Quella mattina dopo la terapia con Donovan, tornai nella mia stanza con le mie lettere strette al petto.
Gliele avevo portate il giorno prima, ma non avevamo parlato molto del contenuto. Gli avevo raccontato delle vacanze a Santo Domingo e a San Juan quando ero piccola. Ricordi lontani e quasi del tutto svaniti.Quando entrai nella mia camera e Posai le lettere sul letto, Casey entrò con la solita espressione arrogante e annoiata.
-Buongiorno. -
Non ricevetti risposta e mi porse il solito bicchierino con dentro la pastiglia verde scuro.
Quella mattina non l'avevano portata, e pensavo che volesse significare la mia guarigione.
Casey aspettó che mandassi giù e poi venne a controllarmi.
Odiavo quella parte. Non ero una bambina, e mi sentivo a disagio ogni volta che un'infermiere mi guardava in bocca. Avevo visto qualche giorno prima i controlli che facevano agli altri, i pazienti più pazzi, quelli che non uscivano dalla loro camera, invisibili, che sai che ci sono ma non puoi vedere. Due infermieri lo tenevano fermo e un terzo gli spingeva in gola una pastiglia mentre il poveretto urlava e piangeva. Ogni mattina le sue urla disperate mi facevano da sveglia.
-Che hai fatto ai capelli? -
Feci spallucce e Casey sospiró, decidendo di non indagare oltre.
Uscí dalla camera ed io presi dal comodino carta e penna.Caro Jesse,
Ho paura che diventeró pazza comunque , mi stanno dando delle medicine e non vogliono dirmi a che servono. Secondo me però, hanno l'effetto opposto. Due giorni fa ho avuto degli strani pensieri, Jesse. Pensieri che non avrei mai fatto, pensieri da matta. Probabilmente per colpa di quelle pillole verdi. Me le ha prescritte il mio psichiatra però, per cui non dovrei allarmarmi.
Ma lo faccio comunque. Dubito di chiunque.
Mi sento così sola. Perché Jesse? Perché non hai mantenuto la nostra promessa? Perchè mi hai fatto credere di essere importante, perché mi hai fatto innamorare di te?Finii la lettera senza la solita firma. Quel giorno, come la maggior parte dei giorni, ero di cattivo umore.
Ogni ora diventava sempre più dura d'affrontare, sempre più pesante. Pensare al suicido non era poi così tanto strano, stando chiusa qui dentro.
Avevo bisogno di prendere un pó d'aria, in quei giorni avevo sempre rifiutato di uscire in giardino perché sapevo che c'erano gli altri e faceva troppo freddo.
Uscii dalla camera alla ricerca di qualcosa da fare, notando che il corridoio era isolato. Lana, la responsabile dell'ufficio informazioni non c'era, e affianco alla sua porta e vetrata trasparente vidi una porta di sicurezza.
Sopra c'era una targhetta con scritto "tetto".
Avevo come la sensazione che i pazienti non potessero accedervi. Mi guardai intorno un paio di volte e poi aprii la porta senza pensarci due volte.
C'era una grande scalinata, sembrava non avere fine e inizio.
Probabilmente conduceva fino al primo piano, quindi fuori dall'ospedale, fuori dalla gabbia di matti. Per un attimo fui tentata di provarci, di uscire da lì ora che ne avevo le possibilità.
Scacciai quella pericolosa idea e salii velocemente, cercando di non pensare alle conseguenze se mi avessero scoperto.
Le scale continuavano per poco, e mi ritrovai davanti una stretta porta di ferro leggermente arrugginito .
Provai ad abbassare la maniglia immaginando che fosse chiusa, ma mi sbagliai.
L'aria gelida colpii subito il mio viso.
Il sole era accecante, i brividi di freddo si impossessarono del mio corpo.
Feci un passo fuori chiudendo la porta alle mie spalle.
Il tetto dell'ospedale era enorme, il pavimento di catrame.
Mi strinsi nelle spalle e avanzai fino al cornicione, dove mi sedetti sulla muretta di cemento.
Da quell'altezza vedevo tutta New York. Il panorama era stupendo, e doveva esserlo ancora di più di notte.
Il vento mi passava fra le ciocche di capelli mal tagliati, e mi costringeva a strizzare gli occhi.
Respirare un po' d'aria, anche se non proprio pulita, dopo molto tempo era fantastico. Provavo un senso di libertà, anche se ero molto lontana da esserlo.
-Attenta a non cadere.-
Sussultai spaventata e mi voltai verso
Il ragazzo che aveva parlato.Era il paziente che avevo visto nella stanza svago pochi giorni prima.
Era magro e di altezza media, i jeans attillati neri lo facevano sembrare ancora più sottopeso. Indossava una maglia bianca e una giacca di pelle nera. Ai piedi aveva un paio di anfibi.
Dalla maglia sbucava un tatuaggio che continuava fino al collo e probabilmente in tutto il petto.
I capelli scuri erano folti e avevano urgentemente bisogno di un taglio.
Si avvicinò piano, la camminata sicura e le mani nelle tasche Della giacca.Mi scrutó a lungo con i suoi occhi castani. Poi osservó il paesaggio a lungo, ignorandomi per diversi secondi.
-Lo sapevi che cadendo da quest'altezza non moriresti nell'impatto ma molto prima? Il tuo cuore si fermerebbe all'incirca a metà palazzo, e al momento dello schianto saresti già bello che andato.- Disse guardando il cielo azzurro.
"Grazie per l'informazione, ma non sono interessata."
Spostò lo sguardo su di me, ed io lo distolsi subito.
-Sono Wesley. -
Feci l'enorme sforzo di guardarlo negli occhi. Non mi piaceva guardare le persone negli occhi.
-Kira .-
-Si, lo so.-
-Ah si?-
Annuí. -Lo sanno tutti, in realtà. Non si parla d'altro.-
Lo guardai confusa e lui fece un mezzo sorriso.
-Sei sulla bocca di tutti. Il gossip del momento.-
-Ah, buon a sapersi...-
-Alcuni dicono che sei una leggenda, che non esiste nessuna Kira Maxwell; sai, non ti si vede molto in giro...-
-E invece sono qui.-
-Sì, ovvio che si. Quelli sono pazzi, non fanno altro che parlottare inutilmente dalla mattina alla sera.- Disse facendo un cenno con la mano.
-E che cosa dicono di me?-
Sì appoggió con i gomito al muretto e mi guardò.
-Che sei una serial killer. Che hai ucciso tua sorella a mazzate e poi sei tornata a casa come se nulla fosse. In realtà, sono tante le storie che raccontano.-
-Beh, non sono vere.- risposi brusca.
-Ok. Io comunque non credo a quello che dicono loro, insomma, chi crederebbe a un matto?-
Per qualche istante rimanemmo in silenzio a guardare la città piena di vita, desiderando di poter essere lì in mezzo.
-Sono felice di averti conosciuto Kira, e ora posso dire che no, non sei una leggenda. -
Si allontanò verso l'uscita senza dire altro, e rimasi a guardarlo stupita finché non scomparve dalla mia vista.
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MADHOUSE - La terapia
Misterio / Suspenso■Secondo libro della serie "THE HOUSE SAGA"■ In pochi attimi la vita di Kira ha subito un tragico avvenimento. Sono bastati pochi secondi e poche parole per lasciare la giovane ragazza confusa e interdetta. La verità di Kira é diversa da quella di...