3.

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Quando finii di sistemare i miei vestiti nel piccolo armadio sulla parete, mi sedetti sul letto e aspettai.
Quel posto non aveva niente a che fare con i manicomi che si vedevano nei vecchi film.
La mia stanza era molto più grande e confortevole di quella in riformatorio.
Speravo solamente che il resto del personale non fosse come quell'infermiera, Casey.
Presi dal borsone anche il mio libro e lo misi sul cassetto affianco al letto.
Tom aveva detto che avrei potuto avere tutti i libri che volevo. Uscii dalla stanza e raggiunsi l'ufficio della responsabile. In quel momento Tom e i poliziotti uscirono.
-Tom...-
-Verrò a trovarti presto. Vedrai,  le cose si sistemeranno. Non starai qui a lungo.-
Annuii solamente, anche se non la pensavo come lui.
Mi strinse in un abbraccio e mi passó una mano sui capelli,spettinandoli.
-Chiamami quando vuoi.-
Lo salutai con la mano mentre si allontanava verso l'ascensore.

Feci un respiro profondo e tornai nella mia stanza, accompagnata dal capo reparto Dana

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Feci un respiro profondo e tornai nella mia stanza, accompagnata dal capo reparto Dana.
-Casey ti avrà già spiegato tutto. Per qualsiasi problema Kira,non esitare a chiedere. Siamo qui per questo. Domani ti assegneremo il tuo psichiatra e ti diremo tutto quello che dovrai fare. La cena é alle sette. Se vuoi intanto puoi andare in sala svago e conoscere gli altri.-
-Mmh...No, in realtà devo sistemare altre cose. Magari dopo.-
Non avevo la minima intenzione di mischiarmi con quei schizofrenici. Non ero ancora così matta.
Dana mi lasció sola e ne aprofittai per continuare la lettura, ma non lessi veramente. Avevo troppi pensieri per la testa per seguire le parole del libro.
Il pensiero dominante era Jesse.
Lo odiavo,odiavo me stessa per aver creduto in lui, per essermi affezionata così tanto.
Dovevo provare a dimenticarlo, dovevo farlo, ed anche se sembrava impossibile, sapevo di avere buone probabilità rimanendo chiusa li dentro.
Passai le ore leggendo distrattamente e guardando la vita vera fuori dalla finestra. Cosa avrei fatto per essere li fuori,  per essere come tutti gli altri.
Alle sette raggiunsi la piccola mensa.
Fortunatamente il reparto non era grandissimo e trovai facilmente la stanza.
Era aperta, e all'interno c'erano già alcuni pazienti.
Saremmo stati una ventina o poco più. Casey aveva detto che lì mangiavano quelli meno malati,  e sapere che ne facevo parte anche io era confortante.
Presi il vassoio rosso e mi avvicinai al bancone dove una cuoca simile a quella della nostra scuola stava riempiendo i piatti dei pochi presenti.
-Con sugo o senza?- Chiese lei con voce annoiata.
Non sapevo a cosa si riferisse ma per sicurezza presi senza sugo.
Mi porse un piatto di plastica scoprendo così che si trattava di pasta in bianco.
Fece per porgermi anche il secondo, ma Scossi la testa quando vidi qualcosa di poco identificabile.
Presi il budino al cioccolato e l'acqua e andai a sedermi su uno dei tavoli vuoti.
Alcuni pazienti dovevano aver già mangiato, perché io ero quasi l'ultima rimasta.
Nonostante ci fosse poca gente, sentii chiaramente i loro occhi curiosi puntati sulla mia testa. Non alzai mai lo sguardo, sapendo che avrei incontrato il loro.
La pasta era cruda ma tutto sommato mangiabile. Divorai tutto velocemente, a mezzogiorno non avevo mangiato e stavo morendo di fame.
Probabilmente la voce dell'assassina di Westerfield erano arrivate anche a loro, nonostante non guardassero notiziari e non sapessero nulla della vita al di fuori del ospedale.
I pochi presenti finirono la loro cena e uscirono dalla stanza, lasciandomi sola.
Iniziavo a capire cosa mi sarebbe aspettato. Ero dentro una prigione, non avevo idea di cosa stava accadendo al di fuori di queste quattro mura e non sapevo che cosa mi avrebbero fatto.
Feci un respiro profondo e portai il vassoio vuoto al suo posto e uscire dalla mensa, mentre una donna delle pulizie entrava.
Per tornare nella mia camera dovetti passare per quella che l'infermiera Casey chiamava "stanza svago" diedi una veloce occhiata attirata dalle voci al suo interno.
La maggior parte dei pazienti era seduta sui divani e sulle sedie a chiacchierare e a guardare il cartone   Animato che stavano trasmettendo.
Le luci erano abbassate e a guardarli così,  totalmente concentrati sulla televisione, non sembravano pazzi.
Un ragazzo seduto su una sedia lontano dagli altri, dietro la televisione, appoggiato alla grande vetrata della stanza, si voltò di scatto incrociando il mio sguardo.
Sembrava già sapere che avrebbe incontrato il mio.
Se ne stava in disparte, a guardare con nostalgia il paesaggio .
Non mi piaceva il modo in cui mi guardava, così intensamente come solo un'altra persona sapeva fare.
I suoi occhi, la sua espressione,  mi ricordavano  dolorosamente quelli del ragazzo che mi aveva fatto innamorare.
Mi spostai dalla porta per raggiungere la mia camera.
Non volevo stare vicino a loro. Avevo il timore e la sensazione che sarei impazzita molto più velocemente. Me ne sarei stata sempre per conto mio, perché io ero l'unica di cui potermi fidare. Non avrei rischiato la mia salute mentale facendomi contagiare. Non dovevo impazzire. Se volevo uscire da qui, dovevo rimanere vigile e razionale.
Mi misi il mio pigiama e mi misi sotto le coperte nonostante non avessi sono.
Avevo già finito il mio libro e mi chiesi come avrei passato la giornata seguente e tutte le altre senza annoiarmi.
Sarei impazzita di noia.
No, no, dovevo ragione, far funzionare le rotelle del mio cervello al contrario di tutti quelli qui dentro. Io non ero come loro, e lo stato lo avrebbe capito. Avrei fatto in modo che lo capissero.
Avrei fatto di tutto per uscire da li.
Prima di addormentarmi, ripensai al modo in cui quel ragazzo mi aveva guardato e alle sensazioni che avevo provato. Non sapevo descriverle, ma sembrava che capisse perfettamente cosa stessi provando. Era come se anche lui fosse lì per qualcosa che non avesse fatto, per una malattia che non aveva. I miei pensieri tornarono con una velocità traditrice a Jesse. Ricordavo perfettamente quello che avevo provato quando mi aveva guardata la prima volta, e sorrisi sotto le coperte.

 Ricordavo perfettamente quello che avevo provato quando mi aveva guardata la prima volta, e sorrisi sotto le coperte

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Come se fossi l'unica cosa bella in quel mondo.

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