Fallimenti Parziali

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Il sorriso, però, è scomparso non appena ho ricevuto la chiamata di Isabelle.
Io e le bambine stavamo pranzando in un bar poco distante dal centro e il telefono ha iniziato a vibrare sul tavolo, attirando anche la loro attenzione.
«Belle» ho risposto, utilizzando un tono solare, ma i suoi singhiozzi mi hanno lasciata perplessa, oltre che sconfortata.
«T-torna qui, ti... ti prego.» Ho guardato le bambine che si sono incuriosite dalla telefonata.
«Cosa succede?» Parlavo a bassa voce, provando a non attirare troppo l'attenzione, ma temevo che il suo pianto si sentisse dal telefono, così ho abbassato il volume.
«Ho b-bisogno di te...» E ovviamente sono corsa da lei senza esitare neanche un momento. Abbiamo finito di pranzare e ci siamo incamminate, dirigendoci a casa della mia amica.
«Tonniamo da papà?» ha chiesto Clare, con un sorriso smagliante sul viso.
«Dalla mamma...» Ma la sua domanda non era quella.
«E il papà?» ha insistito.
«Non lo so, arriviamo a casa e lo scopriamo.» Le ho sorriso, ma mi sono sentita in colpa, sapendo di mentire; grazie al cielo non ha più detto nulla e abbiamo ripreso a camminare mentre commentavano ogni cosa strana che vedevano.
Quando siamo arrivate temevo per lo stato della mia amica, temevo che potesse stare peggio e se Clare l'avesse vista in quelle condizioni si sarebbe preoccupata; ma mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso.
«Mi spieghi?» le chiedo, sedendomi sul divano accanto a lei, mentre le due bambine sono in giardino che giocano.
«Non ancora, Amanda... È già un miracolo che sono riuscita a non farmi vedere da mia figlia in una pozza di lacrime, non posso crollare ancora.» Mi guarda negli occhi e vedo le lacrime che provano ad impossessarsi del suo sguardo.
«Sì, lo capisco... va bene.» Sospiro e accenno un sorriso, appoggiando una mano sul suo ginocchio.
Vorrei poter fare qualcosa per lei, cercare di capire cosa sia successo, ma devo anche rispettare la sua volontà e non posso costringerla a parlare se non se la sente.
«Cosa avete fatto stamattina? Vi siete divertite?» Dischiudo le labbra e poso lo sguardo altrove, ripensando allo stato di ansia, allo spavento per le bambine e Luke.
Dovrei dirglielo?
«Siamo state al parco... si sono divertite un po' sull'altalena, poi sullo scivolo e hanno deciso di farmi uno scherzo, nascondendosi mentre le cercavo disperata...» Le scappa una risata e deglutisco, non sapendo cosa fare.
«E poi?» Sorride, anche se so che non è reale e sospiro.
«Luke...» Magari se lo sussurro non sentirà e avrò l'occasione di dire che non era nulla, facendo finta che non sia mai accaduto niente.
Ma lui sta aspettando la mia chiamata.
«Luke?! Cosa?» Si muove e mi si avvicina di scatto, spalancando gli occhi. «Dimmi tutto!» Apro la bocca, ma poi la richiudo, scuotendo la testa.
«Non devi, Belle... se stai male...» mi interrompe, prendendomi le mani.
«Amanda, sono tua amica e voglio sapere cosa ti succede, soprattutto se c'entra il ragazzo per cui ti sei mezza ubriacata l'altra sera.» Ridacchia e io la seguo, mordendomi il labbro. Mi piacerebbe dirle cosa è successo; che è venuto lì perché era preoccupato, che ho pensato a noi come una famiglia e che lui aspetta una mia chiamata, ma so che se lo facessi mi direbbe di andare da lui, di non aspettare, di non esitare più, che sta bene e non devo preoccuparmi per lei. Invece mi preoccupo e può dirmi ciò che vuole, ma so che non sta bene e non può farcela da sola.
Nessuno può farcela da solo.
«L'ho incontrato per caso, tutto qua.» Le accenno un sorriso, ma lei mi guarda dubbiosa.
«Sei sicura?» Assottiglia gli occhi.
«Sì, davvero Belle, non ti preoccupare... tu come stai?» Le poso una mano sul ginocchio e i muscoli del suo viso si rilassano, portandola a sospirare.
«Senti... io ti voglio bene e so che posso dirti tutto, ma... ho paura del tuo giudizio...» I suoi occhi diventano lucidi e distoglie lo sguardo, serrando le labbra.
«Isabelle, non ti giudicherei mai, lo sai... qualunque cosa sia puoi dirmela.» Sospira e annuisce.
«Lo so, lo so, ma... è un po' come per te e Luke... avevi paura di dirmi tutto, tanto che lo hai omesso...» Mi lancia una strana occhiata che non so come interpretare, anche se non sembra proprio positiva.
«Lo so, Belle e hai ragione, ma cosa può esserci di tanto orribile che temi da me? Di certo qualunque cosa sia non può essere peggiore di ciò che ho mai fatto io.» Cerco di rassicurarla con un sorriso e lei scuote di poco la testa, lasciandosi andare ad un respiro profondo.
«Abbiamo fatto sesso.» Spalanco gli occhi e lei si copre il viso con le mani. «Ecco, te lo leggo in faccia, sei delusa.»
«No, no, hey!» Le prendo le mani e gliele tolgo dal viso, incastrandole con le mie. «Isabelle, non sono delusa... sono solo... stupita, tutto qui.» Mi guarda di sfuggita. «Non ti voglio giudicare, tesoro, voglio solo capire come mai stai così...»
«Perché non so cosa fare... è stato così bello stare di nuovo con Marcus, ma Ian è così...»
«Perfetto?» la interrompo, incurvando di poco le labbra.
So bene come mi sentivo a stare con lui all'inizio, quella sensazione di amore che mi ha travolto e invaso ogni senso; poi tutto è cambiato, perché non era lui che amavo.
«Sì, perfetto» concorda, sospirando. «Cosa devo fare?»
«Devi capire chi vuoi davvero nella tua vita...» Il suo sguardo vacilla e si appoggia allo schienale, guardando il soffitto.
«E come faccio?» Sbuffa portandosi le mani sul viso.
«Puoi solo scoprirlo con il tempo, Isabelle.» Mi lancia un'occhiata strana e si ricompone, sedendosi composta.
«Avevi detto che non si devono perdonare i traditori... cosa è cambiato? Credevo mi avresti detto di mandare a fanculo Marcus e stare con Ian.»
«Certo che non si dovrebbero perdonare, ma come posso dirti di fare qualcosa? All'inizio ti ho detto di aspettare perché...» mi interrompe.
«No, tu mi hai detto che non avrei dovuto perdonarlo e ora mi vieni a dire che devo capire chi amo! Ma sei stupida?» Spalanco gli occhi e apro la bocca, ma non ne esce nessun suono.
Capisco che sia confusa, ma perché deve prendersela con me?
«Isa...»
«No,» mi interrompe di nuovo, «vai, per favore.» Mi indica la porta e aggrotto la fronte, incredula.
«Davvero vuoi che me ne vada?» Annuisce e incrocia le braccia al petto. «Ma sto solo cercando di aiutarti, Belle, non voglio farti arrabbiare.»
«Beh, hai fallito... come ogni volta...» Deglutisco e tengo lo sguardo su di lei, aspettando che dica qualsiasi altra cosa; non può pensare davvero che io fallisca sempre, non lei. Attendo qualche secondo, ma capisco che per lei la conversazione è chiusa e di certo non mi vuole qua.
«Va bene.» Mi alzo e vado a recuperare le mie cose, uscendo poi da casa per andare dalle bambine che stanno ancora giocando.
«Janette, andiamo.» La prendo per mano e la incito ad andare.
«No!» Si divincola dalla mia presa, così la prendo in braccio, mentre continua a lamentarsi.
«Basta, Jane, andiamo a casa.»
«Cativa, cativa!» Batte i pugni sul mio petto e sbuffo, aprendo la macchina e facendola sedere sul sedile, allacciandole la cintura. Lancia un urlo fortissimo e sospiro, entrando anche io.
«Jane, per favore, smettila.» Provo a rimanere calma, ma dopo la frase di Belle mi è davvero difficile.
«Cativa!» urla, trapanandomi le orecchie. La ignoro e inizia a piangere, dimenandosi sul seggiolino.
Non ho voglia di gestire anche i suoi capricci.




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