Capitolo IV

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Il calore dei loro corpi si era fatto intenso, in quel letto. Nonostante fossero ancora agli inizi della primavera, Sigurd aveva caldo.
Stava sudando copiosamente, anche se non riusciva a capire se fosse semplicemente per l'alta temperatura o per altri motivi...
Era teso, con i nervi a fior di pelle. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, rimanendo a fissare il soffitto, a pensare.
Pensare a come uscire da quell'inferno.

Al suo fianco, Frejya dormiva beatamente.
A vederla così, i capelli biondi da sembrare bianchi e il viso dall'espressione rilassata, sembrava quasi che noi non fosse veramente lei.
Quella donna doveva avere il diavolo in corpo, e il sesso selvaggio della sera prima non gli aveva fatto cambiare idea.
Gli era piaciuto, ovviamente, ma non si era fatto alcuna illusione in merito. Lei lo aveva fatto perché semplicemente ne aveva avuto voglia, e non perché mossa da chissà quale sentimento amoroso.
Frejya avrebbe potuto benissimo utilizzarlo come giocattolo sessuale per un po', per poi sbarazzarsi di lui una volta stufa.

Più volte, durante quella notte e le precedenti, aveva pensato di assassinarla nel sonno, tagliandole la gola e diventando lui stesso lo Jarl.
Ma non aveva mai trovato il coraggio di farlo. Quella donna era malvagia e diabolica. Per quanto ne sapeva, quello poteva essere soltanto un meschino trucco per testare la sua fedeltà. Aveva il terrore che lei, non appena avesse fiutato il pericolo, si sarebbe destata e lo avrebbe trucidato come aveva fatto con il marito.
L'immagine del corpo scempiato di Torsthein ancora lo perseguitava nel sonno, in quei brevi momenti in cui riusciva ad addormentarsi.

No, non voleva fare la sua stessa fine.

D'un tratto, mentre era ancora assorto nei sui cupi pensieri, si udì distintamente il rumore di un corno.
Tre suoni, a breve distanza l'uno dall'altro.
Trasalì quando ricordò il significato di quel segnale. Erano sotto attacco.
Dopo un iniziale momento di panico, però, rammentò gli accadimenti di quella fatidica notte di due settimane prima.

I rinforzi erano arrivati.

Un sorriso estasiato si dipinse sul suo volto. La salvezza era vicina.
Gli Jarl delle terre limitrofe avevano risposto alla sua richiesta di aiuto inviando un esercito.
Non sapeva quanti, tra i capi che aveva contattato, fossero giunti in sue soccorso, ma non dubitava assolutamente del fatto che tutto si sarebbe risolto entro la fine della giornata. Frejya, impetuosa ed ottusa com'era, avrebbe sicuramente dato battaglia, e sarebbe stata sopraffatta senza alcun dubbio.
Si, le cose sarebbero andate così. Dovevano andare così.

«Sei così impaziente di combattere, Sigurd?» disse improvvisamente la donna, con un tono perfettamente lucido nonostante si fosse appena svegliata.

Lui trasalì nuovamente. Il suo sorriso venne sostituito da un'espressione di sgomento, nonostante i suoi tentativi di non far trasparire le sue emozioni.

«Non preoccuparti, non dovrai venire in battaglia se non te la senti. So bene che sei un codardo, e mi sei molto più utile qui, in questo letto» proseguì lei, con un tono malizioso ma stranamente allegro.

Lui accusò le allusioni della donna, e iniziò a farfugliare in maniera sconclusionata. «Ma no io... ti seguirò in battaglia sicuramente, non volevo...»

«Stai zitto, Sigurd» lo interruppe bruscamente Frejya, mentre si alzava dal letto «e va' a prendere la mia armatura»

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Il sole doveva ancora alzarsi completamente oltre l'orizzonte, ma gli spalti della palizzata di legno erano già gremiti di soldati.
Sigurd zampettava dietro di lei, cercando di tenere il suo passo.
Raggiunse il camminamento con incedere autoritario, vestita della sua armatura da battaglia.

«Che sta succedendo?» chiese al primo soldato che incrociò.

«Rikke, Dhavor e Floki sono stati avvistati poche miglia a nord, alla testa di un esercito di più di tremila uomini. Si stanno dirigendo qui»

L'Arte della SpadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora