Dopo essere passati a salutare Al e avergli promesso che saremmo tornati il più presto possibile, andammo verso l'uscita del locale e trovammo, intenti a chiacchierare, i cinque musicisti.
«Bellissimo spettacolo, ragazzi!» esclamò Jeremiah, mentre avanzavamo verso di loro, mano nella mano.
«Concordo.» Nel fare quell'ammissione, regalai a ognuno di loro un sorriso sincero.
«Vi ringrazio.» A parlare fu Duke, uno dei due suonatori di colore, ma prima che potesse aggiungere altro intervenne Emmanuel: «Jay, che te ne è parso nel mio assolo?»
Lo domandò con un tono di voce molto alto per cercare di sovrastare anche il brusio creato dalle persone intorno a noi.
«Sei stato grande, Emmanuel», dichiarò Jeremiah cingendomi le spalle con il suo avvolgente braccio. Immediata fu la mia reazione: arrossii e, per celare l'imbarazzo, tossii schiarendomi la voce.
«Anche Daisy l'ha apprezzato tantissimo, vero?» domandò retoricamente. Sapevo dove voleva andare a parare: mi avrebbe portata a mostrare il disegno che avevo fatto ad Emmanuel.
«Perché dici questo, Jeremiah? Ho apprezzato tutti allo stesso modo», dissi cercando di non far trapelare nulla agli altri, ma tentando di far comprendere a lui che non me la sentivo di mostrare loro il ritratto.
I miei schizzi erano qualcosa di personale e faticavo a condividerli. Preferivo che le persone ammirassero l'opera una volta compiuta; non delle semplici linee adoperate per imprimermi meglio nella mente una singola scena che, in futuro, avrei riportato su tela. Nel dire quelle parole voltai la testa nella sua direzione e la allontanai un po' così da guardarlo meglio in volto. In risposta lui mi strinse forte riportandomi alla posizione di partenza. Piccola com'ero, non riuscii a oppormi.
«A cosa si riferisce, dolcezza? Ti ho forse colpito?» domandò il sassofonista facendomi l'occhiolino. Prima che potessi replicare aggiunse a bassa voce, consapevole che Jeremiah lo avrebbe udito ugualmente: «Lascia stare quel ragazzino, hai bisogno di un uomo più maturo al tuo fianco».
Risi e lui con me. L'unico a non cogliere l'ironia fu Jeremiah che mi spostò leggermente dietro di lui come se stesse cercando di tenermi sotto la sua ala protettrice.
«Non ci trovo niente di divertente in tutto ciò», affermò. «Comunque, Emmanuel, tralasciando questo discorso che se ti azzardi a tirare fuori nuovamente potrei non rispondere delle mie azioni, volevo che Daisy ti mostrasse un disegno che ha fatto», continuò tutto d'un fiato, al punto che mi chiesi da dove potesse aver preso una così grande quantità d'aria.
«Jeremiah, no... per favore», risposi con una voce flebile, sperando che nessuno di loro insistesse.
«Fidati di me, piccolina», disse dandomi poi un bacio sulla testa.
«Che disegno, Daisy?» domandò incuriosito Emmanuel.
Sospirai e, dopo aver buttato fuori l'aria, aprii la borsa per tirare fuori il mio taccuino. Quando trovai il disegno del musicista, lo passai a lui perché lo osservasse.
Allungò la mano e con cura cominciò a studiarlo. Non manteneva una presa salda e immaginai che nella sua mente potesse essere balenata l'idea che un oggetto così sgualcito corresse il rischio di distruggersi, se non maneggiato con cura. L'unica cosa a cui riuscii a pensare, però, era che quel taccuino era sopravvissuto a talmente tante intemperie, viaggi e scossoni che se fosse stato fragile, a quell'ora di sicuro non sarebbe stato lì.
Emmanuel concentrò la sua attenzione su ogni singolo dettaglio di quello schizzo che avevo creato. Vidi molte espressioni passare sul suo volto, ma quella stupita fu quella che più mi rimase impressa perché la accompagnò a una frase: «Ragazzi, guardate qui! L'abbiamo trovata!»
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Eternity - Un amore senza fine |COMPLETA|
Narrativa Storica[DA REVISIONARE] «Dietro a ogni colore si nasconde un'emozione.» 1975 Contea di Madison, USA. In un pomeriggio di giugno, Daisy, con la figlia e i nipotini, ritrova un oggetto del suo passato a cui era molto affezionata. I suoi familiari...