Il bacio ~ 2

806 87 54
                                    

Mi incamminai a testa bassa lungo il vialetto acciottolato che mi avrebbe condotta al cancello d'ingresso e cercai di cancellare il più velocemente possibile l'espressione triste dal mio volto. Appena arrivai, notai che Jeremiah aveva con sé una borsa di tela. La mia curiosità prese il sopravvento e, avvicinandomi per guardare cosa contenesse, dissi: «Cosa c'è lì dentro?»

«Ma come siamo curiosi questa mattina. Sali e più tardi lo scoprirai», rispose ridendo.

Girai attorno a lui e mi accostai alla bicicletta, pronta per sedermi sulla canna. Voltandomi, mi sollevai e, appena trovai la posizione corretta, poggiai entrambi gli avambracci sul manubrio per cercare di mantenermi in equilibrio. Jeremiah, dopo essersi assicurato che il mio vestito non entrasse a contatto con ruote o pedali, si chinò leggermente e il suo petto toccò la mia schiena. Sentii il calore invadermi le guance ed evitai di parlare, tenendo lo sguardo fisso davanti a me.

«Pronta?» mi domandò.

«Parti pure» risposi.

Cominciò a pedalare lentamente su quella strada dissestata che ad ogni buca ci faceva sobbalzare. Mi guardai attorno, soffermandomi a riflettere su quanto il tempo fosse adatto a una giornata perfetta: vi era il sole, ma non era eccessivamente caldo. Ad accompagnarci c'era quel leggero vento che ti accarezza e scompiglia i capelli.

A circondarci vi era solo natura: gli alberi che con i loro rami e le chiome formavano un arco, abbracciando il sentiero; dei ruscelli le cui acque gorgoglianti sovrastavano il silenzio, accompagnate dal cinguettio degli uccellini; e in lontananza si potevano scorgere campi macchiati da fiori colorati, come se su una tela verde un pittore avesse preso un pennello, intinto nella tempera, e l'avesse mosso in modo tale da punteggiarne la superficie.

Inspirai profondamente e dissi: «È meravigliosa questa strada. Mi credi che non c'ero mai passata? Credevo conducesse a residenze private».

«Ce ne sono molte infatti. Prima di raggiungere la destinazione ho pensato di fare una piccola deviazione per andare a salutare una persona», mormorò dolcemente al mio orecchio, con la bocca quasi poggiata. Ciò mi diede un leggero brivido e una scarica mi attraversò, facendomi venire la pelle d'oca, ma provocandomi un naturale sorriso.

Mi era difficile parlare senza guardarlo, per questo motivo girai leggermente il capo e la prima cosa che notai fu il viso un po' arrossato, ma anche un tenero cenno di curvatura delle labbra.

Dopo pochi minuti, o almeno così mi parve, giungemmo dinanzi a una casa non troppo grande, ma ben curata dal punto di vista estetico. Il giardino in ordine, con l'erba tagliata e le sedie posizionate attorno a un tavolo tutte alla stessa distanza. «È casa tua?» domandai incuriosita, sollevandomi in punta dei piedi per cercare di scrutare meglio quelle figure, intente a chiacchierare, visibili sotto il portico di legno, tinto di un verde oliva.

Lui cominciò a ridere di gusto e, di fronte alla mia espressione accigliata, si calmò affermando: «No no, la mia è almeno quindici volte più piccola. Questa, raggio di sole, è la casa di Al».

Avanzammo camminando verso quelle due figure e, a bassa voce, osservando il ragazzo di spalle dissi: «E lui chi è? Suo figlio?»

Jeremiah rise di nuovo e io sbuffai di fronte a quelle reazioni non molto gentili. Lui mi cinse le spalle con un braccio e affermò appena arrivammo davanti a loro: «Daisy, lui è Charlie, mio fratello».

Spalancai gli occhi per lo stupore e gli porsi la mano in attesa che la stringesse. La somiglianza con Jeremiah era a dir poco evidente, avevano gli stessi tratti: dalla mascella leggermente squadrata, al naso un po' lungo e appuntito. Anche Charlie aveva i capelli castani e gli occhi azzurri, ma un po' spenti, non brillanti come quelli di Jeremiah.

Eternity - Un amore senza fine |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora