Capitolo ventidue-Asperella

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-Cosa intendi?- deglutii faticosamente, ma cercai di non dar troppo a vedere la mia agitazione. Come aveva fatto a scoprirmi? E, soprattutto, da quanto tempo se n'era accorto? Mi accorsi di star cominciando a sudare freddo. Avevo trascorso così tanto tempo a spiarlo da quel piccolo buco nel muro, ma avevo sempre creduto di passare inosservata. Mi maledissi almeno mille volte, prima di sentire arrivare la sua risposta.

-Sai benissimo cosa intendo, Scott. Non prendermi in giro.- il suo tono di voce era serio. Non sapevo che dire né come comportarmi. Avrei potuto continuare a negare, ma non volevo mentirgli. Sarebbe stato meschino e stupido da parte mia, soprattutto quando probabilmente aveva prove lampanti. Sempre se ne aveva.

Fu proprio grazie a quel mio pensiero che mi venne un'idea:-Non penso che tu abbia prove per dimostrare la mia presenza nel tuo studio, sempre se esista realmente.-

-Ho fin troppe prove a tuo sfavore.- arrivammo sul vialetto di casa sua e ci fermammo lì. Una leggera brezza mi fece rabbrividire, ma lui non si lasciò intenerire da quella visione. Un vero gentiluomo, sì.

-Non mi sembra che ci siano delle telecamere di sorveglianza in casa tua.- ribattei, alzando la testa. Lo guardai negli occhi di nuovo, ma il timore per l'essere stata scoperta era troppo per essere sovrastato dall'ammirazione che nutrivo per il suo bell'aspetto. Ormai la sera era giunta e ogni cosa intorno a noi era avvolta dalla semioscurità. Una piccola luce illuminava il cortile, ma non bastava a farmi scorgere perfettamente i tratti del mio interlocutore.

-No, non abbiamo telecamere. Proprio per questo motivo ho escogitato altri metodi per capire se qualcuno fosse passato dove non avrebbe dovuto.- mi sembrò di sentirlo sorridere beffardamente, ma mi imposi di mantenere la calma e la compostezza almeno nella postura del corpo. Tenevo la schiena dritta e la testa in alto verso di lui, con tutto il corpo in una posizione di finta tranquillità. Eppure mi sembrò di avere il caos all'interno del mio cervello.

-Ma davvero? Esistono metodi alternativi al di fuori delle telecamere per incastrare permanentemente una persona?- alzai un sopracciglio in segno di sarcasmo, fingendo di non essere minimamente toccata dalla situazione. Anzi, mi rendevo conto che stavo assumendo quasi un atteggiamento da offesa.

-Non te li rivelerò di certo.- mi sembrò di percepire chiaramente il suo sguardo incastrato nel mio e sentii allentarsi una parte del timore che mi stava opprimendo.

-Questo indica che non hai prove certe e vuoi soltanto cercare di farmi ammettere qualcosa che non ho fatto.- cercai di mantenere il tono più serio possibile, così da non far trapelare nessun cedimento. Dovevo essere convincente e far finta di non sapere niente.

-La prossima volta che verrai ti coglierò sul fatto.- sentii brividi lungo la spina dorsale. Il tono di voce con cui aveva parlato non mi aveva minimamente rassicurata.

-Sarebbe stupido da parte mia tornare al tuo studio una volta scoperta, se mai ci fossi venuta prima.- ribattei piccata.

-So che tornerai. Tra non molto, d'altronde.- mi sorrise beffardo e provai un moto di stizza nei suoi confronti. Mi credeva forse così stupida e impulsiva?

-La convinzione non ha mai portato a nulla di buono a nessuno.- mi strinsi il corpo con le braccia per produrre calore. L'aria si era rinfrescata e il sudore che mi imperlava la fronte divenne gelido.

Lui rimase in silenzio a guardarmi. Provavo l'impulso di chiedergli cosa mai avesse da osservare in me, ma mi trattenni. Non volevo dargli alcuna soddisfazione.

