Capitolo diciotto-Stramonio

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Trattenni il fiato. Lui era lì: stava guardando fuori dalla finestra con un'aria pensierosa. Il cuore cominciò a battermi furioso nella cassa toracica e mi maledissi. Non riuscivo a capire come fosse potuto succedere. Ero innamorata. Innamorata di un ragazzo che probabilmente mi odiava o, se non era ancora arrivato a questo estremo, a cui ispiravo solo indifferenza e sufficienza. Mi venne da piangere.

Si scostò i capelli biondi dal viso con un gesto della mano. Il profilo del suo volto mi affascinò e per un attimo dimenticai anche i pensieri tetri di qualche secondo prima. Lo sentii sospirare fin da lì e lo vidi appoggiarsi contro la libreria. Aveva la fronte appoggiata al legno di mogano e teneva gli occhi chiusi. Mi preoccupai per quella strana posizione: magari non stava bene e stava per svenire. Cosa avrei fatto in quel caso? Sarei corsa da lui a soccorrerlo facendomi scovare oppure sarei rimasta al mio posto sperando che si sarebbe ripreso da solo? Guardai con agitazione attraverso il piccolo foro nel muro e aspettai. Mi sembrò che fosse passata un'eternità prima di vederlo rialzare la testa con uno scatto fulmineo. Corse per la stanza e si avvicinò al piccolo foro. Mi si mozzò il respiro in gola. Mi allontanai leggermente dalla mia postazione. Mi avrebbe scoperto di lì a poco. Si precipitò a prendere un libro da uno scaffale accanto al foro, poi ritornò vicino alla finestra. Mi rilassai leggermente e ritornai a guardare dal foro.
Non so quanto tempo trascorsi lì seduta. L'unica cosa che mi appare vivida sono i suoi occhi così azzurri da essere notati anche da lontano e la sua concentrazione durante calcoli e studi che non conoscevo. Notai che quando non riusciva a capire qualcosa, corrugava la fronte così tanto da far apparire due solchi profondi nella pelle. Mi accorsi che quando riusciva in qualcosa su cui era applicato da molto tempo, sorrideva raggiante mostrando tutta la fila di denti bianchissimi. Mi ricordai che aveva un dente leggermente storto, sul lato destro. Quel pensiero mi fece arrossire: non mi ero mai resa conto di quanti particolari di lui annotassi nella mente.
Ricordo di aver preso il blocchetto dei disegni che portavo sempre nella borsa e di aver afferrato una matita che mi era stata regalata anni prima da mio padre. Cominciai a disegnare tutto ciò che riuscivo a cogliere da quel forellino. All'inizio riuscii solo ad abbozzare i capelli e il contorno del viso, poiché Kyle si muoveva da una parte all'altra della stanza ogni cinque minuti. Solo quando si sedette alla sua scrivania e si immerse nel suo lavoro, riuscii a definire tutto ciò che non ero riuscita a rappresentare poco prima. Il contorno degli occhi, il mento pronunciato, il leggero accenno di barba bionda che riuscivo a vedere perfino da lì. Mi persi nel mio disegno e nei suoi occhi come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Quando però sentii dei rumori provenire al piano superiore, decisi che era ora di andare via. Diedi uno sguardo all'orologio e mi accorsi che era l'ora di andare dalle mie prozie. Aspettai di sentire altri suoni: udii la voce di Catherine che canticchiava mentre entrava in casa. Quando finalmente sentii la porta chiudersi con un tonfo, misi il blocchetto da disegno e la matita nella borsa e mi alzai cautamente, cercando di non produrre nemmeno un suono. Salii le scale il più velocemente possibile e aprii la porta che immetteva all'esterno. Una ventata fresca mi colpì il viso e respirai profondamente. Mi ricordai di non avere la macchina, siccome avevo camminato a piedi fino a lì. Mi maledissi mentalmente. Avevo commesso un grande errore. Mi incamminai a piedi di buona lena. Controllai nuovamente l'orologio da polso e mi agitai vedendo l'orario. Dovevo sbrigarmi o le mie zie si sarebbero preoccupate.
Riuscii ad arrivare alla strada davanti al giardino, prima di sentire una voce alle mie spalle.
-Hai bisogno di un passaggio?- mi bloccai sul posto. Chiusi gli occhi dalla disperazione. No, non poteva essere. Mi voltai e cercai di camuffare la miglior faccia sorpresa di sempre. Kyle era in piedi sul portico: aveva due buste della spazzatura tra le mani e si stava avviando ai cassonetti. Il mio cervello stava lavorando senza sosta: quando era salito dal suo studio? Mi aveva vista sgattaiolare via oppure no? Era una domanda trabocchetto la sua oppure era sinceramente sorpreso della mia presenza e voleva anche mostrarsi cortese nei miei confronti?
-Sì, in effetti ne avrei bisogno. Ero venuta da queste parti per fare un po' di jogging. Giusto per allontanarmi dalla città.- cercai di essere il più convincente possibile, ma quando sentii le mie stesse parole pensai che fossero la scusa più stupida che avessi mai inventato.
Lui mi guardò in silenzio. Si avvicinò ai cassonetti e ci buttò dentro i sacchi di spazzatura. Poi fece dietrofront e scomparve dietro la casa. Rimasi lì ferma per un minuto, non sapendo cosa fare. Forse se n'era semplicemente andato e aveva deciso di lasciarmi andare a piedi.
Proprio quando feci il primo passo decisa ad andare dalle mie zie a piedi, sentii il rumore di un motore accendersi. Rimasi pietrificata. Ti prego, fa che non sia come sto immaginando, pensai. Mi maledissi mentalmente. Mi voltai nuovamente e vidi una macchina azzurra piccola e graziosa. Rimasi affascinata dal colore inusuale ed acceso e sorrisi involontariamente. Kyle accostò vicino a me ed abbassò il finestrino del passeggero. Si sporse di lato e mi aprì la portiera.
-Ti accompagno a casa.- disse solo e non me lo feci ripetere due volte. Entrai in macchina e mi sistemai sul sedile. Chiusi la portiera e lui partì. Non potei fare a meno di notare le sue mani sottili e affusolate salde sul volante. Rimasi incantata quando lo vidi cambiare la marcia con delicatezza e precisione. Guardava la strada davanti a sé; aveva lo sguardo tranquillo. La sua espressione non era così dura come mi sarei aspettata. Quasi mi sciolsi quando sentii la fragranza del suo profumo. All'inizio pensai che si trattasse di vaniglia, ma l'odore era ancora più delicato. Non l'avevo mai sentito prima di allora.
-Come mai eri fuori casa mia alle nove di sera a fare jogging?- chiese d'un tratto. Un leggero sorriso gli increspava le labbra.
Rimasi senza parole, perché effettivamente non sapevo cosa dirgli. Non sarei stata in grado di raccontargli un'altra bugia credibile. O forse sì.
-Ci tengo a tenermi in forma.- dissi con convinzione-La mattina e il pomeriggio lavoro, perciò la sera è l'unico momento che mi resta libero. Prima però mi sono distratta e mi sono spinta più in là del solito.-
Esultai mentalmente perché le mie parole mi erano sembrate abbastanza convincenti.
-E dov'è che fermi la tua corsa di solito? Pura curiosità.- gli alberi secchi per l'inverno freddo costeggiavano la strada e i fari alti illuminavano quella natura non ancora rinata.
-Di solito mi fermo all'ultimo negozio prima di casa tua.- risposi di slancio, ansiosa per quella domanda che non mi aspettavo e a cui avevo dato una risposta a caso, senza nemmeno pensarci.
Lui mi lanciò un'occhiatina veloce e sorrise ancora di più, scoprendo i denti bianchissimi. Notai quello leggermente storto e arrossii.
-Non sapevo che ti fermassi al fast food dopo aver fatto jogging. Quindi è tua abitudine bruciare calorie e riprenderle subito dopo?-
Ammutolii e provai a sciogliermi sul posto. Pensai a cosa dire, ma il mio cervello sembrava essere andato in blackout e non sapevo più dove cercare le risposte alle sue domande.
-Sai, è per rifocillarmi dopo aver perso le forze per correre.- risposi soltanto, siccome quelle furono le uniche parole sensate che riuscii a cavare dalla mia mente.
-Per fortuna vuoi avere un corpo sano mangiando cibo spazzatura. Pensa un po' cosa sarebbe successo se fossi stata una ragazza che non si curava del suo corpo. Forse avresti mangiato direttamente il petrolio grezzo.-
Si prospettava un lungo viaggio.


Stramonio, una pianta a fiore che fa parte della famiglia di alcune piante commestibili ed altre velenose. Nel linguaggio dei fiori indica il camuffamento.

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