Capitolo 2

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Il tenente Roger aveva pensato che tutta quella cosa di mostri e roba sovrannaturale fosse finita quattro anni fa, quando il misterioso Papillon era scomparso nel nulla: certo, Ladybug e Chat Noir aiutavano ancora le forze dell'ordine, ma in compiti più tranquilli come la cattura di quel criminale o la salvezza dei civili quando succedeva qualche incidente.
Insomma, erano quattro anni che Parigi non aveva niente di anomalo.
Fino a quella sera, quando dal nulla era comparso quel colosso di ghiaccio e aveva iniziato a distruggere tutto.
L'uomo si tolse il berretto, grattandosi la nuca e osservando la barricata fatta di volanti e transenne: di certo non avrebbe fermato il bestione, ma l'avrebbe rallentato fino all'arrivo dei due supereroi.
Sospirò, osservando i suoi poliziotti sparare contro l'essere di ghiaccio, senza sortire nessun effetto, mentre questo avanzava minaccioso: «Libérée, Delivrée» canticchiò una voce maschile e un'ombra nera atterrò su una delle due volanti vicino al tenente Roger, voltandosi poi verso l'uomo sorridendo: «Je ne mentirai plus jamais...»
«Chat, ti prego.» sospirò Ladybug, saltando sul tetto dell'altra volante e sorridendo al poliziotto: «Non temete, siamo arrivati.»
«Ladybug, Chat Noir.» mormorò Roger, mettendosi il berretto e fissando i due eroi speranzoso: adesso sarebbe andato tutto a posto. Quei due avrebbero fermato il colosso di ghiaccio e la città sarebbe stata al sicuro: «Vi stavamo attendendo.» dichiarò, riprendendo la sicurezza di un ufficiale.
«Lasciate che ci pensiamo noi al ghiacciolino.» dichiarò Chat, saltando giù dall'auto e mettendo mano al suo bastone, fermandosi quando notò che Ladybug non l'aveva seguito: «My lady?»
«Tenente Roger, potrebbe chiedere ai suoi di allontanarsi? Non vorrei venissero coinvolti nello scontro.»
«Certamente, Ladybug.»
L'eroina sorrise, raggiungendo il suo compagno e mettendo mano allo yo-yo: «Andiamo a scaldare la situazione, Chat?»
«Non aspettavo altro, my lady!» dichiarò il giovane, allungando il proprio bastone e saltando per aria, ruotò poi l'arma e colpì il colosso sul muso, senza sortire nessun effetto; Ladybug lanciò il proprio yo-yo verso un lampione e lo usò come leva per issarsi, liberò velocemente il filo e colpì anche lei il nemico, fallendo miseramente.
«Un tipo tutto d'un pezzo, eh?» commentò Chat, mentre atterrava insieme alla compagna: «Come minimo se lo invitano a una festa è capace di raggelare l'ambiente. L'hai capita questa? Raggelare!»
«Chat, ti prego...»
Il colosso ruggì, facendoli sobbalzare entrambi: «Ehi, era carina come battuta!» sbottò l'eroe nero, additando il nemico.
«Penso che anche a lui non sia piaciuta.»
«My lady, ciò mi ferisce.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo divertita: «Puoi provare a rallentarlo? Colpendolo magari, invece di farlo arrabbiare con i tuoi giochi di parole?»
Un sorriso mefistofelico piegò le labbra del giovane: «My lady, io non colpisco. Io cataclismo forte.» dichiarò sicuro Chat Noir, invocando poi il nome del proprio potere e correndo verso il colosso di ghiaccio: lo toccò con la mano che aveva il potere della distruzione e gli mandò in mille pezzi una delle gambe. Balzò indietro, osservando l'enorme essere crollare miseramente a terra e cercare di acciuffarlo, mentre Chat effettuava un nuovo balzo e si metteva distanza di sicurezza.
«Io cataclismo forte?» ripeté Ladybug, scuotendo il capo: non era il momento per pensare alle battute di Chat. Lanciò in aria il suo yo-yo, pronunciando ad alta voce il nome del proprio potere magico e dal nulla apparì un oggetto, che sarebbe servito alla vittoria di quello scontro: «Un punteruolo?»
«Lo scaliamo?» domandò Chat, tornando al suo fianco e osservando l'oggetto fortunato: «Seriamente, il Lucky charm mi lascia perplesso alle volte. Ok, no: quasi sempre.»
La ragazza lo ignorò, per quanto gli era possibile, e si guardò attorno, cercando qualche indizio su come usare quell'arnese: alla fine, con un particolare gioco di angoli con i lampioni e il bastone di Chat, la soluzione si creò davanti a lei: «Chat, colpiscilo.»
