Recitare insieme a Stacey era impossibile. Non ricordava mai le battute e sembrava che non le importasse nulla, e probabilmente era così.
Solamente io e Wesley, il bianconiglio, ci impegnavamo per la riuscita della recita.
Il mio secondo natale al St. Gregory NY si avvicinava.
Era già passato un'anno.
In un anno avevo creato legami e rancori, avevo conosciuto persone veramente importanti e altre un po meno, ma tra me e l'ospedale c'era un legame unico.
Non avevo parlato a nessuno di quello che mi aveva detto Karen.
Era pericolosa e cercavo solamente di starle il più lontano possibile
Finite le prove tornai nella mia camera.
Nevicava ormai da due giorni, la neve si era posata sul terreno e sulle panchine del cortile, rendendo impossibile andarci.
Nonostante fossi abituata a tutto quello, non mi sentivo a casa.
Volevo ancora uscire da lì, riacquistare la mia libertà.
Mi appoggiai all'enorme finestra della mia stanza, ed osservai i grandi fiocchi di nebbia così leggeri,così liberi, cadere velocemente e sciogliersi al suolo.
Due braccia forti mi circondandorono la vita, facendomi Sussultare.
Jesse mi strinse a se, appoggiando il mento sulla mia spalla.
-Ti ho portato una cosa. -
Passai un dito sul vetro, sul riflesso delle nostre figure.
-Quando ero al penitenziario aveva attaccato alla tastiera del letto gli adesivi che avevamo preso assieme quest'estate al mercatino delle pulci. Li ho lasciati la, perché ero sicura che non ti avrei mai piurivisto. Pensavo di averti perso. -
Mi voltai verso di lui, incontrando lo sguardo di cui mi ero innamorata di Jesse.
Lui mi attirò a se facendo sfiorare i nostri nasi, e gli circondai il collo con le mie braccia.
-Ora sono qui. Non mi hai perso. - Sussurró sulle mie labbra prima prima di baciarmi.
La mia casa era dove c'era lui.
Quando ci staccamo, Jesse prese qualcosa dal suo zaino nero.
Ritornó da me e mi infilò in testa un berretto rosa con un pon pon sulla punta.
Lo guardai confusa e lui mi sorrise, porgendomi una sciarpa e un paio di guanti dello stesso colore.
-Andiamo fuori. Non c'è nessuno, so che muori dalla voglia di fare un pupazzo di neve.-
Annuii, incapace di dire altro per lo stupore.
Lo amavo così tanto.
-Non so se possiamo...-
-Ho già chiesto ai responsabili. Non hanno obiettato. Ovviamente saremo controllati, ma quando non lo siamo?-
Jesse mi prese la mano e scendemmo al piano inferiore insieme a Joy, l'infermiera.
Joy mi fece l'occhiolino mentre ci accompagnava al primo piano. Tutti ormai sapevano della nostra storia, e Joy era una delle poche che approvava.
Per quel motivo una volta usciti in cortile se ne andò, lasciando che a controllarci fossero le telecamere.
Faceva freddo e il cappotto che indossavo non mi riscaldava abbastanza.
Il sole stava tramontando dietro i grandi grattacieli.
La neve scendeva sempre più fitta, posandosi sugli alberi e creando un quadro stupendo.
Intorno a noi era tutto bianco, e mentre ero concentrata a guardare il paesaggio intorno a me, Jesse mi colpí alle spalle con una palla di neve.
-Ehi!-
Mi voltai e raccolsi da terra una grande quantità di neve.
Gliela tirai, colpendolo solo di striscio.
Lui mi colpí a sua volta, e iniziammo così una vera e propria guerra.
La neve mi entrava fin sotto i vestiti, ma non mi importava, perché quello era uno di quei momenti che non avrei dimenticato mai.
Giocare così, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se non fossi rinchiusa all'interno di un'ospedale psichiatrico.
Jesse mi colpí con la neve da vicino, ed io incimpai su una radice di un'albero, cadendo a terra insieme a lui.
Ridemmo spensierati, ignorando il freddo che si inoltrava fin sotto la pelle.
Jesse si appoggiò sulle braccia per non pesarmi e mi guardò negli occhi in quel modo unico e sconcertante.
Gli passai una mano fra i capelli e gli scostai il ciuffo che gli copriva gli occhi.
-Jesse...-
-Kira?-
Deglutii, insicura di quello che stavo per dirgli.
-Io voglio uscire da qui.-Lui mi guardò senza lasciar trasparire nulla.
Probabilmente pensava che stessi scherzando o semplicemente che non avessi preso le Medicine quella mattina.
-Allora uscirai. Ti farò uscire da qui.-Jesse pov
Erano già le nove e mezza quando attraversai le strade innevate di New York.
Mi ero fermato all'ospedale più del solito, ed ora il freddo si sentiva sempre di più.
Dormivo in una stanza poco distante e perciò avevo deciso di andare a piedi.
Il proprietario del motel non c'era quasi mai, ed io non avevo abbastanza soldi per pagarmi una stanza. Molte di quelle camere erano vuote, ed io ero riuscito ad ottenere una copia della chiave universale grazie al mio contatto.
Uscivo e entravo di soppiatto, senza che nessuno se ne accorgesse.
Sapevo che non avrei potuto continuare a dormire la, che prima o poi mi avrebbe scoperto, ma ora più che mai avevo bisogno di soldi.
Entrai nella mia stanza dopo aver controllato che non ci fosse nessuno.
Faceva freddo anche li dentro. Il riscaldamento lo accendeva solo per le camere utilizzate e teoricamente la mia non lo era.
Mi buttai sul letto matrimoniale ancora sfatto, con il fisico talmente stanco e la mente iperattiva.
Non era la prima volta che Kira diceva di non trovarsi bene all'interno dell'ospedale ,ma quel giorno, quando lo aveva detto, sembrava incredibilmente seria.
Non so perché le dissi che l'avrei aiutata a uscire da lì. Kira aveva bisogno d'aiuto e sapevo che quell'istituto mentale gliela avrebbe dato, ma allo stesso tempo non potevo sopportare l'idea di averla così lontano.
Non sarei rimasto a New York per sempre, e solo l'idea che non sarebbe uscita per il prossimi vent'anni mi faceva stare male.
Io avevo bisogno di lei al mio fianco, e avrei fatto di tutto per far si che succedese.
Afferrai il telefono e composi io numero del mio socio.
-Jesse? Pensavo fossi morto. Sei ancora nella grande mela. Quando cazzo ritorni da queste parti?-
-Clay, ho bisogno di una cosa. -
-Che succede, gli affari di là vanno male?-
-No,gli affari non c'entrano. Ho bisogno di un paio di documenti. Ma documenti buoni Clay, senza rischi del cazzo. Tutti i documenti. -
-Che succede amico?-
-Non posso parlartene ora. Allora, riesci a procurarmeli?-
-Si,certo. Ma non parliamone al telefono. Devo parlare con G prima. -
-Sì, ok. Ti darò tutti i dati poi.-
-D'accordo. Ma non chiamare qua. Ti farò uno squillo e tu mi chiamerai da una cabina telefonica. -
Clay aveva sempre il timore che qualcuno gli controllasse il telefono come nei film d'azione che guardava.
-Ok. Quanto mi verrà a costare?-
-Ah, capo...Non lo so. Sicuramente di più di quello che puoi permetterti. Ma non parliamone qua t'ho detto. -
-Sì,sì.-
-Non fare stronzate, testa di cazzo. -
-Ciao Clay. -
Riattaccai e lanciai il telefono da qualche parte sul letto.
Avevo così tante cose a cui pensare...Dovevo cercare di riordinare le idee, o di pensare a qualcos'altro.
Volevo dormire, cosa che non facevo ormai da due giorni.
Aprii il comodino e presi l'ultima pillola di Xanax
,sperando di riuscire a dormire almeno qualche ora.
Guardai la confezione di pillole, e mi venne un'idea.
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MADHOUSE - La terapia
Mystery / Thriller■Secondo libro della serie "THE HOUSE SAGA"■ In pochi attimi la vita di Kira ha subito un tragico avvenimento. Sono bastati pochi secondi e poche parole per lasciare la giovane ragazza confusa e interdetta. La verità di Kira é diversa da quella di...