Capitolo V

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«Le vostre pretese sono del tutto inaccettabili! Siete stati voi a strisciare ai nostri piedi per chiedere una resa, e adesso l'avrete, ma alle nostre condizioni!» quasi urlò lo Shogun Uchida, viola in viso per la rabbia.

«Le mie condizioni sono fin troppo oneste, Uchida. Chiedo soltanto che la mia sovranità sulle mie terre venga riconosciuta» cercò di contrattare il Gran Duca.

«Siete stati sconfitti, e adesso ne pagherete le conseguenze» rispose l'orientale, sbattendo rabbiosamente un pugno sul tavolo di mogano.

Tutti i presenti si alzarono in piedi, mettendo mano alle armi.
L'unica a rimanere al suo posto fu l'Imperatrice, protetta dall'onnipresente guardia dal volto coperto.

«Shogun Uchida, voglio ricordarvi che noi siamo degli ospiti, qui, e dunque dobbiamo mantenere un atteggiamento consono al nostro rango» disse con la sua voce leggera e soave.

«Imperatrice, questi occidentali si stanno prendendo gioco di noi. Vogliono avere una pace alle loro condizioni, e io non sono assolutamente disposto a...»

«Basta così, Shogun» lo interruppe nuovamente la donna, stavolta con un tono incredibilmente autoritario «credo che abbiate bisogno di riposo. Ritiratevi pure nei vostri alloggi, io sono in grado di continuare da sola»

Uchida, nonostante la carnagione scura, divenne rosso in viso per la rabbia. Quasi ringhiava quando uscì dalla stanza sbattendo la porta dietro di sé, seguito poco dopo dai suoi due figli.
Erano tre giorni che andava avanti così. Quell'uomo si riteneva in potere di trattarli come esseri inferiori, non degni del rispetto. E, purtroppo, loro non potevano far altro che subire in silenzio. L'Imperatrice era tutto un altro paio di maniche. Sempre cortese e solare, cercava in ogni modo di giungere ad un compromesso, senza mai mancare di rispetto a nessuno.

«Vi prego di scusare il comportamento dello Shogun. È molto teso, ultimamente. Spero che questo non abbia creato problemi» riprese proprio l'imperatrice.

«No, non dovete preoccuparvi, vostra altezza» rispose cortesemente suo fratello, mentre eseguiva un lieve cenno di deferenza con il capo.

Tutti tornarono ai propri posti, mentre l'atmosfera si alleggeriva sensibilmente.
La guardia della giovane donna ritornò ad occupare la sua posizione alle spalle dell'Imperatrice. Per un momento, i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi erano due pozzi scuri, ma riuscì a distinguere chiaramente la loro forma tondeggiante e poco orientale. Strano. Quegli occhi gli erano familiari, anche se proprio non ricordava dove poteva averli visti.

«Dunque Gran Duca, nonostante non ne condivida i modi, condivido appieno le motivazioni per la rabbia di Uchida. Abbiamo combattuto una guerra, e voi l'avete persa. Noi non possiamo assolutamente lasciar correre la vostra bellicosità, lo capite?» riprese l'Imperatrice.

«Certamente, ma il mio Gran Ducato è lo stato più importante della regione. Essere annesso ad un impero straniero potrebbe portarvi soltanto l'ostilità di tutte le nazioni limitrofe, alimentando futuri spargimenti di sangue» argomentò Delinard, cercando di portare più acqua possibile al suo mulino.

«Questo lo comprendo, ed è per tale motivazione che ho deciso di lasciarvi il vostro status di Gran Duca. Ma il vostro dominio dovrà essere un protettorato dell'Impero del Tramonto, e ogni decisione in politica estera dovrà passare dalla mia approvazione»

«Vi ringrazio, Imperatrice. Questo è tutto quello che desideravo ottenere» concluse il Gran Duca, rilassandosi sulla sedia.

Immaginò quanto quelle parole avessero potuto fargli male. Fino a pochi mesi prima, orgoglioso e fiero com'era, non si sarebbe mai nemmeno sognato di giungere ad un simile compromesso. Ma suo fratello era cambiato.
Aveva messo da parte tutto il suo orgoglio, mettendo di fronte a tutto il bene del Granducato. Aveva riconosciuto di aver perso la guerra che lui stesso aveva iniziato, cercando di porre rimedio a quel terribile errore.
Anni prima, quando la guerra era scoppiata, sia lui che Delinard si erano aspettati un conflitto breve. Perché mai un impero così grande e lontano avrebbe dovuto sprecare energie preziose per difendere alcuni protettorati di confine? Avevano pensato che conquistare quel pugno di contee vassalle all'Impero dell'Alba avrebbero potuto far apparire il Granducato molto più potente agli occhi di tutti gli altri stati della regione, e dunque garantirgli una duratura egemonia, ma non avevano fatto i conti con la caparbietà di quella gente.
Dopo i primi successi iniziali dell'esercito ducale, l'esercito avversario era giunto nella regione, e nel giro di pochi anni avevano perso tutte le conquiste, ritrovandosi con gli invasori ad un tiro di sasso dalla capitale.

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