16.

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I giorni passavano lentamente in quel ambiente ormai familiare.
Mi stavo abituando velocemente a quello che sarebbe stata la mia casa.
Mancavano pochi giorni al processo di mio padre, e non ero veramente pronta.
Quel giorno, dopo aver rigurgitato per l'ennesima volta la mia medicina, entrai nella stanza svago.
Wesley mi aspettava seduto su una delle sedie della sala.
-Tieni. Quelle alla creme erano finite.-
Ogni giorno, da quando la mattina avevo iniziato a vomitare la colazione e il risperidone, Wesley rubava dalla cucina una brioche per evitare svenimenti e saziare la fame.
Presi l'involucro marrone e divorai il dolce, tenendo sotto controllo gli infermieri che passavano per il corridoio.
-Sei pallida. Forse dovresti smetterla di vomitare. -
Feci un cenno con la mano, leccandoo della marmellata che era caduta sulla mano.
-Sto bene, sono solo in ansia per il processo. -
-É comprensibile. Ma sono mesi che il tuo esofago chiede pietà. Non vorrai diventare come Stacey.-
Lanciai un'occhiata alla ragazza seduta sul divano, concentrata su un libro dalla copertina spessa.
-Stacey non può più vomitare. Ha rischiato più volte di rimanerci secca. E prima o poi ti scopriranno. Cielo, sono dei medici. É ovvio che se ne accorgino. Scoprono tutti. E allora , quando vedono i tuoi denti gialli e il reflusso gastrico, ti iniettano il risperidone direttamente sul braccio e li non c'è niente che tu possa fare.-
Deglutii. Non mi piaceva fare quella cosa ogni mattina, era uno sforzo enorme e mi sentivo male per tutta la giornata.
-Va bene. Che cosa dovrei fare allora? -
-Ti insegneró i miei trucchi illusionistici. Non dirlo a nessuno però. -

-Non dirlo a nessuno, Kira. Sarà un nostro segreto, va bene?-
Annuii insicura, distogliendo lo sguardo.
-Dai, vatti a lavare adesso, che poi vengo a rimboccarti le coperte. Che ne dici di una cioccolata calda e panna?-
Annuii.
Non volevo che mi rimboccasse le coperte.
Entrai in bagno, ancora confusa e scombussolata per l'accaduto.
Mi bruciavano gli occhi, ma non volevo piangere.
Papà aveva detto che non c'era niente di sbagliato, che ero la sua pulce preferita, che mi voleva bene e quello era solo un modo di dimostramelo.
Un modo doloroso, avevo pensato.
Mi tolsi il vestito azzurro guardando il mio riflesso allo specchio.
Lo avevo messo all'incontrario.
Accesi l'acqua della doccia e aspettai che si scaldasse.
Mi tolsi anche l'ultimo indumento, gettandolo immediatamente nella cesta dei vestiti sporchi. Feci per entrare in doccia, ma mi bloccai.
E se la mamma, selezionando i bianchi dai colorati avesse visto quella macchia?
Le ripescai dal cesto. Non era sbagliato, aveva detto.
Ma non potevo parlarne, non potevo lasciare che la mamma vedesse quella che poteva essere dichiarata una prova del fatto accaduto.
Ma che cosa era accaduto?
Presi il detersivo e iniziai a lavare freneticamente le mutande di cotone.
Avevo troppe domande, troppi dubbi.
Clary, che veniva in classe mia, era la bambina più bella della scuola. Era più alta e più alla moda delle altre. I genitori non le facevano mancare nulla, come a me , d'altronde.
Viaggiava sempre, in posti a me sconosciuti, e raccontava a tutta la classe cosa aveva visto.
Aveva sempre il fidanzato, anche più di uno.
Clary in una giornata di autunno aveva raccontato alla classe come nascevano i bambini, sconvolgendoci tutti.
Ed ora, mi domandavo se ne aspettassi uno.

A pranzo servirono maccheroni al formaggio e hamburger di pollo.
La cucina dell'ospedale non era male come avevo immaginato.
-Li finisci i maccheroni ?-
Passai il mio piatto di plastica a Ethan/Robert.
Robert era il ragazzo di Miley.
Era un diciassette svogliato, sempre affamato e con la mania dei videogiochi. Sosteneva di non stare con Miley, ma non voleva farla soffrire. Aveva paura che potesse sentire i suoi pensieri, e allora sarebbe caduta nella disperazione e non era quello che voleva.
Mi aveva raccontato di più sulla faccenda delle doppie personalità.
A loro non piaceva quella parola, "personalità" ma preferivano "persone".
Ognuno aveva pensieri e opinioni diverse.

Darcy era mancino e Lucas disegnava divinamente, al contrario di tutti gli altri. Oleg era di origini ucraine e parlava il russo fluentemente.
Mi aveva detto le persone che uscivano più spesso erano Darcy, Oleg e Karol.
Le altre persone "dormivano", ma alcune volte riuscivano ad uscire contemporaneamente più di una personalità.
Eravamo gli ultimi rimasti all'interno della stanza , gli altri pazienti stavano uscendo velocemente dalla mensa.
Un infermiere si avvicinò al nostro tavolo.
Pensai che volesse solamente dirci di muoverci, visto che le due donne delle pulizie erano già a lavoro.
-Kira Maxwell, hai visite.-
Alzai gli occhi verso l'uomo in camice bianco.
-Cosa?-
Lui annuii annoiato e mi incitó a seguirlo fuori.
Rivolsi lo sguardo a Wesley, sorpreso quanto me.
Diedi un'occhiata al calendario vicino all'orologio.
Non era giovedì, e Tom non sarebbe mai venuto a quell'ora.
Uscimmo tutti insieme, e dopo aver salutato Wes e gli altri, seguii l'infermiere lungo il corridoio.
Camminavo piano, timorosa di quello che avrei visto.
L'infermiere si fermò davanti alla porta della mia camera.
Mi lanciò un'occhiata d'avvertimento e se ne andò.
La porta della mia stanza non era aperta del tutto, e per quella ragione non potevo sapere cosa si celasse all'interno.
Entrai piano, torturandomi le mani sudate.
Quando vidi il mio visitatore, i rumori intorno a me si spensero e i miei occhi si spalancarono.

Se vi fa piacere scoprire qualcosa di più su di me e sulla storia (DOLLHOUSE) potete trovare l'intervista sul profilo di Interviste2017

Alla prossima,
Ali XOXOXO 💞

MADHOUSE - La terapiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora