Le crisi ~ 4

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Pedalavo tra i viali alberati e le casette ben curate, cercando di tenere la testa sgombra da ogni pensiero. Dovevo far sì che i ricordi degli attimi trascorsi poco prima non prendessero il sopravvento, facendomi sentire ancora in uno stato di confusione.

La mia mente, allora, andò dritta verso il pomeriggio che avremmo dovuto trascorrere assieme, ma, soprattutto, pensai al fatto che avrei finalmente dipinto dal vivo quel salice piangente così affasciante e maestoso.

Per distrarmi cominciai proprio a immaginarmi immersa tra le fronde mentre cercavo di riprodurre uno dei rami che scendeva e tentava di toccare l'acqua. Riflettei sul fatto che quell'albero veniva chiamato piangente, quasi come se dalle sue foglie potessero sgorgare lacrime che si sarebbero unite a quel lago nel quale era solito specchiarsi.

Come una lieve danza, avrei fatto ondeggiare il pennello per tracciare il suo contorno e rappresentare le varie sfumature.

In quel momento, il mio unico desiderio era quello di arrivare nel mio studio, prendere il materiale che mi serviva e ripartire nuovamente, verso quel luogo nel quale mi sarei sentita realizzata, con la persona che mi faceva sentire a casa.

Accelerai la corsa e ringraziai di avere il vento a mio favore, così non mi sarei affaticata più del dovuto.

Quando oltrepassai l'ingresso del cortile, poggiai la bicicletta sul muretto che costeggiava la parte iniziale del viale d'accesso. Mi incamminai, a passo svelto, verso la porta dello studio, compiendo falcate talmente lunghe che mi stupii di essere riuscita a farle.

Non appena raggiunsi l'ampia porta, tirai fuori le chiavi, ma il mio essere eccessivamente elettrizzata mi portò a far male i calcoli: non riuscii a infilare per bene la chiave nella serratura e il mazzo cadde a terra, producendo un suono metallico per via del tintinnio.

Mi chinai per raccoglierlo e feci un respiro profondo, pensando al fatto che mi sarei dovuta calmare. Era solo un quadro, con il solito Jeremiah, nel posto di sempre.

Nulla di più.

Nulla di meno.

Inspirai e finalmente riuscii a far entrare la chiave nella toppa. Spinsi la porta, fremendo ancora, nonostante tutto, per l'entusiasmo, ma ogni gioia crollò quando i miei occhi misero a fuoco la macabra scena che si era appena palesata davanti ad essi.

Non riuscii a credere a ciò che era successo, tanto che cominciai a sbattere più volte le palpebre, nel vano tentativo di svegliarmi da quell'incubo. Ripetei quel gesto più volte, ma niente si dissolveva dalla mia vista.

Cominciai a respirare faticosamente, in preda alla rabbia e alla tristezza.

Sentii tutto d'un tratto una morsa allo stomaco, come se qualcuno mi avesse inflitto una ferita all'addome, non appena posai lo sguardo sulle mie tele squarciate.

Percepii il cuore andare in frantumi alla vista dei miei pennelli spezzati, ormai tutti sparsi e dilaniati sul freddo pavimento.

Avvertii lacrime copiose scendere lungo il mio volto, che, in fretta, andavano a mescolarsi con i colori sparsi a terra.

La mia passione era stata distrutta e sembrava come se un uragano fosse passato e avesse violentemente spazzato via una delle mie ragioni d'esistere.

Le mie ginocchia cedettero e crollai a terra. In una posizione quasi fetale, cominciai a sussultare e singhiozzare, perché dinanzi al mio lavoro così brutalmente martoriato, non potevo far altro che piangere. Rividi in una serie di flashback, che veloci scorrevano nella mia mente, le ore spese a dipingere e la fatica per cercare di recuperare il materiale consono alla creazione di ogni mia idea.

Eternity - Un amore senza fine |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora