Capitolo 9

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La sveglia del cellulare suonò, strappando Plagg dal suo sonno: alzò il musetto, osservando la coppia addormentata nel letto e, poi, la piccola kwami che dormiva acciambellata vicino a lui; con un sospiro si mise a sedere, sbadigliando sonoramente e poi volò fino alla faccia del suo compagno umano: «Ehi, ragazzino.» mormorò, prendendo una ciocca bionda e tirandola leggermente.
«Cinque minuti, Plagg.» sbuffò Adrien, voltandosi di lato e stringendo maggiormente la ragazza che dormiva con lui.
«Senti, bell'innamorato, non sei a casa tua. Ti ricordi? Seratina romantica e bollente da Marinette, la seconda di fila...» iniziò Plagg, tirandogli più forte i capelli e osservandolo aprire le palpebre, mentre le iridi verdi si guardavano intorno: «Non per rovinare la tua pace dei sensi, ma non puoi rimanere qua. Oggi è lunedì, genio.»
«Lunedì. C'è scuola.»
«Ok, il cervello sta riprendendo a funzionare.»
Attento a non svegliare Marinette, Adrien scivolò fuori dalle lenzuola e iniziò a raccogliere i propri indumenti, sparsi per il pavimento, e a rivestirsi: «Che c'è?» sbuffò, dopo un po', stanco dello sguardo fisso di Plagg su di lui.
«Stavo solo pensando che hai recuperato quattro anni in due giorni.»
«Plagg...»
«Sto solo facendo un semplice pensiero. Spero che la signorina ce la faccia a camminare oggi.»
«Plagg...» mormorò la dolce voce di Tikki, attirando l'attenzione dei due: «...sei pregato di finirla con questi discorsi.»
«Grazie, Tikki.» sussurrò Adrien, infilandosi i pantaloni e andando alla ricerca della maglietta: «Perché non potevo avere un kwami come te?»
«Perché Plagg è malizioso e anche tanto. Però è felice per voi, sappilo.»
«Tikki...» sibilò il kwami nero in tono di avviso e ricevendo in cambio un sorriso soddisfatto dall'esserino rosso.
Adrien sorrise, trovando la maglia sulla scrivania e infilandosela, mentre alcuni rumori dal soppalco del letto, gli fecero capire che Marinette si stava svegliando: «Adrien?»
«Sono di sotto.» bisbigliò il ragazzo, adocchiando una scarpa da tennis e andando alla ricerca dell'altra, trovandola poi nei pressi della botola, nonché porta della camera.
La ragazza scese le scalette che portavano di sotto, strusciandosi gli occhi e con addosso solo una maglietta.
Sua. Ma la ragazza l'aveva requisita la mattina prima, dichiarandola proprietà di Marinette.
E stava decisamente meglio a lei.
«E' già ora di alzarsi?» domandò la giovane, osservandolo infilarsi le scarpe e poi dandosi una veloce sistemata ai capelli.
«C'è scuola, principessa.» le spiegò brevemente Adrien, voltandosi poi verso il proprio kwami e allungando il pugno con l'anello verso di lui: «Plagg! Trasformami!»
«Giusto.» assentì la ragazza, scrollando il capo e socchiudendo gli occhi di fronte alla luce della trasformazione: la prima cosa che vide, quando riaprì gli occhi, fu il sorriso strafottente del suo compagno.
Chat le sorrise, chinandosi a baciarla velocemente: «Ci vediamo dopo.»
«A dopo.»
Raggiunse le scale che davano sulla botola del terrazzino, fermandosi appena messo il piede sul primo scalino: «Marinette?»
«Mh?»
«Ehm. Come dire...» si fermò, grattandosi imbarazzato il naso con la mano guantata: «Va tutto bene?»
Le ragazza sorrise, avvicinandosi e allungando una mano, carezzandogli la testa: «Sto benissimo.»
Il giovane annuì, piegandosi verso di lei e catturandole le labbra in un secondo bacio: «A dopo.» dichiarò, scivolando fuori e, aiutato dal bastone, iniziò a balzare sui tetti, raggiungendo velocemente casa sua; saltò nella finestra di camera sua, atterrando a quattro zampe: «Mi stavo domandando dove fossi.» dichiarò la voce di suo padre, facendolo sussultare.
Adrien alzò lo sguardo verde, incontrando la figura impeccabile di Gabriel Agreste, seduta sul divano: «Papà...» mormorò, portandosi una mano alla nuca e grattandola con fare imbarazzato: «Posso spiegare.»
«Non c'è bisogno.» dichiarò l'uomo, fermandolo con un gesto della mano: «Marinette è venuta qua sabato mattina, poi tu sei sparito sabato notte e stanotte. Non sono nato ieri, per tua sfortuna.» spiegò velocemente, alzandosi e avvicinandosi a lui: «Posso capire che sei in quella fase dove vorresti passare con lei tutto il tuo tempo, ma...»
«Lo so, dovremmo andarci piano. Pianissimo.»
«Non sono la persona più indicata per dirti qualcosa, ho sposato tua madre quando eravamo giovanissimi ma gradirei che limitassi le visite a casa di Marinette, almeno durante la settimana.»
«Mi stai dicendo che posso andarci durante il weekend?»
Gabriel lo fissò, sospirando: «Io non ho sentito niente. E non saprò niente di dove sarai nei prossimi weekend.»
Adrien l'osservò andare fuori dalla camera: «Grazie, papà.»


Marinette si sedette al suo posto, sbadigliando e attirando l'attenzione di Alya e Lila: «Come mai così stanca, Marinette?» domandò l'italiana, poggiando la borsa sul suo banco e avvicinandosi alla ragazza: «Lila Rossi.» si presentò, allungando la mano verso Alya: «Ma immagino che ti ricordi di me...»
«Sì, sei quella che ha creato un po' di problemi a Marinette.»
«E' acqua passata, Alya.»
«Sicura?»
«Certo! Lila è dei buoni, vero?»
«Ovviamente.» decretò l'italiana, facendo l'occhiolino: «Ho chiesto scusa per il mio passato, e...oh mio dio, splendore! E tu chi saresti?» domandò, gettandosi indietro una ciocca di capelli e sorridendo al ragazzo che era appena entrato e si era avvicinato a loro.
«Rafael.» si presentò questo, ricambiando il sorriso e stringendo la mano che Lila gli stava offrendo: «E ho il piacere di parlare con...?»
«Lila.»
«Un nome incantevole.» mormorò Rafael, lasciando andare la mano e poi spostando l'attenzione su Marinette: «Sei una meraviglia per gli occhi, mio piccolo fiorellino.» si complimentò, allungando una mano e posandola sulla spalla della ragazza, che indietreggiò di un passo: «Sei così bella che...»
«Che ti ritroverai un occhio nero molto presto, se non la lasci immediatamente andare.» dichiarò la voce di Adrien, facendo voltare il modello e la ragazza: «Veloce, Rafael.»
Il ragazzo sorrise, lasciando andare Marinette e superando il biondo: «Ti conviene non fare tanto il figo con me, alla fine il palco di corna te le fa un micio.» gli sussurrò, assestandogli poi una generosa manata fra le spalle.
«Che cosa ti ha detto?»
«Qualcosa su corna e gatti.» mormorò Adrien, poggiando la borsa con i libri: «Ma insomma, ti resta proprio difficile metterlo al suo posto?»
«Non ne ho avuto il tempo!»
«E' vero, Agreste.» s'intromise Lila, sorridendo: «Quello è partito in quarta. Bel tipo ma...no. Non ci siamo.» scosse il capo, facendo poi l'occhiolino: «Mentre la tua entrata: fenomenale. Giuro, ti avrei lanciato delle mutandine se...»
«Tienile dove stanno. Non le voglio. Non voglio neanche sapere cosa ne fai!»
«Cucciolo, ma non sarebbero state le mie.» mormorò Lila, ridacchiando e indicando Marinette con la testa.
«Ok. Questo gruppo sta diventando strano...» commentò Alya, non capendo minimamente qualcosa: «Ma mi piace: Lila aggiunge quel qualcosa che questi due verginelli...» spiegò ma fermandosi, non appena ebbe notato gli sguardi imbarazzati di Marinette e Adrien: «Ferma. Ferma. Ferma. Cosa mi state nascondendo voi due?»
Lila rise, scuotendo la lunga chioma e osservando i due studenti che entravano in quel momento: «Nino! Sarah!»
«Nino!» tubò Alya, correndo dal ragazzo e indicando i loro due amici con fare commosso: «I nostri bambini l'hanno fatto finalmente! Non devo più dubitare sul fatto che a Adrien non si...»
«Alya!»


Sarah sospirò profondamente, osservando il proprio riflesso e domandandosi come fosse finita in quel modo: quando era giunta in Francia l'aveva fatto per la missione e lo stesso era stato iscriversi in quella scuola; ma, adesso, dopo pochi giorni da quando era lì, si era ritrovata in un piccolo gruppo di amici chiassosi e divertenti.
«Va tutto bene, Sarah?» le domandò Mikko, facendo capolino dalla borsa e sorridendo alla portatrice del suo Miraculous.
La ragazza annuì, sistemandosi le ciocche bionde in uno chignon e bloccandolo con il pettinino dell'ape, abbozzando un sorriso: «Finora ero sempre stata solo con...» si fermò, ricordando l'unico amico che aveva, colui che aveva abbandonato in America per seguire il suo destino: «...e adesso mi ritrovo tirata dentro e...»
«Goditi la vita, Sarah.» le mormorò la kwami, facendole l'occhiolino: «Per quanto la minaccia di Coeur Noir è grande, tu devi vivere la tua vita. Non sei solo Bee, ricordalo.»
«Ok.» dichiarò la bionda, aspettando che il piccolo spirito dell'Ape s'infilasse nella tasca della felpa e uscì dal bagno; camminò per i corridoi pieni di gente e raggiunse la mensa. Appena entrata, adocchiò il tavolo ove erano riuniti i suoi nuovi amici: Lila e Adrien stavano di nuovo litigando, Marinette ridacchiava al fianco del fidanzato, mentre Nino stava controllando qualcosa sul cellulare e Alya si era alzata, agitando una mano nella sua direzione.
Un sorriso le piegò le labbra e indicò la postazione del self-service, come a dire che li avrebbe raggiunti non appena avesse fatto rifornimento: si mise in fila, prendendo uno dei vassoi di plastica e allungando il collo, cercando di vedere cosa c'era nei vari contenitori: «Il menù di oggi offre verdure lesse. E verdure lesse. Verdure lesse. Oh, quello sembra essere un cordon bleu.» commentò una voce maschile dietro di lei: si voltò, incontrando lo sguardo sorridente di un ragazzo decisamente più alto di lei: «Comunque mi sembra di aver visto anche qualcosa di simile al tabulè: io penso ripiegherò su quello. Il resto sarà sicuramente roba congelata.»
«Grazie.»
«Essere alti a qualcosa serve.» commentò il ragazzo, sfoggiando un sorriso da modello: «Mi chiamo Rafael.»
«Sarah.» mormorò lei, abbassando lo sguardo e tornando a fissare davanti a sé; la fila procedette velocemente e, finalmente, riuscì a dare un'occhiata alle cibarie esposte: «Ehm. Patate e cordon bleu.» mormorò, sperando di aver azzeccato la pronuncia esatta dei due alimenti e sospirò rincuorata, quando vide la donna dall'altra parte prepararle il piatto.
«Straniera...» sbuffò Rafael, accanto a lei: «Marie, luce dei miei occhi!» esclamò, facendo l'occhiolino all'inserviente: «Puoi dare alla mia amica un po' di tabulè? Sai, questi stranieri...»
Marie l'osservò, incrociando le braccia e scuotendo il capo: «Solo perché me lo chiedi tu, Rafael. Sia chiaro!» dichiarò, preparando un piattino con il cous-cous saltato con le verdure: «Offre la casa, tesorino.» dichiarò a Sarah, poggiando il piatto sul divisore di plexigass e accompagnandolo con un sorriso.
«Grazie.» bofonchiò la ragazza, mettendolo nel proprio vassoio e dando una fugace occhiata a Rafael: «Ehm. Io...»
«Dimmi solo se ti piace, ok?»
Sarah annuì, alzando il vassoio di plastica con il suo pranzo e marciando verso il tavolo ove gli altri erano seduti: «Conosci Mister "Sono bello e me ne vanto"?» le domandò Lila, lasciando perdere il suo contendente e osservandola posare il vassoio sul tavolo.
«Mister "Sono bello e me ne vanto?"»
«Rafael.» borbottò Adrien, indicando il ragazzo in questione, mentre questi andava a sedersi assieme ad alcune ragazze: «Stai attenta: lavoro assieme a lui e...beh, non si può dire che sia...»
«E' uno che se può s'infila.» sbottò spiccia Lila, sorridendo all'occhiataccia del biondo: «Quindi, a meno che tu non voglia uscirne a pezzi...»
«Per una volta, sono d'accordo con te.» dichiarò Adrien, tirando fuori il suo cellulare e sbuffando alla vista del messaggio: «Devo andare. Servizio fotografico oggi.»
Sarah infilzò una patata, osservando il biondo voltarsi verso la propria ragazza e chiederle qualcosa sugli appunti – il suo francese non era ancora così fluente da capire tutto al primo colpo –, Marinette annuì e il giovane si chinò, baciandola velocemente prima di andarsene: «Seriamente, siete così zuccherosi che mi fate venir voglia di avere una relazione seria.» commentò Lila, ridacchiando.
«Scusa, ma non esci con Antoine? Ti ho visto stamattina con lui...» mormorò Nino, alzando la testa dal cellulare e attirando l'attenzione delle quattro ragazze.
«Antoine? E sarebbe?»
«Quello a cui ti strusciavi stamattina.»
«Ah. Mister Ricciolo. No, non ci esco...»
«E allora perché stamattina...?»
«Perché era carino, Nino.»
«Ma...»
«Lascia stare, Nino.» s'intromise Alya, scuotendo il capo e mostrando il proprio cellulare: «Guardate qua! Ho trovato una ripresa amatoriale del mostro-pianta! Quattro eroi a Parigi, gente! Quattro!»
«Immagino che dovrai aggiornare il Ladyblog, adesso.» mormorò Marinette, scambiandosi un'occhiata con Lila e sorridendo: «Ormai non hai più solo Ladybug e Chat Noir.»
«No.» gongolò la ragazza, riprendendo il cellulare e armeggiando un altro po': «Ah. Ho trovato anche questo video, solo non capisco chi è.» dichiarò, mostrando il filmato di un'eroina solitaria su un tetto: «Se non sbaglio la tuta è gialla?»
«Già...» assentì Lila, studiando la ragazza mascherata che aveva notato il giorno prima: «Pensi sia un'altra supereroina?»
«Sarebbe fantastico! Eccezionale! Ooooh! Cinque supereroi a Parigi!» Alya si esaltò, iniziando a tormentare Nino con tutte le teorie che le frullavano per la mente, inventandole anche sul momento; Marinette abbozzò un sorriso, scuotendo il capo e ascoltando l'amica, mentre Lila si voltò verso Sarah che, stranamente, era rimasta in silenzio.
Molto strano.
Quasi tutti s'interessavano a quell'argomento, invece l'americana aveva abbassato il capo sul suo piatto e non aveva aperto bocca.


«Mi dispiace farti perdere le lezioni del pomeriggio.» spiegò Gabriel, osservando il figlio seduto di fianco a lui nell'auto: «Ma volevo fare questo set prima della settimana della moda.»
«Nessun problema.» commentò Adrien, osservando il Gorilla accostare davanti l'edificio che ospitava gli uffici della griffe di Gabriel: «Poi oggi c'era storia e non è la mia materia preferita.»
«Per quanto riguarda ciò che vuoi fare dopo?»
«Ci sto lavorando.»
«Sono felice di saperlo.» dichiarò Gabriel, scendendo dall'auto e aspettando che il figlio facesse lo stesso: «Marco ha detto che vuole fare alcune foto nello studio fotografico e poi improvvisare un set per strada.»
«Va bene.»
«Gabriel Agreste!» tubò una voce femminile, mentre Willhelmina Hart li accolse all'entrata, allargando le braccia e stirando le labbra rosse i un sorris: «Sono onorata di incontrarti.»
«Mi piacerebbe poter dire lo stesso.» sbuffò l'uomo, sistemandosi gli occhiali e osservando serio la donna che, rimanendo con la stessa espressione, incassò la risposta.
«Immagino che questo sia tuo figlio.» affermò la donna, spostando la sua attenzione su Adrien e osservandolo intensamente, sorridendo quando lo vide fare un passo indietro: «Willhelmina Hart, stilista del marchio Coeur.» si presentò, dandogli la mano come se aspettasse un baciamano: il ragazzo la osservò, allungando la propria e stringendogliela: «Immagino che sei qui per il set.»
«Proprio così.» dichiarò secco Gabriel, riprendendo a camminare e superando la donna, senza neanche salutarla.
«Arrivederci, signora Hart.» mormorò Adrien, raggiungendo il padre e fissandolo: «Ti ha fatto qualcosa?»
«A parte il fatto che non mi piacciono i suoi modi e la sua voce stridula?»
«Io aggiungerei che non mi piace come mi ha guardato: mi sono sentito una bistecca davanti a un branco di gatti affamati.» bofonchiò il biondo, rabbrividendo a come lo aveva guardato: «Seriamente, pensavo mi sarebbe saltata addosso.»
«Adrien...»
«Davvero! Mancava poco che si leccasse le labbra, sembrava pronta a buttarsi sul buffet...» si fermò, ripetendo le parole dentro di sé: «Buttarsi sul buffet...buffettarsi! L'hai capita? Buffettarsi!» Il padre si fermò, studiando serio il figlio e poi scuotendo il capo e riprendendo la marcia, ignorando il ragazzo che lo seguiva: «Dai, non era male!»


Wei sospirò, dando un'occhiata fugace al bracciale che teneva al polso destro e poi spostando lo sguardo sulla gente che affollava il vagone della metrò: erano passati due giorni, da quando Wayzz lo aveva trascinato dal Maestro Fu, scoprendo il pericolo che incombeva su Parigi e il fatto che lui era il nuovo possessore del Miraculous della Tartaruga.
E ancora doveva venire a patti con tutto.
Sinceramente, quando aveva lasciato la Cina non aveva pensato assolutamente che sarebbe diventato un supereroe.
Non gli piacevano nemmeno i supereroi.
Scosse il capo, massaggiandosi il polso e toccando involontariamente il bracciale.
Che doveva fare?
Aveva provato a ridare il gioiello al Maestro, ma quello era stato categorico: lui era il nuovo prescelto.
La voce registrata lo informò che era arrivato alla sua fermata e così si preparò a scendere: la metrò si fermò e le porte automatiche si aprirono, facendo scendere i passeggeri; Wei seguì il flusso, ancora perso nei suoi pensieri, e non si accorse del trio di ragazze, finché non andò a sbattere contro una: immediatamente la prese per le braccia, impedendole di cadere e la osservò alzare lo sguardo e sorridergli: «Grazie, splendore.»
«Mia colpa.» biascicò lui, assicurandosi che fosse salda sui suoi piedi e scuotendo il capo quando, abbassando lo sguardo, notò i trampoli con cui la tipa camminava.
«Tutte le fortune a te, eh Lila?» commentò una delle altre due, facendo ridacchiare quella che aveva soccorso.
Wei sentì le guance andarsi in fiamme, superando la giovane di nome Lila e ignorando i commenti che seguirono: sapeva benissimo di essere fin troppo grosso e fin troppo alto, non per nulla il suo ex-datore di lavoro l'aveva sempre chiamato Bestione.
Dov'è il bestione?
Ehi, bestione, vieni qua e porta queste casse dentro.

Scosse il capo, cercando di dimenticare tutto e salì velocemente le scale che portavano all'aperto: «Non prendertela, Wei.» mormorò Wayzz, apparendo da sotto la felpa aperta che indossava: «Non erano commenti cattivi, anzi direi tutt'altro.»
«Lo sa.»
«Si dice: lo so.»
«Lo so.»
«Senti, mi hai raccontato un po' la tua vita, quindi ti dico solo di ignorare quello che ti diceva il tuo datore di lavoro e di camminare a testa alta. Sei un portatore di Miraculous, adesso. Sei un eroe.»
Wei annuì con la testa, abbozzando un sorriso e carezzando la testolina del kwami con un dito: «Grazie.»


Rafael sbadigliò, ignorando l'ennesima chiamata di Chloe – quella ragazza non comprendeva il concetto di botta e via, a quanto pareva – e osservando la folla che stava attendendo il bus con lui: un capo biondo, stretto in uno chignon, attirò la sua attenzione: «Ehi!» esclamò, attirando l'attenzione della compagna e sorridendo quando lei si voltò dalla sua parte: «Sarah, giusto?» la vide annuire, mentre faceva un passo indietro: «Allora? Com'era il tabulè?» le domandò, ignorando il fatto che si fosse irrigidita.
«Era buono.» bisbigliò la ragazza, guardandosi attorno come un topolino impaurito.
Rafael sospirò, scuotendo il capo: «Tranquilla. Ho già mangiato.» buttò lì, vedendola alzare la testa e fissarlo con lo sguardo nocciola sorpreso: era carina, tutto sommato. Non il suo genere, ma aveva quel qualcosa che poteva interessare: forse le lentiggini che le costellavano le guance, oppure i grandi occhioni di cerbiatto: «Abiti lontano da qui?» s'informò, infilando le mani in tasca e dondolandosi: «Io sto vicino a Montmartre.»
«Nel XIV° arrondissement.»
«Dalla parte opposta rispetto a me.»
«Già.»
«Non faresti prima con la metrò?»
«Mh. Se posso la evito.»
«Sei americana, no? Dovresti esserci abituata...»
«Mio padre è morto in un incidente in metropolitana.»
«Ah. Scusami.»
«Nessun problema.»
Rimasero in silenzio, finché il bus di Sarah non arrivò: «Ci vediamo domani a scuola.» la salutò Rafael, sorridendole: lei annuì, salendo poi e sistemandosi in uno dei posti vicino al finestrino e rimase a osservarlo, mentre il bus partiva e lui agitava un braccio per aria; sorridendo la ragazza si voltò davanti a sé, sgranando gli occhi alla vista dei tre guerrieri neri che erano fermi in mezzo alla strada.


Rafael fissò a bocca aperta i tre guerrieri neri, mentre fermavano l'autobus e corse nel vicolo accanto alla fermata: «Che vuoi fare?» gli domandò Flaffy, uscendo dal suo nascondiglio e guardandolo stranito.
«Flaffy, trasformarmi!»
Un sorriso comparve sul volto del kwami, mentre veniva risucchiato nel ciondolo che il giovane teneva al collo.


Sarah saltò giù dal bus e si nascose dietro una macchina, osservando i tre nemici avanzare nella strada: «Sono le sue guardie.» mormorò, mentre Mikko le fluttuava accanto; la ragazza portò una mano al pettinino, che teneva fermo il suo chignon e poi si voltò verso la kwami: «Mikko! Trasformami!»


Wei si fermò, riprendendo fiato e cercando di capire in che direzione andare: era appena tornato a casa e acceso la TV, quando l'edizione straordinaria aveva interrotto la normale programmazione; era rimasto ad ascoltare le notizie della giornalista e a vedere i filmati che riprendevano due eroi mascherati – un ragazzo in blu e una ragazza in giallo – che combattevano contro dei guerrieri neri, prima di trasformarsi e correre in loro aiuto.
Si guardò nuovamente intorno, non capendo dove andare: la giornalista l'aveva detto ma...beh, aveva parlato troppo veloce e lui non aveva capito.
Un boato l'attirò e un sorriso gli piegò le labbra: bene, sapeva la direzione.


Chat spiccò un salto, atterrando su un tetto e portando mano al suo bastone, che squillava inesorabilmente: «Sto andando.» dichiarò, senza controllare chi fosse all'altro capo: due sole persone avevano quel numero e una era lì con lui; si fermò, osservando Papillon camminare tranquillamente sul tetto: ovviamente suo padre non era impeccabile anche nella sua versione trasformata, con il completo viola scuro che sembrava uscito da una delle collezioni dell'uomo.
«Dove sei, my lady?» domandò alla ragazza, che lo aveva chiamato e abbozzando un sorriso al genitore.
«Vicina. Sto arrivando con Volpina.»
«Purrfetto.»
«Chat, se arrivi prima...»
«Non farò sciocchezze, my lady. Tranquilla.»
«Non sono tranquilla! Due giorni fa ti sei buttato dentro una pianta carnivora! Come faccio a stare tranquilla?»
«Rilassati. E poi ci ho guadagnato, no?»
«L'unica cosa che guadagnerai, se riprovi a fare qualcosa di simile, è una visita dal veterinario!» sbottò la ragazza, chiudendo la comunicazione e lasciando Chat sospirante.
«Problemi?»
«Solo una lady troppo ansiosa.» mormorò l'eroe, voltandosi verso l'uomo e fissandolo: «Sei veramente sicuro di voler venire anche tu?»
«Posso dare una mano.»
«Akumatizzare non va bene, ricordatelo.»
«Il mio potere originario è creare dei Campioni: hai presente i cinque minuti di notorietà? Bene, sono tradotti in cinque minuti di eroicità.»
Chat alzò gli occhi al cielo, riprendendo la sua corsa verso il luogo in cui era iniziato l'attacco e dove Peacock e un'altra eroina stavano lottando.
L'ultima portatrice di Miraculous...
A quanto pare erano davvero tutti e sette a Parigi.

Miraculous Heroes {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora