Capitolo 15

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La stanza era immersa nell'oscurità e nel silenzio, quest'ultimo interrotto solo dal rumore di Plagg che scartava l'ennesima forma di formaggio: «Cos'è? Hai già ripensamenti?» gli domandò il kwami, continuando la sua opera finché il sentore del camembert non si diffuse per tutta la stanza: «Sinceramente non è tanto saggio mettersi un cappio al collo in questo modo.»
«Plagg...»
«Non è che sia contrario, sia chiaro.» dichiarò il kwami, inspirando poi il profumo del formaggio e rimanendo un attimo in silenzio: «Ma sono a favore anche di una filosofia di vita più incentrata sul divertimento...»
Il bussare alla porta evitò ad Adrien di rispondere al felino nero, biascicò un avanti e rimase immobile nel letto: «Oh.» mormorò suo padre, entrando e lasciando l'uscio aperto, così che la luce del corridoio entrasse anche lì: «Sei qui.»
«E dove dovrei essere?» domandò il ragazzo, mettendosi seduto nel letto e osservando il genitore entrare: Gabriel premette l'interruttore, accendendo la luce e Adrien storse il naso, socchiudendo gli occhi, aspettando che questi fossero di nuovo avvezzi alla luminosità.
«Ti ho portato una cosa.»
Il ragazzo l'osservò, mentre il genitore tirava fuori da una tasca della giacca una scatolina nera e gliela porgeva: «Spero non sia un Miraculous.» dichiarò Adrien, prendendo il contenitore e aprendolo: «Papà, questo è...» si fermò, alzando lo sguardo verso il genitore e poi tornando a fissare il gioiello nella piccola scatola nera.
«Era l'anello di tua madre, sì.» affermò Gabriel, posando lo sguardo chiaro sulla vera in oro bianco, impreziosita da fiore creato con piccoli diamanti: «L'anello di fidanzamento di tua madre, per la precisione. Ho pensato che...»
«A Marinette piacerà.» mormorò Adrien, sorridendo e carezzando con il polpastrello il piccolo capolavoro di oreficeria: «Grazie.» dichiarò, alzandosi in piedi e allungando il pugno destro verso il kwami: «Plagg! Trasformami!» urlò e, pochi secondi dopo, si ritrovò nei panni di Chat Noir.
«Dove stai andando?» domandò Gabriel, osservando il figlio trasformato che si avvicinava alla finestra e sistemava la scatola con l'anello in una delle tasche della tuta nera: «Adrien?»
Chat balzò sulla struttura di metallo, voltandosi verso il genitore e facendogli l'occhiolino: «Da Marinette, che domande!» esclamò, prima di lanciarsi nel vuoto e, aiutato dal suo bastone, raggiungere il tetto dell'edificio accanto.


«Cosa devo fare? Come posso sconfiggerli?» domandò Coeur Noir marciando minacciosa per la stanza e gettando per terra tutto ciò che incontrava: «Le mie creazioni. I miei guerrieri neri. Tutti sconfitti. Perché non riesco a vincere?»
Hai mandato un guerriero solo contro tutti loro.
Non è stato molto intelligente.
«Piantala! Come se tu sapessi fare di meglio.»
Ovviamente.
Io conosco il potere.
Io sono il potere.
«Io...»
Concediti a me.
Lasciami libero.
«Mai!»



Marinette respirò a fondo, socchiudendo gli occhi: aveva cercato di mantenere un contegno decoroso per tutto il tempo, ma ora...
Urlò.
Con tutto il fiato che aveva in corpo.
«Tikki!»
«Lo so!»
Le due strillarono insieme: l'umana saltellando sul posto e la kwami volando in modo sconclusionato.
«Tikki!»
«Lo so!»
«Non ci credo! Non ci credo! Non ci credo! Non ci credo!» esclamò Marinette, ripetendo le tre parole quasi come se fossero una sola e iniziando a ballare scombinata, prendendo poi Tikki per le zampette e volteggiando per la stanza, finché non colpirono la sedia girevole e la ragazza si ritrovò seduta senza neanche sapere perché.
«Marinette!» la voce perentoria di sua madre le giunse attutita attraverso la botola: «Capisco tutto, ma ricorda che domattina hai scuola!»
Tikki e Marinette iniziarono a ridere, poi la mora scosse il capo e si avvicinò all'armadio, recuperando il pigiama e iniziando a togliersi gli indumenti della giornata: «Ah. Sono arrivato al momento giusto?» domandò la voce allegra di Chat: con uno strillo, Marinette si voltò e trovò l'eroe nero fermo nell'apertura dell'oblò della camera; alzò le mani e tenne la maglia stretta contro il corpo, coperto solo dal reggiseno: «My lady...» mormorò Chat, balzando sulla chaise longue e sorridendole lascivo: «...so esattamente come sei lì sotto. Non c'è bisogno di essere così timide.»
«Voltati!»
«Cosa? Ma perché?»
«Voltati!»
Sbuffando, Chat girò su se stesso e Marinette rimase un attimo a fissarlo, prima di voltarsi verso l'armadio: lanciò la maglia che si era appena tolta nella cesta dei panni sporchi e recuperò la canotta che usava per dormire, rabbrividendo quando sentì le labbra di qualcuno posarsi sulla sua spina dorsale e risalire lentamente verso l'alto: «Chat...» mormorò, inarcando la schiena e sospirando; socchiuse gli occhi, sentendo la pelle fredda dei guanti contro l'addome, mentre le mani di lui risalivano verso l'alto, imitate dalle labbra.
«Ti lascio vestire.» le bisbigliò il ragazzo all'orecchio, baciandola sul collo e poi allontanandosi; Marinette s'infilò la canotta e trafficò poi con l'abbottonatura dei jeans, mentre sul pavimento si rifletté la luce della trasformazione di Chat Noir: velocemente Marinette sostituì i pantaloni con quelli corti del pigiama e si voltò, trovando Adrien comodamente seduto alla scrivania.
«E' successo qualcosa?» gli domandò la ragazza, avvicinandosi a lui e notando l'abbigliamento che aveva: «Attacco nemico?»
«No, my lady.» rispose tranquillamente Adrien, prendendola per un polso e invitandola sederglisi in grembo; sorrise, vedendo le guance di lei diventare leggermente rosse e sentendola irrigidirsi appena: «Oh. Andiamo. Come puoi imbarazzarti per così poco dopo che...»
Marinette gli premette le mani sulla bocca, fissandolo negli occhi verdi: «Non dire nulla.»
«Come la mia signora comanda.» borbottò Adrien, solleticandole i palmi con il movimento delle labbra; la ragazza lo fissò un attimo, prima di liberarlo dalla presa: «Non riuscivi a dormire?»
«No. Anzi. Devo dire che sto davvero sentendo il bisogno di dormire: le ultime ronde e l'attacco di oggi...» si fermò, abbozzando un sorriso: «...mi stanno mandando a terra.»
«Vorrei ricordarti che ieri notte non hai chiuso occhio per il tuo assurdo progetto.» sentenziò Plagg, attirando l'attenzione su di sé.
«Assurdo progetto?»
«Economia. Matrimonio.» spiegò Adrien alla ragazza, allungando il collo e baciandola sulle labbra: «Mi sembra di avertene parlato oggi...»
«Oh. Quel piano.»
«Già. Quel piano.» ripeté Adrien, prendendo la scatola che aveva appoggiato sul tavolo e aprendola: la sentì trattenere il fiato, mentre prendeva l'anello e glielo infilava all'anulare sinistro: «Me l'ha dato stasera mio padre.» le spiegò, carezzando il gioiello, che sembrava perfetto per il dito di Marinette: «Era l'anello di fidanzamento di mia madre.»
«Adrien, non posso...»
«Puoi, invece.» le spiegò il ragazzo, portandosi la mano di lei alle labbra e baciandola riverente: «Sei la sola che può indossarlo. E poi è perfetto per il tuo dito.»
Marinette sorrise, baciandolo: «Rimani qui.» mormorò, carezzandogli la guancia e sorridendo allo sguardo confuso di lui: «Rimani con me.»

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