Sempre (e solo) Problemi

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La settimana prosegue con un ritmo davvero lento.
Mia figlia è convinta che non voglia comprarle una barba, pensa che sia cattiva a non accontentarla. Cosa pretende, che le prenda una barba finta da applicarsi sul mento? E poi che bambina vorrebbe una barba?
Isabelle, grazie al cielo, sta sempre meglio. Ha ripreso Clare con sé, decidendo di provare a dimenticare Marcus. Quel bastardo.
Se solo ci penso mi viene un tale nervoso che andrei personalmente a prenderlo a pugni; anche se con la mia fisionomia, non credo potrei fare più di tanti danni.
Quando l'ho detto a Isabelle, è scoppiata a ridere.
«Davvero vorresti prenderlo a pugni?» ha detto, continuando a ridere. In effetti sarebbe una scena decisamente surreale, oltre che buffa.
L'unica cosa positiva è il fatto che Luke non si è visto, o magari sono io che non ci ho fatto caso. No, ok, ammetto di aver dato una piccola occhiata alla sua postazione ogni giorno, ma di non averlo mai trovato.
Non so cosa mi prenda, ma dalla nostra discussione non faccio altro che ripensare ai suoi occhi e alle sue parole. Non gliene frega più nulla di me, mi ha dimenticata completamente, allora perché voleva costantemente sapere la verità? Eppure sembra che abbia mantenuto la sua promessa. Dopo quel giorno non si è fatto più vivo, letteralmente.
Non capisco solo perché mi dia così tanto fastidio, non capisco perché continuo a cercarlo, non capisco perché continuo a pensarlo e, lo ammetto, l'ho sognato un paio di volte, ma nulla di compromettente o devastante. C'erano solo i suoi occhi chiari, prima vicinissimi a me, poi sempre più lontani; iniziavo a correre e poi mi svegliavo, con il cuore che batteva più del necessario.
Non voglio indagare sul significato.
Lo schermo del mio computer si accende, mostrandomi una nuova mail dal mio capo.

"Buon pomeriggio Amanda,
ho letto il file che mi hai allegato nella mail e concordo a pieno con la tua scelta, anche se avrei una richiesta da farti.
Ho notato come mio figlio stia dando sempre il suo meglio nel lavoro, cosa che credevo impensabile; quindi ho deciso di dargli una promozione.
Ovviamente mi serve il tuo consenso, in quanto sei tu il capo della sede, ma spero che prenderai atto della mia richiesta, facendo ciò che ritieni più opportuno per il bene dell'azienda.
Vorrei che Gregg fosse promosso a direttore generale, al posto di William, mentre costui potresti ubicarlo nella mansione che meglio ritieni adatta.
Spero mi farai sapere presto la tua decisione.
Cordiali saluti,
Victor."

Fisso lo schermo, rileggendo il contenuto della mail, incerta. Ha scritto realmente ciò che ho letto? Vuole spostare William per promuovere il figlio?
E vuole il mio consenso.
Perché di questo si tratta, di una conferma da parte mia.
Come potrei dirgli: No guardi, non posso promuovere suo figlio al posto di William perché è palesemente un favoritismo e poi, essendo che ho avuto una relazione proprio con colui che vuole spostare, rischio di morire?
Benissimo. Qualunque decisione prenda, rischio di perdere qualcosa di molto importante: la vita o il lavoro.
Mi alzo dalla sedia, andando alla finestra e aprendola, riempiendomi poi i polmoni di aria.
Basta, davvero, sono stufa.
Alzo la cornetta e compongo il suo numero, attendendo che risponda.
«Pronto?» Sembra già di cattivo umore.
«Ciao, vieni nel mio ufficio, adesso.» Metto giù senza dargli il tempo di rispondere e mi rimetto seduta, uscendo dalla mail e aspettando.


La situazione non è delle migliori con lui che mi guarda in quel modo, ma io non sono da meno. Non cederò.
«Cosa vuoi?» sputa acido, incrociando le braccia al petto.
«Parlarti.»
«E di cosa, sentiamo.» Assottiglia gli occhi e prende la sedia, spostandola con violenza per poi sedersi.
«Gregg, smettila di fare lo scontroso, qua il capo sono io, non ti conviene fare tanto il gradasso.» La sua risata sarcastica si protrae nella stanza.
«Credi davvero di essere il capo? Ma per favore! Mio padre è il capo, quindi smettila di fare la prima donna!» Digrigno i denti, cercando di mantenere la calma.
«Senti, ho capito che in questo momento non ti sto simpatica, ma tranquillo che la cosa è reciproca.»
«Ti ho chiesto un favore, Amanda, uno solo! E tu cosa fai? Scarti l'unica possibilità che ho!» Sbatte le mani sulla scrivania, facendomi sussultare. Ma che diavolo gli prende?
«Se la tua ragazza ha bisogno di un lavoro può trovarlo altrove! Gregg, non è che non voglio aiutarti, è che non posso!» Lo guardo fisso negli occhi, sperando che capisca la mia posizione; ma dal pugno che tira (di nuovo) al tavolo, credo che non sia così.
«Fanculo! Credi che non ci abbia provato? Certo che l'ho fatto! Entrambi ci stiamo provando, ma non troviamo nulla! E poi cosa vuol dire che non puoi?! Basta darle un posticino ed è finita, cazzo!» Si passa nervosamente le mani nei capelli e io sospiro, adagiandomi allo schienale.
«Gregg... non posso...» Appoggio i gomiti sulla scrivania e mi prendo la testa tra le mani, come faccio a fargli capire che assumere qualcuno adesso non è una scelta ottimale? «Comunque non sei qui per questo...» continuo, nella speranza di cambiare argomento.
«Allora non mi interessa sentire niente.» Si alza violentemente dalla sedia per avviarsi alla porta.
«Tuo padre vuole metterti al posto di William.» La sua figura si immobilizza di fronte all'uscio. Perché l'ho detto? Semplicemente perché è ovvio che il posto debba andare a lui, non posso dire di no al grande capo; in fondo ha ragione Gregg, io non sono proprio il capo di nulla.
«Mi prendi per il culo?» Nego con la testa, con gli occhi puntati su di lui. Sgrana gli occhi e si affretta a tornare verso di me, puntandomi contro l'indice. «Amanda, non osare dirmi delle cazzate! Se fosse vero sarei il primo a saperlo!»
«Tuo padre ha detto che vuole il mio consenso... quindi ora ti siedi e ti calmi, perché dobbiamo parlare seriamente... qua non si tratta di te o la tua ragazza o di stupidaggini... qua stiamo parlando del futuro dell'azienda e se davvero tuo padre mi sta lasciando un margine di decisione, beh, fare così non sarà a tuo favore.» Sbatte le palpebre un paio di volte, abbassando il dito lentamente. Si siede, quasi lasciandosi andare sulla sedia e tirando un sospiro stanco.
«Va bene, parliamo.»


Il weekend arriva, grazie al cielo, facendomi essere grata di potermene stare in pace per almeno due giorni.
Pace si fa per dire.
Jane è ancora arrabbiata perché non voglio prenderle una barba, persistendo sul fatto che sia cattiva.
Davvero, non riesco a capire le sue continue lagne e la sua insistenza; avere una barba a cosa le potrebbe servire, poi?
«Amore, si può sapere perché vuoi insistentemente una barba? Le ragazze non la hanno» le chiedo, mentre entriamo in casa dopo essere state a fare la spesa.
«Pecché voio esele come Luk!» Mette il broncio e mi guarda, lasciandomi completamente interdetta.
«E perché vuoi essere come lui?» chiedo, abbassando notevolmente il tono della voce.
«Pecché è belo! E sipatico! Fa le facce bufe! Quando lo vedo acora?» Si mette a saltellare per la cucina, ridendo e facendo svolazzare i suoi capelli.
Non è possibile. Vuole anche rivederlo?
«Non... non puoi vederlo, amore, non... non puoi...» Appoggio le buste sul tavolo e mi passo una mano tra i capelli.
«Pecché?! Sei una mamma cattiva! Ti odio!» Sospiro e mi siedo, mentre mia figlia sarà già scappata nella sua stanza.
Vuole rivederlo, perché? Si sono parlati una volta sola e immagino che non si siano detti neanche chissà cosa, perché ha così voglia di vederlo ancora? Dannazione!
Ritiro la spesa con un peso sullo stomaco.
Non posso permettere che lui faccia parte della sua vita; è più giovane, è andato avanti, non è in grado di prendersi cura di lei, di noi.
Dopo aver ritirato tutto nel più completo silenzio, mi avvio verso la cameretta di Jane, pensando a cosa poterle dire.
«Cucciola...» Entro nella stanza e mi avvicino al suo letto, da cui sento dei singhiozzi spezzati. «Amore, non piangere...» Mi siedo accanto a lei e le passo una mano tra i capelli.
«Vatene! Ti odio!» Sospiro e la vedo dimenarsi per togliersi le mie mani di dosso.
«Va bene.» Mi alzo e vado verso la porta.
«Mamma...» Mi blocco sulla soglia. «Non ti odio... ma voio il mio papà...» Serro le labbra e stringo la maniglia tra le dita.
«Lo avrai, tesoro... lo avrai...» Esco dalla stanza e mi chiudo la porta alle spalle, pensando alla mia risposta. Lo avrà?


Di nuovo una settimana piena di lavoro.
Stavolta, però, Jane l'ho lasciata con Isabelle, almeno, badando a due piccole pesti, potrà non pensare al tradimento di suo marito; o almeno lo spero.
Parcheggio l'auto e mi dirigo verso il mio ufficio, sbuffando, immaginando già come potrà essere la giornata che mi aspetta.
Appoggio la borsa sull'attaccapanni e mi siedo, accendendo immediatamente il computer; devo mandare la mail di risposta a Victor, in cui approvo lo scambio.
La chiacchierata con Gregg mi ha aiutata a capire molte cose; credo che in questi anni sia maturato davvero, anche se a volte ha ancora quei tratti infantili, ma d'altronde io non dovrei proprio parlare: sono la prima a comportarmi così.

"Buongiorno, Victor.
Dopo averci riflettuto, credo che spostare suo figlio come direttore generale sia la scelta più giusta e adeguata per l'azienda.
Mi dica come e quando devo procedere e mi metterò al lavoro.
Amanda."

Mi appoggio allo schienale e sospiro, espellendo tutta l'aria.
Che sia davvero la decisione giusta?
A che serve pensarci? Tanto non avevo comunque nessuna scelta.
Ora mi resta una sola cosa da fare: dirlo a William.
Non so perché, ma al solo pensiero mi si chiude lo stomaco e mi tremano le gambe, oltre che le mani.
Mi alzo dalla sedia e mi avvio alla porta, deglutendo in continuazione; ci manca solo che mi senta male proprio davanti a tutti. Eppure non capisco la mia reazione, in fondo non può di certo uccidermi.
No, infatti, può solo mettermi le mani addosso e stavolta non ci sarà Luke a salvarmi.
Percorro il corridoio con una lentezza sorprendente, come se ritardando il mio arrivo potessi evitare la catastrofe.
Scorgo la porta del suo ufficio e sento il cuore affondare nel petto, insieme al mio respiro accelerato. Deglutisco un'ultima volta e mi faccio forza, avvicinandomi.
La scrivania di Luke è vuota, come dovevo aspettarmi, e nonostante la cosa dovrebbe rincuorarmi, al contrario, mi fa sentire ancora peggio.
Appoggio le dita sulla maniglia e apro la porta, senza neanche bussare.
Mossa sbagliata.
Scorgo la figura di William in piedi, di spalle, mentre parla al telefono e guarda fuori dalla finestra.
«D'accordo... grazie dottore, grazie mille... le faremo sapere al più presto.» Toglie il telefono dall'orecchio e mi chiudo la porta alle spalle. Subito si volta, guardandomi con un'espressione spaventata. «Amanda? Che ci fai qui?» Ripone velocemente il telefono in tasca e si schiarisce la voce, probabilmente a disagio.
«Dobbiamo parlare, William...» Aggrotta la fronte e mi indica la sedia di fronte alla sua scrivania.
«Sì... certo, siediti.» Faccio come dice, mentre nella mia testa preparo un discorso per comunicargli la notizia senza scatenare la sua ira. Eppure, temo che in un modo o nell'altro, con frasi più o meno dolci, non la prenderà per niente bene.






~
Sì, io e i problemi andiamo proprio d'accordo.
Non so ancora quanto manca alla fine della storia, ma state pronti.
Presto succederà la fine del mondo.
O forse solo la fine di Amanda...
Spoiler? Chi lo sa. 😉

Un bacio :*
~

One Chance [Sequel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora