con i gomiti poggiati sulle cosce e il viso tenuto fra le mani, mentre Vooxi e Wayzz erano comodamente seduti sulle sue ginocchia.
Donne, sbuffò Wei, alzando gli occhi al cielo e avvicinandosi: da quando si erano conosciuti Lila aveva cercato in ogni modo di avvicinarlo, di essergli amica e lui si era abituato velocemente alla presenza della ragazza.
Molto spesso era passata a trovarlo, mentre aiutava il signor Mercier a preparare le consegne, portandogli anche qualcosa da mangiare.
In effetti, Mercier si era stupito dell'assenza dell'italiana nei giorni precedenti.
Si lasciò cadere a terra, accanto alla ragazza e la osservò tenere lo sguardo dritto davanti a sé: «Grazie.» mugugnò, massaggiandosi la base del collo e alzando la testa verso il cielo terso: «Per essermi rimasta vicino quando io...»
«Non farlo mai più.» dichiarò Lila, tenendo lo sguardo sempre fisso in avanti; Wei la osservò socchiudere le palpebre e poi voltarsi verso di lui: «Non proteggermi. Mai più.»
«Non...»
«Non dirmi che non puoi.» sentenziò la ragazza, alzandosi in piedi e osservandolo dall'alto: «Io non voglio essere protetta, se il prezzo è vederti ferito; sono una Portatrice di Miraculous anch'io, non sono una ragazzina incapace di combattere.»
«Lo so.»
«E allora non farlo più.» gli ripeté, chinandosi e afferrando la propria borsetta, voltandogli poi le spalle mentre Vooxi le fluttuava accanto, prima di nascondersi all'interno della giacca.
«Perché?» le domandò, rimanendo immobile al suo posto e osservandola fermarsi: «Perché non vuoi essere protetta da me?»
«Non voglio essere protetta. Da nessuno.»
«Perché?»
«Perché cosa?» sbottò Lila, voltandosi e facendo cadere la borsa per terra, guardandolo con lo sguardo lucido: «Forse perché non voglio vedere qualcuno a cui tengo soffrire? Forse perché sono morta di paura pensando che non ti saresti svegliato? Forse perché...» si zittì, ritrovandosi imprigionata nell'abbraccio forte e caldo di Wei; rimase immobile per alcuni secondi, iniziando poi a ribellarsi e picchiando i piccoli pugni contro il petto muscoloso del cinese: «Non voglio la tua pietà!»
«Sfogati, Lila.» le mormorò Wei, stringendola di più a sé e carezzandole la testa scura: «Piangi.»
E, quasi come se non aspettasse altro, Lila iniziò a piangere.
Lo aveva sentito, ma non voleva dargli la soddisfazione di voltarsi.
Era rimasta immobile, sul tetto di paglia di una delle capanne della periferia, mentre lo sguardo era rivolto verso il porto ove era nascosto il loro nemico: «Lo so che mi avevi sentito.» le sussurrò una voce calda all'orecchio, facendola voltare e incontrare il suo sorriso scanzonato.
Gli sorrise, tirando su le gambe e stringendole al petto: «Pensieri?» gli domandò lui, accomodandosi al suo fianco.
«Sì.»
«Il piccoletto sa il fatto suo, non c'è nulla di cui avere paura.»
«Ne sei certo?»
Lui alzò le spalle, sorridendole: «L'ho visto combattere e non mi sembra uno sprovveduto.» dichiarò, tenendo lo sguardo sulla nave imperiale: «Gli affiderei la mia stessa vita.»
«Spero sia come dici tu. Non voglio avere morti sulla coscienza.»
«Sempre così pessimista?»
«Sempre così ottimista?»
Lui le sorrise, scuotendo il capo: «Non sono ottimista. Penso solo che andare subito al peggio sia un modo brutto di vivere: ti perdi la metà delle cose.»
Coeur aprì le palpebre, storcendo la bocca: ricordi. Ancora ricordi tramutati in sogni.
Avrebbe voluto che tutto sparisse, che la sua vita passata fosse stata spazzata via quando aveva accettato lo spirito dentro di sé, invece ogni giorno doveva ricordare chi era stata e cosa era diventata.
Un demone.
Una creatura maligna.
Qualcosa che avrebbe sicuramente combattuto.
Qualcosa che lui avrebbe annientato.
Si strinse nelle spalle, massaggiandosele come se avesse freddo: «Mi manchi...» mormorò, tirando su le gambe e poggiando la fronte contro le ginocchia: avrebbe voluto piangere, ma non c'era lacrime nel suo corpo.
Avrebbe voluto rivederlo, ma era impossibile. Lui era morto, tanti anni prima.
Avrebbe voluto urlare e gridare, rompere qualcosa magari, ma così facendo avrebbe dato spettacolo e divertimento allo spirito.
Alzò la testa, sospirando rumorosamente e, afferrando la vestaglia abbandonata in fondo al letto, si alzò in piedi e la infilò: seta contro pelle nuda.
Quella sensazione...
Sorrise, ricordando la prima volta che si era donata a lui: la seta cinese del suo costume, che le carezzava il corpo e veniva lentamente gettata via dalle sue mani esperte...
Mi manchi.
Scosse il capo, stringendo il nodo delle veste e andando nell'altra stanza: Mogui, o meglio Alex, dormiva placido sul divano e lo specchio era scuro come sempre.
Bene.
Ottimo.
Non l'avrebbe disturbata.
Di sicuro si stava gustando la sua disperazione e la sua tristezza, diventando più forte.
Si avvicinò al mobile che conteneva le bottiglie di vino e, prendendone una a casaccio, si versò un bicchiere, voltandosi poi verso lo specchio e alzandolo a mo' di brindisi: «Alla tua salute!»
Rafael sospirò, mentre camminava verso casa sua, dopo aver passato la serata a Le Cigale: «Ti ho vista da un bel po', Bee.» sentenziò, mettendosi seduto sui gradini e ridacchiando: quello era il luogo dove si era incontrato con Bee un po' di tempo fa.
«Come hai fatto?» sbottò la ragazza, atterrando poco lontano da lui: «Volavo sopra le luci...»
«Rifattela con il tuo costume, che riflette la luce. E con i lampioni di Parigi.» le spiegò Rafael, indicando uno di questi ultimi e sorridendole: «Perché mi stavi seguendo?»
«Così...»
«Sai che potrei denunciarti per stalking? Non penso che sarebbe bello leggere su Le monde qualcosa del tipo: eroina parigina denunciata per stalking da modello del marchio Agreste.»
«Mi preoccupavo, ok? Dopo quello che è successo ad Alex e...» lo indicò, iniziando a camminare avanti e indietro davanti a lui: «beh, anche noi siamo amici, no? Io...»
«So proteggermi. Ho un Miraculous e un kwami e non ho paura di usarli.»
«Ehi, non sono un'arma.» dichiarò il kwami del pavone, sbucando dalla tasca della giacca e guardandolo male: «Non puoi usarmi. L'unica cosa che posso fare è trasformarti.»
«Flaffy, mi hai rovinato la battuta.»
Bee ridacchiò, scuotendo il capo biondo e voltandosi verso la direzione del Sacré Coeur: «Mi stai dicendo che mi preoccupo troppo?»
«Abbastanza sì.»
«Io non...»
«Andrà tutto bene.» sentenziò il ragazzo, alzandosi in piedi e avvicinandosi all'eroina, allungò le mani alla capigliatura della ragazza, prendendo il pettinino e togliendolo, osservando Bee trasformarsi in Sarah e la piccola Mikko uscire dal Miraculous: «Il parco è chiuso, ma Sacre Coeur si può vedere anche dalla strada...» mormorò, indicando verso la chiesa.
«Mi piace quel posto.» mormorò Sarah, creando uno chignon con la lunga capigliatura bionda e fermandolo con il pettinino dell'Ape che Rafael le aveva reso: «Penso di essermene innamorata.»
«Solo di quello?»
«Eh?»
«Beh...ci sono tanti posti belli a Parigi...»
«Mh. No, Sacre Coeur ha il mio amore eterno.»
«Capito.»
Gabriel sospirò, sentendo il figlio rientrare in casa.
Le tre di notte.
Avrebbe voluto tanto salire e dirgli qualcosa, fargli presente che con la settimana della moda che si avvicinava lui dormiva di meno per preparare tutto quanto e sapeva quando rientrava ma, ogni volta, si fermava.
Com'era stato lui alla sua età? Esattamente uguale.
Quante volte aveva rischiato di farsi scoprire dai genitori di lei, per stare qualche minuto in più fra le sue braccia? Tante. Tantissime.
Gabriel si appoggiò allo schiena della poltrona, rimanendo in silenzio: poteva sentire i passi di Adrien di sopra, mentre cercava di andare a letto senza fare rumore, e il respiro pesante di Nooro, che dormiva sul divano poco distante; osservò la foto che teneva sulla scrivania, sorridendo al volto della donna: «Ho sempre pensato che fosse più simile a te, ma mi ricorda quando ero giovane: la stessa incoscienza, la stessa spavalderia...Tu diresti che ha anche il mio modo di fare con la sua ragazza, ne sono certo.» sospirò, scuotendo il capo: «Dovrei dirglielo che so che rientra tutte le mattine perché passa la notte da lei? O faccio meglio a stare zitto? Ogni volta penso a cosa tu avresti fatto, a come ti saresti comportata con lui se fossi ancora qui: sono certa che lo ascolteresti rientrare, sorridendo e scuotendo divertita la testa.» Gabriel si fermò, prendendo il portaritratti e carezzando i lineamenti della donna fotografata: «Già tu faresti proprio così.»
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Miraculous Heroes {Completata}
FanfictionSono passati quattro anni da quando Ladybug e Chat Noir hanno sconfitto Papillon, riportandolo dalla parte del bene. Ma una nuova minaccia giunge a Parigi e i due eroi non sanno se stavolta riusciranno a fermarla... *Questa storia (o per megli...