«Ho sempre sognato giocare a golf.» gongolò il giovane, impugnando il bastone a mo' di mazza e colpendo il punteruolo, osservandolo mentre colpiva prima il lampione alla loro sinistra e poi, di rimbalzo, quello alla destra, andando a conficcarsi nella fronte del colosso, che cercava miseramente di raggiungerli: l'incrinatura, partendo dalla fronte, si sviluppò per tutto il corpo del bestione e, con un ultimo ruggito di sconfitta, si frantumò in mille pezzi.
«Ehm. Lo abbiamo ucciso?» domandò Chat, osservando ciò che era rimasto del colosso: «Ma non era una persona come tutti gli altri?»
«A quanto pare no.» mormorò Ladybug, avvicinandosi e studiando il ghiaccio: un piccolo pezzo captò la sua attenzione, si chinò allungando la mano verso il cristallo nero che risaltava fra quelli bianchi: «Che cosa è?»
«Distruggetelo!» ordinò una voce autoritaria, facendo voltare i due eroi verso la figura di un vecchietto che li fissava attentamente: «Distruggetelo o quell'essere tornerà come nuovo entro breve.»
Ladybug fece ondeggiare il suo yo-yo e colpì il cristallo nero, osservandolo sbriciolarsi e poi, come polvere, vennire portati via dal vento; la ragazza si voltò nuovamente verso l'anziano signore che, in camicia hawaiiana e bermuda, risaltava nella notte parigina: «Ma lei...»
«Ti ricordi ancora di me?» domandò l'uomo sorridendo alla fanciulla: «Non ti ho ancora ringraziato per avermi offerto il tuo macaron...»
«Aspettate. Fermi tutti.» s'intromise Chat, fissando il vecchietto e poi la sua compagna: «Quello ha assaggiato il tuo macaron?»
«Ho paura a chiederti cosa intendi con macaron.»
Chat sbatté le palpebre, osservando Ladybug mentre la sua bocca si allargava in un sorriso che non prometteva niente di buono: «My lady, io sono un gattino innocente...»
«Innocente dove?» sbottò la ragazza, indicandolo: «Con tutta quel ben di dio in mostra con questa roba nera...» si fermò, sgranando gli occhi e portandosi le mani alla bocca, mentre sentiva le guance farsi fuoco.
«Ooooh.» mormorò Chat, sorridendo lascivo e avvicinandosi alla sua compagna: «Quindi è questo che pensa la mia coccinella pervertita?»
«Io non ho detto niente.» biascicò Ladybug, incrociando le braccia al seno e infossando il mento: «E comunque fra il completo di Chat Noir e quei maledetti jeans dell'ultimo set...»
«Stai pensando a voce alta.» cantilenò il biondo, ridacchiando quando vide le guance della ragazza diventare rosse quanto la sua maschera: «Ehi, maestro Miyagi.»
«Mi chiamo Fu.»
«Mi ricordo anch'io di lei.»


Il mostro era stato sconfitto.
Appollaiata sul tetto di uno degli edifici che si ergevano davanti Champs de Mars, Bee aveva osservato i due eroi parigini sconfiggere il mostro: aveva sentito parlare di Ladybug e Chat Noir e aveva voluto vederli in azione, capendo subito che erano come lei.
Anche loro avevano un Miraculous.
«A quanto sembra siamo arrivati tardi.» commentò una voce maschile dietro di lei, facendola sobbalzare: si librò in aria, voltandosi e studiando il giovane: una tuta blu pavone, molto simile a quella che indossava anche lei, che lo fasciava dal collo fino ai piedi e una maschera dello stesso colore; sui pettorali, risaltava poi il disegno di una coda di pavone.
Il proprietario del Miraculous blu a quanto pare
«Interessante, puoi volare.» osservandola mentre rimaneva sospesa a pochi metri da lui: quando era Bee, lei poteva librarsi in volo come un'ape, l'animale del suo Miraculous.
«E tu chi sei?» domandò studiando il nuovo arrivato, senza avere intenzione di scendere: se fosse stato un nemico si sarebbe potuta dare alla fuga velocemente; se fosse stato un amico...
Beh, si sarebbe scusata per la poca fiducia accordata.
«Puoi chiamarmi Peacock, signorina apetta.»
«Bee.» mormorò, fissandolo male: «Sei un supereroe anche tu?»
«Supereroe...» mormorò Peacock, massaggiandosi il mento e sorridendo divertito: «Beh, direi di sì.»
«Lavori con loro?»
Peacock gettò uno sguardo dietro la ragazza, osservando le figure di Ladybug e Chat Noir che si allontanavano nella notte: «Come dire? Preferisco fare in solitaria.»
Bee incrociò le braccia al seno: «Sei uno dei suoi servi?»
