Galweg

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|| Isil pov's||

Cavalcammo per circa due settimane percorrendo lunghi tratti il giorno e riposando la notte. Dopo aver lasciato le pietrose terre di Rohan ci si presentarono diversi paesaggi che alternavano boschi, piccoli rivoli d'acqua, sterpaglie e piccoli villaggi.

"Quanto manca?" chiesi sedendomi vicino a Gandalf, che stava fumando davanti al fuoco.

"Non più di un giorno, siamo molto vicini" disse. Mi voltai verso l'hobbit per essere sicura che dormisse.

"Allora, quando credi che scoppierà l'ultima guerra?"

"Presto... una decina di giorni al massimo, se Théoden non riuscirà a radunare un buon numero di uomini ci sarà ben poco da fare."

"Dove andranno Aragorn e gli altri?"

"Credo si stiano dirigendo al Dimholt-"

"I sentieri dei morti?!" esclamai. Quest'ultimi erano dei luoghi oscuri dove dimoravano antichi soldati di Isildur che lo tradirono condannandosi ad un'eternità tra la vita e la morte.

"Sono luoghi troppo oscuri, potrebbero morire! Perché gli hai permesso di andare?"

"È stata una scelta di Aragorn, non potevo oppormi più di tanto"

"Spero solo che riescano a tornare sani e salvi"

"Sarà una battaglia feroce" disse lo stregone guardando il cielo

"Allora combatteremo fino all'ultimo respiro"

"Isil, stavo pensando che forse sarebbe meglio se tu rimanessi nella cittadella, durante la battaglia. Se dovessi morire durante lo scontro, bhe..."

"Stai scherzando? Vuoi davvero che io rimanga –al sicuro- nella cittadella mentre voi combattete solo per poi farmi morire quando ne avrete bisogno? Non ci posso credere! Come puoi penare a me come ad un oggetto?!" sbottai senza curarmi del piccolo hobbit che dormiva

"Ti chiedo perdono, mi sono espresso malamente"

"NO! È esattamente quello che volevi dire!" dissi alzandomi e allontanandomi nel bosco senza badare ai richiami di Gandalf.

*

Arrivai ai piedi di un grande albero e senza troppa fatica salii sui rami più alti. Appoggiai la testa contro il largo tronco del vegetale e sollevai la testa per ammirare le stelle. Una leggera brezza mi accarezzò il volto mentre ripensavo alle ultime parole dell'elfo. Prima che potessi partire a galoppo, Legolas, dopo che io gli avevo dato il mi pugnale, mi aveva consegnato il suo. Lo estrassi dal fodero e lo osservai: era lungo come il mio, leggermente ricurvo sulla sommità e decorato con motivi floreali; il manico era di legno bianco, liscio al tatto anch'esso decorato con lo stesso motivo della lama. Ad un tratto mi sorse un dubbio spaventoso ed estrassi velocemente il mio pugnale, lo guardai e con sollievo individuai la piccola incisione sulla lama. Con mia grande fortuna avevo avuto il buon senso di dare a Legolas il pugnale senza il nome dei miei genitori o sarebbe successo un guaio enorme. Ero riuscita ad arrivare fin qui senza dirgli niente, non potevo mandare all'aria tutto.

Riposi i pugnali dentro il fodero e socchiusi gli occhi inspirando fortemente dal naso. Legolas, chissà come sarebbe potuta andare se ci fossimo incontrati prima e se non fossi stata io la prescelta... magari avremmo potuto amarci, magari addirittura avere una famiglia e vivere senza preoccupazioni. Invece guarda cos'è successo... ormai siamo più distanti che mai e ho una paura immensa di pensare alla possibilità di non vederti più. Voglio riaverti qui con me: il tuo viso, le tue labbra, i tuoi occhi, i tuoi capelli lucenti, le tue morbidi mani, il tuo respiro sul mio... vorrei urlare al cielo che aveva torto e che anche per noi ci sarà un lieto fine... ma credo che non sarà così.

Narsilion- il canto del sole e della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora