L'imbarazzante piacere del TuttoTondo

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"Sei tu che decidi quanto tempo concedere alla tua vita. Non lasciare che gli altri scandiscano il tuo tempo. Però ricordati che al mondo non importa se tu sia raggiante o arrabbiata. Il mondo non aspetta che tu ingrani e ti riposi. Impara a sorridere di più e a gioire di più ogni mattina, piccola mia."

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La mia bisnonna Maria

Ecco, la mia bisnonna era una di quelle vecchie matrone con gli attribuiti, che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e che vedeva il lato positivo di ogni cosa. Viveva la vita secondo le proprie regole e sapeva leggere le persone come se fossero ricettari da cucina.

Durante la Seconda Guerra Mondiale si è categoricamente rifiutata di condividere il proprio tetto e cibo con i fascisti e ha preteso che le restituissero il suo amato Franceschino - suo marito, di sinistra fino al midollo osseo, che si è fatto una settimana poco piacevole dopo aver dichiarato "Viva il socialismo" in piazza al paese. Lei se l'è portato a casa e l'ha insaccato di epiteti poco carini per non aver usato il cervello, ricordandogli che l'olio di ricino era la cosa minore che gli poteva capitare.

Donna con i controcazzi, la definiremmo oggi.

Amava svegliarsi la mattina presto, col sorriso sulle labbra. L'alba per lei era il massimo della vita.

Apparentemente io da lei ho ereditato solo la costituzione fisica, però.

Io odio svegliarmi la mattina, come credo almeno il 78% della popolazione mondiale, ma soprattutto ho la tendenza a non riuscire a proferire parola per almeno mezza'ora da quando apro gli occhi. Sono anche allergica ad ogni tipo di interazione umana per i primi quarantacinque minuti della mia giornata.

Oltretutto - non lo dico con orgoglio - sono abbastanza sicura che il mio cervello non si inserisca fino a quando non introduco una sufficiente quantità di caffeina nel mio sistema.

Da quanto ho capito è una cosa ereditaria perché sia mia madre che mio fratello paiono avere lo stesso problema. Al contrario di mio padre, invece, che nell'istante in cui suona la sveglia dimostra un'insaziabile necessità di conversare; necessità che va scemando poi nell'arco della giornata, ma che parrebbe implacabile non appena riesce a accalappiare un membro della nostra famiglia.

Ma è in minoranza; di solito finisce con l'allontanarsi borbottando la sua disapprovazione e chiedendosi perché la sua famiglia è composta solo da stronzi. Suppongo che un giorno se ne farà una ragione.

Ritengo che sia da considerare illegale il fatto che si effettuino attività prima delle dieci del mattino: sfortunatamente, però, i potenti della Terra non convengono con la genialità insita in questa mia convinzione. Ragion per cui resteremo tutti assonnati e burberi fino a che io non sarò eletta regina della Terra e cambierò queste assurde usanze.

Io, personalmente, porto ancora i segni dei risvegli traumatici di mia madre: quando avevo sette anni in genere lei, con infinita dolcezza, spalancava la porta della mia stanza starnazzando senza sosta il mio nome. Se ci penso percepisco ancora la rabbia che mi invadeva e il desiderio di prendere a calci le lenzuola pur di sfogare quell'ira implacabile dentro di me.

In questo istante, nonostante siano trascorsi oltre diciassette anni, la sensazione che si fa strada dentro di me è pericolosamente simile a quella che il buongiorno di mia madre provocava allora.

C'è un buio confortevole nella mia stanza. Quel tepore perfetto per coccolare il sonno sacro del week-end e, fino a pochi secondi fa, un silenzio tombale che proteggeva la mia fase REM.

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