Un fiocco di neve solitario svolazzò davanti ai suoi occhi, compiendo un paio di giravolte per poi essere trasportato via dal vento freddo, verso est. Quella mattina, una lieve brezza si era alzata da ovest, dalle cime innevate degli Strøm Gepfel, spingendo verso valle i nuvoloni neri che le sovrastavano.
Picchi di Strøm... dare il nome dello spirito del mare e dei venti a un massiccio montuoso era sicuramente una scelta inusuale. Elsker, lo spirito della terra, sarebbe stato certamente più appropriato, ma come poteva sapere cosa era passato nella testa dei suoi antenati quando avevano dato un nome a quei luoghi?
Elsker era anche lo spirito dell'amore e della ricchezza, e quei monti aspri e brulli erano tutt'altro che amorevoli... forse era quella la motivazione che gli sfuggiva. O, più probabilmente, a nominarli era stato un marinaio, che aveva pensato di ingraziarsi così il patrono dei mari.Tirò un boccata dalla pipa intagliata che stringeva tra i denti, ridacchiando tra sé: solo un vecchio come lui poteva ridursi a tali, futili riflessioni. Si strinse nel mantello di pelliccia, osservando le colonne di fumo che si alzavano da est, da Vehya. La città era stata assalita diversi giorni prima, ma non sapeva da chi, ne perché. Nessuno si era degnato di raggiungere il suo eremo per informarlo.
Dopotutto siamo nella prima luna d'estate, pensò, la luna di Fjoch.
Il ciclo lunare dedicato allo spirito della guerra coincideva con l'inizio della buona stagione, e dunque con il principio del periodo delle razzie.
Razzie che non toccavano questo luogo da molto tempo...Si strinse nelle spalle. Dopotutto, chi si sarebbe sognato di raggiungere il suo santuario tra i monti, con quel freddo, peraltro privo di ogni tipo di ricchezza, per saccheggiarlo?
Sputò a terra un grumo di saliva, avviandosi con passo stentato verso le costruzione di legno alle sue spalle. Camminava appoggiandosi ad un bastone, intagliato con un motivo a spirale e con un sonaglio sulla sommità dotato di nove piccole perline che tintinnavano ad ogni passo. Era la verga dello sciamano, simbolo del suo status, ma da tempo per lui era più utile come bastone da passeggio.Lentamente raggiunse la veranda e, dopo essersi arrampicato sui tre scalini, varcò l'uscio della sua dimora.
Il santuario era immerso nella penombra, illuminato solo da un paio di candelabri e un grosso bracere al centro della struttura, di fronte ad robusto totem.
Si fermò per un paio di secondi, appoggiandosi sul bastone per assaporare l'aroma dell'incenso, poi si avviò verso una porticina dall'altra parte della stanza.
Oltrepassò la statua dell'Unico, il grosso totem di legno, con gli occhi intagliati di nove volti che parevano seguire i suoi passi.
Ricambiò lo sguardo torvo di Moed, lo spirito della giustizia, per poi rincuorarsi con quello allegro e spensierato di Sbaph, patrono della musica e del divertimento.Quelle facce scolpite nel legno erano, ormai da molto tempo, i suoi più cari amici e compagni di vita. Di pellegrini non ve n'erano mai stati tanti, dopotutto il suo santuario era solo uno dei tanti piccoli luoghi di preghiera del nord, senza nulla di diverso rispetto agli altri. Gli unici fedeli che di tanto in tanto venivano a pregare fin lassù erano gli stessi abitanti di Vehya, molti dei quali erano probabilmente caduti nella razzia di pochi giorni prima. Gli spiriti dei meritevoli dovevano aver raggiunto il paradiso già da tempo, mentre degli altri se ne era occupato Død, lo spirito della morte e amministratore dell'Oltretomba. Solo coloro che avevano vissuto una vitta retta e senza macchiarsi di peccati quali l'infedeltà, la codardia e l'ipocrisia potevano sperare di accedere al paradiso; il Mortifero avrebbe divorato gli spiriti di tutti gli altri.
Raggiunse il suo alloggio, nient'altro che il retro del santuario, dove aveva organizzato un giaciglio di paglia, un braciere con una pentola e alcuni mobili di legno tra cui un tavolo, una seggiola e un paio di scaffali sul quale riponeva le provviste.
Il fuoco nel braciere scoppiettava allegramente. Afferrò un grosso ciocco di legno dalla catasta ammucchiata in un angolo, gettandolo tra le fiamme. Sollevando il coperchio della pentola, scoprì che lo stufato di coniglio era già pronto e stava quasi per bruciarsi. Trafelato, afferrò due stracci di pelle e tolse la stoviglia dal fuoco, riversando il contenuto in una ciotola.
Infine sospirò, gettandosi stancamente sulla seggiola, con la ciotola di stufato e un cucchiaio di legno tra le mani. Prese a mangiare con gusto, soddisfatto del manicaretto che aveva preparato, fino a quando non si accorse del volto di Haat che lo osservava di traverso dal totem, oltre la porta che divideva il santuario dal retro.
Ogni volta andava a finire così.Borbottando qualche imprecazione, spostò la sedia fuori dal campo visivo del volto intagliato. Il sorriso sinistro dell'Ingannatore, lo spirito dell'odio e della paura, lo inquietava. Era l'unico volto dei nove che ruscisse a metterlo costantemente a disagio, e non gradiva avere il suo sguardo addosso.
Il mito narrava che l'Unico, il Dio dai Nove Volti, fosse nato proprio per debellare Haat e il suo potere: dopo un conflitto durato millenni, che aveva portato la Terra soll'orlo della distruzione, gli altri otto spiriti avevano utilizzato un antico sortilegio che li aveva riuniti tutti in un'unica entità -l'Unico- per controllare Haat e impedirgli di scorrazzare per il mondo senza controllo.
Era stato uno stratagemma vincente, ma di tanto in tanto la terra ancora tremava e onde colossali attaccavano le coste, segno che l'Ingannatore era ancora vivo e tentava di sottrarsi al controllo degli altri otto ogni volta che poteva.
Si riscosse con una smorfia da quei pensieri terribili, riportando la sua attenzione allo stufato di coniglio. Era saporito, ma forse troppo salato.Quel coniglio faceva parte delle ultime scorte che aveva accantonato l'autunno precedente per sopravvivere all'inverno: era stato incredibilmente di larghe maniche l'ultima volta che era andato a fare rifornimenti, e le provviste per la stagione fredda l'avevano sfamato anche durante la primavera. Ormai, però, rimaneva poco o nulla, e nel giro di una settimana si sarebbe stato costretto a scendere in città. Pessimo tempismo, davvero, riflettè.
Non poteva immaginare l'entità della razzia ma, a giudicare dalle dimensioni delle colonne di fumo, Vehya aveva subito un durissimo colpo. Poteva sperare soltanto che lo spirito di Berte avesse avuto misericordia di quei luoghi, rendendo i campi attorno alla città brulicanti di selvaggina. Soltanto lo spirito della vita e della fertilità avrebbe potuto aiutarli in quel frangente.Sospirò, posando la ciotola vuota sul tavolo. Morire di fame era l'ultimo dei suoi desideri. Aveva sempre immaginato che la sua morte sarebbe giunta per mano di Tiid, il patrono del tempo, ma se l'Unico avesse avuto altri piani...
Dopotutto era soltanto Skal lo sciamano, umile vicario del Dio dai Nove Volti, tale decisione non spettava a lui.
___________________
Buona domenica a tutti! Innanzitutto, scusatemi per non aver annunciato lo speciale mercoledì scorso nella nota a piè capitolo, causa esami e caldo infernale avevo fatto male i miei conti e credevo di doverlo pubblicare settimana prossima.
Tornando allo speciale, come avrete capito si tratta di un approfondimento sulla religione norse, un'infarinatura molto generale su ciò che è l'Unico, e sulle credenze varie riguardo la morte e la vita dopo di essa. Ho preferito articolare lo speciale con uno stile narrativo, sperando che in questo modo la lettura possa risultare più piacevole e scorrevole, invece che propinarvi una pagina enciclopedica di roba di cui probabilmente vi interessa poco 😂
Ad ogni modo, spero che possa esservi piaciuto. Ovviamente se qualcosa è poco chiaro fatelo presente, e cercherò di sistemare il tutto. Ci si sente tra qualche giorno, quando, spero, avrete il tempo di leggere la mia storia tra lavoro, caldo e spiaggia (per chi ha la fortuna di poterci andare di questi giorni...). Beh, a mercoledì prossimo, bye 👋
STAI LEGGENDO
L'Arte della Spada
Fantasy"Le ferite sanguinanti non sono le uniche ferite che vengono inflitte dalla guerra" Tre popoli. Tre guerrieri. Un mondo perennemente in guerra. Quando lo scontro tra culture diverse diventa l'unica via per la diplomazia, saper uccidere diventa l'uni...