Un sorriso piegò le labbra di Peacock che, con fare galante, s'inchinò davanti a lei: «Questo sta a te scoprirlo, signorina apetta.»


«Camembert.» esclamò Marinette, mostrando la scatola di formaggio a Plagg che, con espressione contenta, l'afferrò fra le zampette, volando poi fino alla scrivania e accomodandosi accanto a Tikki, che già sgranocchiava i suoi biscotti: «Se sei stanco, non dovresti accompagnarmi a casa.» commentò la ragazza, girandosi verso Adrien, che si riposava sulla chaise longue rosa: la testa era appoggiata al bordo dello schienale, gli occhi chiusi e il corpo completamente abbandonato.
«Grazie per il camembert di emergenza. Domani te ne porto un po' per la riserva.» mormorò il biondo, aprendo pigramente un occhio e voltandosi a osservare il proprio kwami che, senza ritegno, aveva iniziato a mangiare il formaggio.
«Nessun problema.» dichiarò Marinette, sorridendo alla vista dei due kwami che si rifocillavano tranquilli, parlottando tra loro: «Non pensavo che l'avrei usata, comunque. Sembrava ci fosse calma, ultimamente.»
«Già...» sospirò Adrien, tirando su la testa e sorridendole: «Vieni qui.»
La ragazza si avvicinò, sedendosi sul bordo della poltrona: «Vuoi parlare di quello strano cristallo che il Maestro Fu ci ha fatto distruggere? Ma tu lo sapevi che era da lui che facevano le loro riunioni i kwami? Tikki non mi ha mai detto dove...»
Adrien sorrise, afferrando per un polso Marinette e tirandola addosso a sé: «Di questo possiamo parlare domani.» dichiarò, aiutandola a sistemarsi meglio sopra di lui e abbracciandola, notando come le guance le divennero subito di un delizioso rosa: «Volevo parlare dei tuoi pensieri sconci...»
Marinette arrossì. Tanto.
Alzò la testa, osservandolo con gli occhi celesti sgranati, mentre iniziò a muovere le labbra a vuoto: «Ca...ah...eh...uh...bl...ml...» il balbettio sconclusionato che seguì il momento di silenzio, fece sorridere maggiormente Adrien, ricordandogli la ragazzina imbranata che non riusciva ad articolare una frase davanti a lui.
All'epoca aveva pensato che lo facesse perché ancora arrabbiata con lui per la storia del chewingum, poi aveva scoperto che c'era un altro motivo – nettamente più interessante – per quel piccolo problema.
«Qu-quando mai l'ho detto?» riuscì a dire Marinette alla fine, buttando giù la saliva e osservando il ragazzo, mentre le guance erano passate alla tonalità più accesa di rosso.
«Mmh. Quando?» si domandò Adrien, accarezzandole il braccio e sorridendo al volto imbarazzato: «Quando mi hai detto che la tuta di Chat Noir ti eccita? E hai tirato fuori anche dei jeans di un set fotografico, se non sbaglio.»
«Io non ho detto questo!»
«Ah no?»
«I-io...»
Adrien sorrise, stringendo più forte a sé la ragazza e spostandogli i capelli con la mano destra, in modo che il collo fosse libero: «Io faccio sempre pensieri sconci su di te.» bisbigliò, iniziando a lambirle il collo: Marinette si morse il labbro inferiore, mentre poggiava le mani sulle spalle del ragazzo, inspirando profondamente; si accomodò meglio in grembo a lui, piegando la testa di lato e assaporando i baci che, lentamente, salivano verso l'alto, giungendo fino a un punto delicato sotto all'orecchio: «Sempre.» continuò Adrien, prendendo poi il lobo fra i denti e mordicchiandolo leggermente: «Soprattutto, quando sei sopra di me con solo questo addosso.»
«So-so-sono solo una canotta e un paio di pantaloncini...» mormorò Marinette, inarcandosi, quando sentì le dita fredde di lui risalire lungo la schiena; tenne gli occhi chiusi, stringendosi al giovane e lasciando che continuasse a leccarla e toccarla.
«Sei talmente deliziosa...» sussurrò il biondo, carezzandole la guancia e portando nuovamente indietro una ciocca di capelli mori, mentre l'altra mano scendeva lungo la coscia in una lenta carezza: «Che vorrei mangiarti.»
Marinette aprì le palpebre e fissò gli occhi verdi che la guardavano tranquilli e sicuri, mentre una strana tensione s'impadroniva del suo corpo: «Fal...»
Plagg ruttò sonoramente, facendola sussultare e riportandola alla realtà: rossa in volto scese da sopra di Adrien e chiuse la felpa, nascondendo parte del suo pigiama, come se fosse quello il problema.
«Plagg, l'educazione...» sbuffò Adrien, alzando gli occhi verso l'alto e issando su anche lui: «Te l'ho detto mille volte: anche se il camembert è buono, non si rutta.»
«Diciamo che quello era un richiamare l'attenzione su noi due.» sbottò il kwami nero, indicando sé stesso e la sua compagna: «Sembrava che qualcuno si fosse dimenticato di noi.»
«Come se fosse possibile dimenticarsi di te...» sbuffò il ragazzo, allungando la mano con l'anello verso il suo amico: «Plagg, trasformarmi.» ordinò e un lampo di luce verde-gialla lo avvolse, trasformandolo nuovamente in Chat Noir.
Con addosso gli abiti dell'eroe parigino, si voltò verso la ragazza e le fece l'occhiolino: «Ci vediamo domattina, my lady?»
«Eh...ah...s-sì.»
«E stanotte vedi di dormire. Non mi sembra di averti dato materiale per rimanere sveglia.»
Marinette si sedette sulla poltrona, alzando lentamente la testa e osservando il ragazzo vestito di pelle nera: «Veramente mi hai dato materiale per rimanere sveglia almeno due mesi.» biascicò, stringendo le mani in grembo.
Chat si chinò davanti a lei, e prendendole le mani fra le sue, se le portò alle labbra: «Marinette?» mormorò, osservando gli occhi celesti fissarsi nei suoi: «Prima stavi per dirmi di sì?»
La ragazza arrossì, abbassando lo sguardo e annuendo con la testa.
«E' già qualcosa.» mormorò il giovane, baciandole nuovamente le mani e poi issandosi in piedi: «Significa che mi sto avvicinando alla meta.»
«E pensare che stavi andando così bene...» sospirò Marinette, alzandosi anche lei e scuotendo il capo: «Scusami, penso sia difficile avere a che fare con un'imbranata come me.»
«Io veramente adoro il tuo essere imbranata: sei così tenera che mi fa solo venir voglia di proteggerti e tenerti al sicuro.» spiegò Chat, incrociando le braccia: «Mentre quando sei Ladybug sei talmente sicura di te, che il mio unico pensiero è "voglio essere schiavo di questa donna".» si fermò, annuendo con la testa: «Devo avere qualche problema, mi sa.»
«E te ne accorgi solo ora?»
«Ti ricordo che hai preso il pacco completo.»
«L'offerta diceva solo Adrien, Chat Noir è stato aggiunto dopo.»
«Oh no, principessina.» le intimò Chat, premendole un dito guantato sul naso: «Anche se eri innamorata persa per Adrien – e sono certo che qualche pensierino l'avevi fatto anche su Chat –, quando ci siamo messi insieme già sapevi chi ero, quindi hai preso il pacco completo.»
«Che affarone!»
«A-ha! Divertente.» dichiarò il ragazzo, facendole l'occhiolino: «Adesso vado, altrimenti domattina non avrò forze sufficienti per...»
«Adrien!»
«...per tenere lontani tutti i tuoi ammiratori. Non so se hai notato che attiri uomini come se tu fossi erba gatta e quelli un branco di gatti drogati!»
«Non è vero!»
«Oh sì, fin dal collége ci sono stati Nathanael e Nino; fortunatamente Nino è stato tolto dai piedi perché qualcuno lo ha rinchiuso in una gabbia con Alya.»
«Devo ricordati che qualcuno, qui presente, aveva spinto Nino a provarci...»
«Errori di gioventù. Poi c'è Theo, che prima era innamorato di Ladybug ma ho visto come ti ha guardato l'ultima volta che l'abbiamo incontrato.» Marinette alzò gli occhi al cielo, iniziando a spintonare il ragazzo verso le scale: «E l'ultimo è Rafael. L'ho visto lo sguardo che ti ha rivolto e non mi è piaciuto per niente. Per niente.»
«Per niente?»
«Già, perché era lo stesso mio di quando t'immagino senza nulla addosso!»
«Adrien!»
«O forse solo con quegli slip di pizzo rosso...»
«Tu...quando...come...Come fai a saperlo?»
«Alya mi ha mandato un foto, quando siete andate a fare shopping, cara la mia coccinella pervertita.»
«Voglio morire.»
«Comunque è meglio dormire e essere in forze per proteggerti da questi cattivi, my lady.» dichiarò Chat, voltandosi e chinandosi per baciarla sulla labbra: «Devo salvare te, salvare Parigi. Un mucchio di salvataggi.»
«Dura la vita per il supereroe.»
Chat balzò sulla scaletta, arrivando agilmente alla botola e balzando fuori nella notte: «Non ne hai idea, my lady.» dichiarò, facendole l'occhiolino e chiudendosi dietro lo sportello.

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