Autogrill's Crises

all'asino piace soltanto la dolcezza del suo canto

[Parte due]

L'uccello è in gabbia/
o canta per amor,/
o canta per rabbia.

Di coerenza narrativa ce ne sarebbe stata poca — mentre lui stava schiacciato contro il muro della topaia, lei gli stava davanti, cogli occhi che brulicavano d'odio e impietà —; ma aveva ragione, alla fine, teneva tutte le ragioni di questo mondo.

C'era puzza di sudore (c'era pure quella salmastra delle lacrime e, se non sbaglio, ci stava pure quella della morte, che era secca ma pungente).

Lei lo guardava come se non stesse aspettando null'altro che un pizzico in più della sua omertà. Aveva sete delle bugie che gli stavano sulla punta della lingua [si nutriva, in un certo senso, delle loro sostanziose membra venate di sentimentalismo marcito e di schifosa retoricità].

Le piaceva avere la nausea.

Era incazzata — adesso lo sono pur io.

«È inutile cercare la Felicità: sei già morto quando lo dici», osservava. «La Felicità non si cerca, sbagli in partenza: stai morendo per cercare la tua Africa. Lo dimostra questa azione durativa di merda. Povero dentro, sei. Già morto, tra l'altro. Soffocato dagli spicci. Ma, dico, riesci a respirare?».

Lui tacito. Che poteva ribattere? Le aveva solo posto un quesito, in fondo.

Non era soltanto lo Scheletro Alato l'allegoria della morte: questo era quello che l'ubriacone dovizioso non aveva compreso; e avrebbe pagato per questa pecca d'ignoranza.

Infatti, è morto quella stessa notte asfissiato da sessantanove monetine ficcategli in gola da chissà chi.

Questo è quello che so.

(La polizia, del resto, non era famosa per [il] rimettere a posto le cose dopo aver perquisito le topaie).

Comunque, piace anche a me avere la nausea.

---

nota: (Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me... che farete da soli?)