17. Una luce di speranza
Ore 6:15.
Le poche facce che incrocio questa mattina sembrano ancora mezze addormentate e sbadigliano fino a staccarsi la mandibola. Le strade sono appena illuminate da un sole che sia alza a fatica, cammino abbastanza velocemente in direzione del commissariato di polizia. Fa un po' fresco perché è presto ma anche perché sono ancora stanca della mia notte agitata in hotel. Tiro su il collo della giacca ed accellero ancora di più il passo. Non ho chiuso occhio, immaginando Justin nella sua cella, tenuto prigioniero e sorvegliato da quelle uniformi blu che lui ritiene stupide ed incapaci. Un vero leone in gabbia.
È troppo presto per avere un vero appuntamento. Eppure appena passo la porta il poliziotto dell'ingresso prende il telefono per avvertire il suo superiore. Non ho neanche più bisogno di precisare che vengo per vedere il luogotenente Boyle. Tutti i poliziotti della città mi conoscono, ormai. E non sono sicura che sia una buona cosa...
Per loro, come per Justin a quanto pare, sono la ragazza che ha un legame "strano" con la scomparsa del piccolo Bieber.
«Il luogotenente scende appena possibile, intanto si può sedere.»
«Lei sa se Justin Bieber è stato liberato?» chiedo avvicinandomi al bancone.
«Non prima delle sette» mi risponde distrattamente questo biondone con la camicia mal abbottonata.
«Non credete che abbia passato già abbastanza tempo in cella? Che abbia delle attenuanti?»
«Stavo per chiedere la stessa cosa...» risuona una voce che mi ghiaccia il sangue dietro di me. Mi volto e mi ritrovo di fronte Sienna Lombardi. Madre (tra l'altro) di Justin e Harry. Pistolera a tempo perso. Il mio ritmo cardiaco accellera di botto. «Liv» fa lei con uno sguardo nero.
Improvvisamente non ho più paura. Sento la lotta interiore che si sta giocando sotto i suoi lunghi capelli bruni e setosi. La bella italiana mi detesta ma sembra anche sentirsi in colpa per aver perso il suo sangue freddo ed avermi minacciata con un'arma, qualche mese prima. A quanto pare non sopporta che io sia ovunque, che mi ritrovi ancora una volta coinvolta nell'inchiesta, alla sua famiglia, ai suoi figli, ma come me vuole che le cose vadino avanti. Quindi si tiene la sua bile per sé e si va a sedere in fondo alla sala d'aspetto dopo aver detto al giovane poliziotto:
«Faccia uscire mio figlio di là, immediatamente. Ed impari a vestirsi.»
Boyle non si prende nemmeno la briga di venirmi a cercare ma manda una sua sottoposta al suo posto. Seguo la giovane poliziotta fino al piano superiore ed entro nell'ufficio del luogotenente. Piegato sul suo computer, alza appena lo sguardo verso di me: «Ha letto nei miei pensieri, miss Sawyer, stavo proprio per convocarla. Stavo perfino per mandare una macchina a prenderla.»
«Così presto? Perché?» rispondo sospettosa.
«Abbiamo novità.»
«Buone? Cattive?» mormoro impaziente.
«Un po' di tutte e due, immagino.»
«Non potrebbe essere più preciso?»
«No.»
«Le chiedo scusa?»
«Mancano due persone in questo ufficio. Non è la mia sola invitata» sorride il furbone. «Posso offrirle un caffè? Un tè? Una ciambella?»
Sospiro e mi lascio cadere sulla sedia più vicina. So benissimo che cosa mi aspetta: una seduta di tortura con Justin e... il suo tornado di madre. Boyle alza il telefono e sbraita solo dieci parole con la sua voce soffocata. «Bieber può uscire! Sì portatemelo qui! Sì anche lei.»
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Forbidden Games. ↠ Justin Bieber
FanficPerché amare un cretino è già una sfida di per sé, ma amare il proprio fratellastro... è quasi fuori-legge. A quindici anni ho incontrato il mio peggior nemico. Ma Justin Bieber era anche il figlio della nuova moglie di mio padre. E la cosa faceva d...