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Ci sono giorni in cui tutto è perfetto: il tempo, il mondo, il modo in cui mente e corpo sono in sintonia, i tuoi vestiti. Sì a volte va proprio tutto bene, va proprio tutto come dovrebbe andare.

Mercoledì arrivò in un baleno. Fuori pioveva ma dentro di me c'era il sole.
Mi alzai di buon ora e controllai che papà fosse a lavoro. C'era soltanto Shane il quale mi stava aspettando seduto a tavola con una tazza di caffè fra le mani.
In sua compagnia c'era Jennifer, impegnata a parlare al telefono.
Quando entrai in cucina mio fratello mi allungò una tazza di caffè fumante e mi sorrise.
<< Devo dirti una cosa>> dissi immediatamente.
<<Dimmi>> disse lui bevendo la sua bevanda preferita.
<< Oggi pomeriggio mi devi coprire con papà. Devo assolutamente andare in centro, con il treno>>
<< Non ti coprirò. Non voglio assolutamente ricevere uno schiaffo da nostro padre>>
<< E perché mai dovrebbe darti uno schiaffo?>>
<< Me lo darà se torni a casa in ritardo>>
<< Per favore Shane. Digli quello che vuoi. Anche la verità>>
Lui mi guardò a lungo, poi rivolse la sua attenzione su Jennifer ancora al telefono.
Sospirò forte e questo mi fece capire che l'avevo avuta vinta. Mi alzai da tavola e andai ad abbracciarlo.
Lui rise e mi diede una pacca sulla spalla.
Quando Jennifer tornò da noi li lasciai ai loro discorsi, pensando al pomeriggio che mi aspettava.
Papà non torno a casa, Shane andò a lavorare e Jennifer fece lo stesso.
Era il mio giorno libero dal lavoro, così mi preparai per il pomeriggio.
Andai in camera mia e aprii l'armadio, cercando qualcosa da mettere.
Optai per un vestito nero. Non me lo mettevo quasi mai ma sperai che la pioggia se ne andasse.
Non avevo nient'altro da fare così nell'attesa ripulii casa.
Shane mi chiamò dal lavoro dicendo che non sarebbe tornato a casa a pranzo, ed io li ricordai di chiamare papà e dirgli quello che doveva dirgli.
Shane mi disse che ci avrebbe pensato lui, così riattaccai più serenamente.
Arrivarono presto le tre, così per non rischiare di perdere il treno mi affrettai ad uscire di casa in orario.
Andai in stazione appena in tempo, e presi il treno per Londra.
L'unico Luna Park che conoscevo era lì.
Ben presto fui assalita dalla folla, tanto che temetti di non vedere Camila, ma quando mi voltai alla mia destra la vidi.
Era appoggiata ad una delle panchine della stazione.
Indossava un paio di jeans chiari ed una maglietta nera che metteva in risalto le forme del suo corpo.
Mi mancò il fiato in gola.
Lei spostò lo sguardo nella mia direzione e mi vide.
Mi sorrise e si mosse verso di me.
Quando fu difronte a me mi abbracciò forte ed io per poco non caddi per terra.
<< Ciao>> disse soltanto. Io le sorrisi perché non sapevo che cosa fare.
<< Vieni. Il Luna Park non è tanto distante>> e detto questo mi prese la mano e mi condusse fuori dalla stazione.
La seguii in silenzio.
Camminammo senza dire una parola. Quel silenzio mi piaceva particolarmente, perché mi permetteva di guardarla attentamente.
Era bellissima, sicura di sé in mezzo a tutta quella gente.
<<Siamo quasi arrivate>> disse lasciandomi la mano e continuando a camminare.
Io annuii.
Arrivammo al Luna Park e notammo la quantità sproporzionata di bambini.
Camila sorrise e ne indicò uno intento a mangiare un gelato.
<< Ne voglio uno anche io>> disse.
<< Un bambino?>> chiesi sorridendo.
<< No scema, un gelato. Vieni con me>> e detto questo mi trascinò dentro al  Luna Park.
<< Voglio andare negli autoscontri>> disse lei come una bambina piccola.
<< Va bene. Penso sia di qua>> dissi spostandomi a destra. Camila mi seguì e nel giro di pochi minuti riuscimmo a trovare un autoscontro.
Mi costrinse a salire con lei e per tutto il tempo non facemmo altro che andare a sbattere contro le altre macchine.
Camila rise di cuore ed io con lei.
Sembravamo conoscerci da tempo e non da pochi giorni.
Dopo l'autoscontro decidemmo di andare sulla ruota panoramica, sul trenino degli orrori, e su una giostra che mi fece venire il mal di stomaco.
<< Stai bene?>> mi chiese lei guardandomi negli occhi. Io annuii anche se non era vero. 
<< Vieni, andiamo al bar così tu ti prendi un bicchiere di acqua ed io un gelato>>
La seguii di nuovo in direzione del bar, e per poco non andai a sbattere contro qualcuno perché continuavo a guardarla senza prestare attenzione alla gente attorno a me.
Al bar presi un the alla pesca e Camila un gelato alla fragola e cioccolato.
Le raccontai un po' di me e lei fece lo stesso.
Mi disse di studiare all'università ed io di lavorare in un supermercato.
Stranamente non mi sentii a disagio nel raccontarle questo.
Era un lavoro come un altro e soprattutto mi dava dei soldi che mi servivano.
<<Beata te che lavori. Io sono costretta a studiare come una stupida>> disse finendo di mangiare il suo gelato.
<< Invece a me piacerebbe studiare all'università>> dissi bevendo un sorso del mio the.
Camila stava per aggiungere qualcosa quando il mio cellulare suonò.
<< Scusa un attimo>> le dissi prendendo l'aggeggio dalla tasca.
Lessi il nome di papà sullo schermo e per poco non mi andò di traverso il the.
<< Rispondi pure io devo andare un attimo in bagno>> disse Camila alzandosi dal tavolo.
Io annuii e seguii il movimento del suo corpo. Ovviamente non risposi al telefono ma lo rimisi al suo posto.
Qualcosa mi diceva che mio fratello non aveva fatto il suo dovere.
Aspettai Camila per ben dieci minuti. Quando tornò mi sorrise e si sedette di nuovo sul tavolo.
Le sue pupille erano dilatate ed era leggermente rossa in viso.
Non so cosa avesse fatto in bagno.
<< Scusa se ci ho messo tanto. Chi era al telefono?>> mi chiese con curiosità.
<< Non ti preoccupare. Era mio padre. Non credo sappia che sono qui>>
<< Oh, ed è colpa mia?>> chiese.
<< No assolutamente. La colpa è di mio fratello. Gli avevo chiesto di coprirmi ma evidentemente non l'ha fatto>>
Camila mi sorrise stranamente divertita dalla situazione.
Poi si mise a giocare con la lattina del mio the.
<< È un problema se restiamo ancora un po'?>> chiese.
Io scossi la testa e le dissi che non c'era alcun problema.
Così lei si alzò dal tavolo e mi porse di nuovo la mano che presi senza esitazione.
La seguii fuori dal locale dopo aver pagato e tornammo in mezzo alla gente.

Non so che cosa avesse fatto nel bagno, ma sembrava essere quella di prima a parte gli occhi sempre dilatati.
Facemmo un altro giro sugli autoscontri e lei rise un po' troppo ad alta voce.
Papà provò a chiamarmi ancora una volta così capii che era arrivato il momento di andare a casa.
Lo dissi a Camilla e lei annuì.
Uscimmo dal Luna Park sempre mano nella mano, e quando arrivammo alla stazione mancava pochissimo all'arrivo del mio treno.
Camila si voltò nella mia direzione e mi stampo' un bacio sulla guancia.
Poi lasciò andare la mia mano e si allontanò.
La salutai con la mano, quel bacio ancora impresso nella memoria.
Fui costretta a voltarmi quando arrivò il mio treno, e Camila sparì in mezzo alla folla.
Ripensai al suo bacio quando salii sul treno.
Ripensai al suo bacio quando raggiunsi il mio scompartimento.
Ripensai al suo bacio quando appoggiai la tempia al finestrino.

Che ne pensate? Vi è piaciuto il capitolo? Me lo fate sapere in un commento? 😍❤ Grazie dei voti e delle visualizzazioni Vi adoro!!

15 febbraio 2017

CamilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora