Capitolo 8: Una Settimana Prima

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<<Mi sta accompagnando mio padre, arrivo subito>> disse Rayne dall'altro lato del telefono.
<<Ti aspetto. E muoviti.>> disse scherzosamente Edgar.
Era una fredda giornata di dicembre, e all'ora di pranzo Edgar decise di andare in ufficio da suo padre, a Chicago.
Era il giorno del suo compleanno e avrebbe voluto molto sorprenderlo quando sarebbe uscito dal suo ufficio.
Edgar si ritrovò a passeggiare per il Millennium Park: aveva sempre voluto vedere il Cloud Gate, un enorme fagiolo fatto d'acciaio.
Si ritrovò a girarci intorno per un ora intera, visto che Rayne doveva ancora farsi vedere.
Aveva la netta sensazione di sentirsi osservato...
Cercava sempre di rimaner vicino a gruppi di persone, dato che gli sembrava di essere seguito da qualcuno...
Quando arrivò il primo pomeriggio, Edgar prese il suo telefono e fece il numero di Rayne, ma appena si girò lo vide avvicinarsi guardandolo di sottecchi.
I due si abbracciarono, e Edgar sussurrò:
<<Grazie per avermi fatto aspettare lurido stronzo>>.
<<Vaffanculo, ti voglio bene>> rispose lui.
Rayne era una persona molto importante per Edgar, tanto quanto David.
In passato pensarono di definirsi più di due semplici amici, ma capirono che era meglio rimanere in un rapporto affettivo.
Si conoscevano ormai da 6 mesi, gli ultimi passati più a litigare che a stare in armonia, ma nonostante tutto, almeno da parte di Edgar, il loro affetto sembrava non finire mai.
<<Si gela, ma devo dire che Chicago tutta Natalizia mi piace molto>> disse Edgar sorridente.
<<Mah, nulla di che>> commentò Rayne.
<<Abbiamo tutto il pomeriggio libero, poi stasera raggiungo mio padre al suo posto di lavoro, che ti va di fare?>> chiese Edgar.
<<Beh...>> iniziò Rayne prendendo il suo zaino.
<<Ho dei volantini da distribuire, mio padre ha una mostra di opere d'arte fra qualche giorno e ci sarò anche io ad aiutarlo>> continuò, e detto questo passò un blocco di volantini ad Edgar, e si misero in cammino.
Andarono in varie librerie e biblioteche, dove Rayne comprò lettere e Edgar dei libri che avrebbe sempre voluto leggere.
<<Ti va di andare all'"Art Institute of Chicago"? Così ti insegno un po' di cultura, ignorante.>> disse scherzosamente Rayne.
Edgar sorrise e disse:
<<Certamente, stronzetto>>.
Durante il cammino verso il museo d'arte, un forte vento freddo lì colpì, e iniziarono a tremare.
<<Dio mio, ho le mani gelide!>> disse Rayne.
<<Dai qui>> disse Edgar, prendendo le sue mani fra le proprie, e sfregandole con cura per scaldarle.
<<È inutile, tanto rimarranno fredde lo stesso>> disse Rayne sorridendo.
Si fermarono in un bar a comprare qualcosa di caldo da sgranocchiare mentre arrivavano al museo.
<<Non ho nemmeno pranzato! Sto morendo di fame!>> disse Rayne mentre si avvicinavano sempre di più alla South Michigan Avenue.
Il sole iniziava a calare, e raggiunsero il museo dopo mezz'ora di cammino.
Quando entrarono furono sollevati dal caldo emanato dai condizionatori.
Pagarono l'ingresso e Rayne iniziò a spiegargli la storia delle varie opere e la vita degli artisti.
Dopo un paio d'ore, ritornarono nel freddo delle strade della Città.
Rayne dal suo zaino estrasse una piccola bacchetta in plastica e vetro.
<<Ti va di fare un tiro?>> propose Rayne azionando la sigaretta elettrica.
<<Non fumo, dovresti saperlo>> disse Edgar, che tornò ad avere la stessa sensazione delle ore precedenti. Percepiva gli occhi puntati su di lui.
<<Dai! È senza nicotina e al sapore di Mou>> disse entusiasta Rayne.
I due fumarono, gettandosi i getti di fumo in faccia.
Passarono l'altra metà del pomeriggio scherzando e facendo le cose più impensabili, Edgar arrivò addirittura a portare in braccio Rayne, ridendo come matti.
<<Ti voglio bene, Rayne>> disse Edgar mentre mordeva un trancio di pizza.
<<Anche io, sei importante per me, anche se molte volte non te lo dimostro>> rispose Rayne.
Arrivò l'ora di cena, e dovettero salutarsi.
Si abbracciarono per dieci minuti buoni, e poi Rayne disse:
<<Dovrei dirti una cosa...>>.
Edgar annuì curioso.
<<Abbiamo passato una bella giornata, certo...
Ma vorrei chiederti di non ripeterlo mai più.
C'è qualcuno di più importante con cui io voglio condividere questo tipo di momenti, e vorrei che la cosa fosse solo tra me e lui...
Tu sei importante certo, ma mi spiace dirti che c'è qualcun altro che ne merita di più...>>.
Edgar si ritrasse, gli occhi sgranati e pieni di lacrime.
<<Ma... Rayne...>> disse con un nodo alla gola.
<<Mi dispiace, sono stato bene... ma non posso>>disse Rayne.
Edgar rimase in silenzio, sentiva le lacrime colargli dagli occhi
Rayne rimase in silenzio, lo sguardo basso. Ma poi rise.
<<Ti sto prendendo in giro coglione! Ti voglio bene, e sei il mio migliore amico, non potrei mai rinnegare ciò che siamo noi>> disse mentre Edgar quasi cercò di strangolarlo.
Si abbracciarono un ultima volta, poi, si separarono.
Per tutto il tragitto fino all'ufficio del padre, Edgar sentì un doloroso vuoto nel petto. Chissà quando lo avrebbe rivisto, non aveva mai modo di andare costantemente a Chicago.
Alle 21, dopo aver aspettato un paio di ore il padre che uscisse, si avvicinò a lui, e lo abbracciò.
<<Che diamine ci fai qui?>> chiese il padre di Edgar.
<<È il tuo compleanno... volevo farti una sorpresa...>>
Il padre di Edgar si girò intorno, e poi sottovoce disse:
<<Ti ringrazio, davvero figlio mio... ma per motivi contrattuali vorrei che tu evitassi. Vedrai, il prossimo compleanno lo prenderò di ferie, dai!>>.
Edgar gli sorrise e insieme si avviarono alla macchina.
Stanco, il ragazzo chiuse gli occhi e si addormentò per tutto il ritorno a casa. Stava bene. Era felice.

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