_capitolo 19_

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Il mattino dopo Jen fu svegliata da Alexandra. Si alzò, si vestì e preparò la valigia.

-A che ora si parte? -

-Alle due, Jen-

Dopo la colazione i ragazzi si riunirono per un'ultima attività insieme.

-Il gioco che vi proporremo si baserà sull' orientamento- iniziò a spiegare la guida – Nei confini della zona del rifugio, ovvero tutti i posti che vi abbiamo fatto vedere il primo giorno. Vi divideremo in due gruppi: i componenti del primo sceglieranno un posto dove andare mentre gli altri li dovranno cercare-

-Il primo gruppo sarà composto da Giorgio, Luca, Angela, Chiara, Sara, Simone, Lorenzo e Giulia-

Lorenzo si sarebbe dovuto nascondere. Jen lo vide spostarsi dal gruppo per mettersi, insieme agli altri, vicino alla guida. Aveva lo sguardo fisso per terra, rideva ogni tanto alle battute dei compagni e scambiava qualche parola.

Insieme a Jen erano rimasti Nicolò, Andrea, Elia e Alexandra e Giulia.

La guida fece astrarre a sorte i nomi dei compagni che ciascuno avrebbe dovuto trovare e un indizio scritto da loro stessi.

Jen estrasse il nome di Simone. Sul foglietto il ragazzo aveva disegnato uno scoiattolo e degli uccellini: si sarebbe nascosto sotto l'albero di mele.

Jen prese una mappa ed iniziò a guardarla mentre i ragazzi che si dovevano nascondere si allontanavano. Notò che i vari "posti magici" si trovavano quasi in cerchio: la quercia si trovava verso nord mentre la fontana a sud, il laghetto verso est e il ruscello ad ovest. La casetta invece si trovava a nord est, in direzione opposta alla pietra dei graffiti che si trovava a sud ovest così come erano in posizioni opposte l'albero di mele che la casa dell'edera.

Jen doveva dirigersi verso nord ovest per raggiungere Simone ma qualcosa le tornò a martellare nella testa: Lorenzo.

Pensò alla lettera. Si insultò da sola, capendo come si era comportata con lui e pensò a come se ne stava da solo lui. Rimaneva negli angoli delle stanze, con lo sguardo sui libri o perso nel vuoto. Uno sguardo triste di chi è ferito, di chi ha perso un nonno ed un' amica. Di chi si è isolato nascondendo le proprie fragilità e non è stato cercato e aiutato da nessuno.

Jen si avvicinò ad Alexandra.

-Ale, chi hai?-

-Ho Sara, tu? -

-Io ho pescato Simone, che ne dici di fare cambio Ale? -

-Okay, va bene-

Jen prese il bigliettino con su scritto Sara e andò da Andrea.

-Chi hai preso tu? -

-Giorgio ... preferivo avere una femmina da cercare-

-Tieni Andre, prendi Sara e io mi tengo Giorgio-

-Hai Giorgio, Jen?!- era Giulia. Jen intravide il foglietto che aveva in mano la sua compagna: c' era scritto "Lorenzo".

-Oh Jen ti prego, facciamo cambio? Lo sai che mi piace un sacco, per favore!-

-Va bene, tieni-

-Non ti farà piacere trovare una certa persona da cercare, ciao!-

-Eh? Cosa? Noooo- fece finta Jen.

Infatti lei aveva cercato di avere il foglietto di Lorenzo e ci era riuscita.

Intanto lui camminava in direzione del ruscello sic uro che nessuno lo avrebbe cercato, che nessuno avrebbe osato avvicinarsi a lui che faceva anche un po' paura a volte con i suoi silenzi. A Jen non interessava più nulla di lui. Sarebbe potuto rimanere un po' in pace, a pensare a suo nonno e magari lo avrebbe sentito più vicino a se. Arrivò al ruscello a si sedette sotto quella specie di casetta-tomba, sotto l'ombra e iniziò a piangere per la commozione, per la paura, per la malinconia, per tutte le emozioni e i sentimenti che gli infuriavano dentro.

Jen intanto aveva accartocciato il foglietto col nome del suo amico ed era partita alla sua ricerca, sicura che lo avrebbe trovato al ruscello. Guardò il sole: era sorto quella mattina alla sua sinistra e perciò lì era l'Est, osservò il muschio che cresceva sugli alberi e individuò il sole. Poi ruotò la mappa e con passo sicuro si diresse verso la sua meta, con il cuore che le batteva forte nel petto: aveva capito cosa le ticchettava nella testa.

-Lorenzo? Lory dove sei?!-

Lui riconobbe quella voce e si alzò senza preoccuparsi delle lacrime che ancora gli rigavano il viso.

-Jen? Sei davvero tu? - la voce gli tremava.

Jen iniziò a correre e quando lo raggiunse gli saltò addossò abbracciandolo. Lorenzo fu colto di sorpresa così barcollò e cadde con Jen stretta fra le braccia.

-Lorenzo scusami, perdonami sono stata una stupida, una cretina, un' idiota, una deficiente. Grazie per tutto quello che hai fatto per me, per i panini, per il racconto che hai appeso a scuola, per tutto-

La voce di Jen era rotta dal pianto e le sue spalle tremavano ma non si alzava, rimaneva tra le braccia di Lorenzo, stringendolo forte.

-Ma cos ... -

-Lory l'altra sera... in camera ... ho trovato la tua lettera, nella valigia, l'ho letta e ... e...-

-E?-

-Ti amo anche io, sei importantissimo per me, scusami , mi dispiace un sacco, mi sono comportata malissimo con te. Ti voglio troppo bene, mi sei mancato tantissimo, lo giuro, solo che non volevo ammetterlo, ero come accecata da qualcosa, non so cosa mi è preso, perdonami, ti prego-.

Lorenzo era sconvolto. Si trovava in un prato sperduto tra le montagne con la sua ex migliore amica in braccio che piangeva sul suo petto chiedendogli perdono.

-Tu sarai arrabbiatissimo con me e magari no vorrai neanche più vedermi, sarai già abbattuto per tuo nonno e non vorrai altri problemi tra i piedi quindi me ne vado-

Tra i singhiozzi Jen sollevò un poco la testa e si asciugò le lacrime.

-Scusami di nuovo, sono stata una stupida, me ne vado-.

Jen fece per alzarsi ma Lorenzo la tirò a se, stringendola tra le braccia. Rimase in silenzio per qualche secondo, cercando le parole che stava per dire.

-Non sono stato e non sono arrabbiato con te. Ti ho sempre aspettato, ho sempre aspettato questo momento, Jen. Tranquilla, sei perdonata, anche se non c'è bisogno di dirtelo- le disse mentre le accarezzava il viso. Jen aveva una pelle così liscia e morbida, anche se ora era bagnata dalle continue lacrime che le scorrevano lungo le guance.

Jen era completamente abbandonata nelle braccia di Lorenzo ed era aggrappata alla sua camicia bianca, come a trattenerlo vicino a lei, per paura che lui scappasse via ma Lorenzo sarebbe sempre rimasto lì per lei a sostenerla e ad abbracciarla con le sue braccia forti.

Si guardarono negli occhi. Avevano i capelli spettinati e pieni di erba.

Jen avvicinò il viso a quello di Lorenzo.

Lorenzo avvicinò il suo a quello di Jen.

E si baciarono. Fu un bacio dolce che sapeva di lacrime. Le emozioni e i sentimenti dei due si mescolarono formando un tornado che radeva tutto al suolo lasciando in piedi solo loro. Sembrava di alzarsi e di volare oltre le nuvole, sensazione nuove provarono Jen e Lory, che erano dovuti crescere e maturare troppo in fretta, che sembravano più grandi di quanto in realtà non fossero ma che in quel momento sembrava che fossero tornati bambini, e che stessero guardando il mondo per la prima volta.

Lorenzo allontanò le labbra da quelle di Jen.

-Cosa succede?-

-C' è un serpente-.

Jen si voltò di scatto, osservò l' animale che stava strisciando proprio sulle gambe di Lory e con non curanza lo prese in mano mostrandolo al suo, ormai, fidanzato.

-È solo una biscia-

Lo rimise a terra e si accoccolò in braccio a Lory appoggiando la testa sulla sua spalla.

Lorenzo non era più triste come prima. Aveva ritrovato la sua Jen, la sua amica che ora era anche la sua ragazza.

Jen, dal canto suo, era ancora più felice di quanto lo fosse prima: si era ricongiunta con Lory ed ora la sua vita aveva avuto una svolta.

Quel ticchettio nella sua testa era cessato perché in testa ora aveva solo Lorenzo.

Piangere, Vivere, SorridereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora