NAĪF

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confutazioni inaccettabili, ma giuste (non tutti i poeti sono sofisti)


«un silenzio come questo è da benedire» [io e il collo della bottiglia asserragliato tra i palmi, l'aroma del frumento e del miele trincerato nel palato, e le bollicine affannosamente giunte a Nord — nel cervello].

[lui e le labbra lucide di gocce di libagione, sospiri nella gola e fisime ansanti intrappolate tra le tempie] «che paradosso! non è possibile...», dice.

«e perché mai?» chiedo io.

[quello sorride] «perché benedire è dire bene: e non si può mica dire bene qualcosa che è impronunciabile, statico... muto».

[mi tacita, resto velata; però poi un po' ci penso e un po', magari per via della mia inettitudine, a lungo mi ci arrovello; ma alla fine, superba e arrogante (e ancora colla bottiglia di birra incuneata tra i polpastrelli), parlo] «ma bevi, che è meglio», faccio-

[e poi mi zittisco di nuovo, che magari non mi capacito di avere torto — e mi dico che è niente, se non una sciocca questione di ampollosità —].




















nota: [dedicato agli sbruffoni testardi (come me)]

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