... vuole.

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Io sono completamente inesperta in fatto di relazioni e sono una persona strana, soprattutto in questo momento della mia vita: ripensando alla semplicità con cui i momenti trascorrono quando sono con Alex, un po’ mi intimorisco.

Espormi ultimamente è una cosa troppa pericolosa per me e farlo con lui sembra una cosa tanto strana quanto inevitabile: non so se sia perché sto imparando a conoscerlo o perché lui sembra impassibile di fronte alla mia acidità, ma con Alex non mi preoccupo di risultare troppo stronza o troppo irritabile. Sarà perché mi ha incontrata al peggio di me? O perché siamo partiti con i battibecchi sin dal primo giorno e, ormai, si è abituato ai miei atteggiamenti poco femminili?

Non lo so, so solo che quando stavo con L sentivo sempre l’angoscia di dire o fare la cosa sbagliata: ogni mia azione era potenzialmente disastrosa e ogniparola era perennemente sottoposta a giudizi; con Alex è esattamente l’opposto.

Mentre passeggio con passo pigro verso casa e, come al solito, analizzo ogni cosa in modo eccessivo, il mio cellulare comincia a squillare insistentemente: estraendolo dalla tasca leggo sul display il nome di Jack accompagnato dalla sua foto in cui si atteggia a modello della Calvin Klein.

“Buongiorno, uomo più bello del mondo!” lo saluto, lasciando che un sorriso di faccia strada sulle mie labbra.

“Buongiorno un cazzo..." arriva la risposta dura e inaspettata. “... ma ti ringrazio per aver ammesso che sono una creatura di incomparabile bellezza.”

“Perché non è un buongiorno?”

Jack ha la capacità di far apparire aberranti anche le cose più semplici e, in genere, per lui anche l’aver finito il dentifricio può assumere sembianze apocalittiche, ragion per cui quando si mostra di cattivo umore, optiamo tutti per partire dal presupposto che sarà una stupidaggine.

Quindi, non mi allarmo più di tanto al tono isterico con cui mi parla e, al contrario, attendo che parta con uno dei suoi monologhi incomprensibili

Stranamente però la voce del mio amico non lascia trapelare isteria: sembra solo molto preoccupato.

“Med, è un’emergenza. Ho un servizio di catering nel pomeriggio e mi manca una cameriera...”

Il fatto che lasci la frase sospesa a metà mi inquieta ancora di più: conosco Jack a sufficienza da poter pensare che, qualunque cosa abbia in mente di dirmi, non mi piacerà affatto.

Lascia sempre le frasi a metà quando sa che non sarò entusiasta di qualcosa.

“E...?”

Pochi secondi di silenzio seguono la mia domanda, preziosi attimi che mi permettono di intuire dove sta andando a parare Jack e che mi portano a pensare una sola cosa: oddio.

“Devi venire tu. Ho bisogno di te.”

Come volevasi dimostrare: oddio.

Completamente presa dal panico e innervosita dalle - almeno dieci - ragioni per cui io non voglio essere coinvolta in questa cosa, esclamo in preda all’ansia:

“ No, Jack, non esiste. Scordatelo!”

“Sono nella merda fino al collo. Ho bisogno di te.”

“Jack, io sono la donna più maldestra sulla faccia della terra. Non posso fare la cameriera. Sappiamo entrambi che sarebbe un disastro.”

Ora, onestamente, quale essere pensante considererebbe mai l’idea di chiedere a una come me di maneggiare oggetti delicati (suppongo, tra l’altro, che la cosa dovrebbe essere fatta con una certa grazia), quando l’unico momento della mia esistenza in cui sono riuscita ad avere il controllo sul mio baricentro o sugli spostamenti d’aria causati dal mio culo è stato nei miei primi sei mesi di vita e solo perché non avevo sufficienti abilità motorie?

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