Una folata di vento mi investì e rabbrividii per il freddo. Osservai Kyle con la sua giacca calda e aspettai che me la prestasse come succedeva tra qualunque ragazza infreddolita in presenza di un giovane ragazzo con una giacca. Ma la mia attesa fu vana, poiché Kyle se ne stava fermo a guardarmi senza mostrare la minima intenzione di essere un gentiluomo.

-Non mi presti la tua giacca?-chiesi d'impulso.

-Ovviamente no.-

-Ma perché?-lo guardai frustrata e sorpresa dal suo comportamento. Sapevo di sembrare una bambina in quel momento, ma per me era una questione di vita o di morte.

-Non mi priverei mai dell'oggetto che mi procura calore e mi riscalda mentre c'è vento.-

-Hai mai sentito parlare di qualcosa di nome "gentilezza"?-

-E tu hai mai sentito parlare di qualcosa di nome "discrezione"?-

Rimasi a bocca aperta, senza parole. Quel ragazzo mi faceva sentire una vera e propria idiota. Lo guardai indispettita e gli voltai le spalle. Erano successe troppe cose quella sera. Cominciai a camminare a passo spedito nella direzione per cui ero arrivata, anche se l'illuminazione era sempre più scarsa. Non mi preoccupai del buio, come di solito mi accadeva. Volevo solo tornare a casa.

-Non vorrai mica tornare a casa a quest'ora, da sola e al buio?- mi urlò Kyle. Aveva un tono di voce neutrale, come se mi stesse chiedendo che giorno fosse.

Non risposi alla sua domanda e continuai a camminare velocemente, combattendo contro l'impulso di girarmi indietro per guardarlo.

-Vuoi un altro passaggio?- probabilmente fu l'aggettivo "altro" che mi fece rispondere negativamente a quella domanda. Ci teneva a sottolineare ciò che era successo la sera precedente.

-Allora potresti restare a cena.- la sua non era una domanda, ma una vera e propria affermazione. Mi fermai e mi imposi di mantenere la calma. In effetti, non era molto sicuro tornare a casa di notte a piedi, ma allo stesso tempo non volevo che Kyle si vantasse di avermi dato un "altro" passaggio. L'ultima e unica alternativa era di accettare l'invito di Kyle a cena. Avrei sempre potuto giustificarmi dicendo di volere la compagnia di Catherine, cosa che era del tutto vera. Sorrisi vittoriosa a quel pensiero e mi voltai verso Kyle. Era fermo sul vialetto, nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato. I capelli biondi erano mossi dalla leggera brezza, ma il resto della sua figura alta appariva in ombra dal punto in cui mi trovavo. Nonostante questo, non riuscii a non pensare a quanto apparisse bello anche da lì.

-Accetto l'invito. Catherine vorrà sicuramente vedermi.- lo dissi a voce bassa, come se fosse accanto a me. Non poteva di certo sentirmi poiché era troppo lontano, ma parve ugualmente capire la mia risposta. Ritornai al vialetto e, dopo averlo superato, raggiunsi la porta della casa della mia migliore amica.

Kyle mi raggiunse e frugò nella tasca dei suoi pantaloni. Probabilmente stava cercando le chiavi per entrare. Rimasi in silenzio mentre aspettavo accanto a lui, cercando di sembrare ancora risentita nei suoi confronti. Eppure sentivo che la stizza di poco prima mi stava abbandonando sempre di più. Mi stupii del fatto che una persona permalosa come me non riuscisse ad essere arrabbiata con una persona come Kyle. Era impossibile.

Finalmente riuscì ad afferrare un mazzetto di chiavi. Osservai le sue mani grandi e delicate e le contemplai per una manciata di secondi. Poi il mio sguardo si spostò sulle tre chiavi del mazzo e il portachiavi in mezzo ad esse. Era una miniatura di una rosa piccola e insignificante, eppure la trovai perfetta per uno come Kyle. Un fiore bellissimo, ma con così tante spine da rimanere ferito facilmente al tocco.

-Anche io voglio vederti. Non solo Catherine.- disse d'un tratto, prima di far girare una delle tre chiavi nella serratura ed entrare, lasciandomi spiazzata.


Asperella, appartenente ad una famiglia di piante angiosperme (piante evolute con fiore vero e seme protetto). Nel linguaggio dei fiori indica la rudezza.

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