Mutazione Shopping

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Quando hai ventiquattro anni il mondo si aspetta tante cose da te. A volte molto di più di quello che sei disposto a considerare.

Quando hai ventiquattro anni sei legalmente un adulto, una persona che, in qualche misura deve assumersi le responsabilità di quello che pensa e fa. A ventiquattro anni devi sapere chi sei: se ancora non l’hai capito, sei fregato.

Sono un’adulta, sì, ma questa adulta ha dimenticato cosa dovrebbe essere e allora evita: evita i giorni, evita gli sguardi, evita le domande e aspetta le risposte.

E a vivere da soli, si fa presto ad evitare tutto e tutti.

Nel mio minuscolo appartamentino io posso essere una ragazzetta insicura fino a quando mi pare: ma oggi mi trovo costretta ad uscire e a ricordare che ho ventiquattro anni e che sono grande.

Mentre sospiro consapevole di quello che mi aspetta, sento la porta d’entrata sbattere con un suono sordo, seguito da passi rapidi: poi il rumore degli armadietti della cucina che cigolano confermano che ho visite.

Sorrido ed esco dal bagno raccogliendo la felpa che ho lanciato ieri sera sul servo-muto: i miei piedi nudi lasciano degli aloni di umidità sul pavimento della camera e dai miei capelli cascano piccole gocce d’acqua, ma la cosa non mi preoccupa: ho smesso di essere una maniaca dell’ordine e della pulizia dopo i primi 15 giorni in cui vivevo qui. Ora vivo felice nel mio calcolato disordine.

Dal salotto mi ci vogliono circa sette secondi per scorgere una bionda chioma sfrecciare da una parte all’altra del mio minuscolo appartamento.

“ Ma tu bussi mai prima di entrare in casa altrui e trasformare la loro cucina nel tuo regno?” ridacchio io mentre mi strofino i capelli bagnati con un asciugamano. E, indossando un paio di jeans e la mia felpa con lo stemma Universidad de Salamanca, raggiungo la mia amica nella mia mini cucina.

“ Allontanati all’istante dai miei fornelli, Bet! L’ultima volta che hai provato a fare il caffè, ti sei dimenticata di mettere l’acqua. E quella macchia nera sul mio muro ne è l’inconfutabile prova!” proseguo divertita, osservandola mentre cerca di nascondere la polvere marrone di caffè tostato che ha sparso per metà del mio pavimento.

“ Oh Med, eccoti finalmente!” ridacchia lei distratta, cercando inutilmente di porre rimedio al pasticcio che giace sul mio pavimento “ Mi chiedevo che fine avessi fatto.”

“ Beh B., questa è casa mia. E considerato che ho avuto all’incirca otto minuti per uscire dal letto e lavarmi, dove pensavi che fossi? A giocare a pulce con le volpi del deserto?” le domando sarcastica.

Giusto per la cronaca, sarcasmo è il mio secondo nome. Imparerete ad amarmi in ogni caso. O forse no, dato che la sopracitata caratteristica non rende particolarmente amabili. Ma che sono una stronza l’ho già anticipato, quindi, in fondo, suppongo non vi stupirete troppo.

Strizzo gli occhi, mentre la guardo dimenarsi scoordinata in un movimento che ricorda una puzzola che vuole ballare la Macarena.

“ Bet, stai per caso cercando di distrarmi mentre infili con il piede destro il caffè che hai rovesciato sotto il mio tappeto?” le domando sorridendo e l’espressione colpevole che si dipinge sul suo volto è qualcosa di impagabile.

“Assolutamente no! Cosa te lo fa pensare?! Non farei mai una cosa simile!” mi risponde lei indignata, raccogliendosi con naturalezza la cascata dorata che le incornicia il viso; poi, con un rapido movimento del polso, acconcia una perfettamente disordinata coda di cavallo.

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