Aeroplani

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 «Eccola! Una stella cadente!» esclamò Rufy, eccitato.
«Dov'è!?» chiese il cecchino, fremente.
«Proprio lì Usop, guarda!» gridò il moro, puntando il dito verso il cielo.
«Ehi non vi agitate! Mi farete cadere!» tuonò Zoro, che era all'estremità di quell'incerto equilibrio di corpi.
«Capirai che botta, marimo. Va bene che hai così pochi neuroni che anche una minima caduta potrebbe sterminarli tutti, ma così mi sembra troppo. Sei su uno stupido materasso a tre centimetri da terra» commentò Sanji.
«Sta' zitto cuoco di merda o taglio a metà te e il materasso» gli rispose lo spadaccino, che stava cominciando ad infastidirsi. Sperai che non nascesse l'ennesima lite.
«Guardate! Lampeggia pure! E com'è lenta a cadere...» Rufy era in estasi.
Risi. Talmente tanto che persino Law si voltò a chiedermi che accidenti avevo da ridere. C'era da dire che averlo steso accanto a me mi dava un brivido di inquietudine.
«Quella non è una stella cadente, Rufy. È un aereo!» ricominciai a ridere. Il capitano dei mugiwara si girò verso di me, perplesso, mettendo in serio pericolo l'equilibrio precario di tutti. «Aereo?» fece confuso.
«Ah già...voi non potete saperlo» riflettei ad alta voce, ricordandomi improvvisamente che gli aerei non esistevano nel loro mondo.
«Spiegaci» mi incalzò Marco.
Rimasi in silenzio per un po'. Non era facile spiegare un concetto come quello a delle persone che non ne avevano nemmeno una vaga idea. Dovevo trovare le parole giuste da usare.
«Avete presente il treno marino?» domandai, incerta.
«Certo!» esclamarono in coro. Le voci di Rufy ed Usop erano un po' più alte ed entusiaste rispetto alle altre.
«Ecco. È un mezzo di trasporto, proprio come il treno marino, ma più veloce» spiegai loro. «Supponiamo che voi doveste passare dall'arcipelago Sabaody nel Nuovo Mondo»
«Veramente già l'abbiamo fatto» mi corresse Usop.
«Sì, lo so, ma era un esempio» sbuffai «Allora supponiamo che doveste tornare indietro»
«E perché dovremmo?» chiese Rufy.
Sbuffai di nuovo. Certe volte erano davvero difficili da gestire.
«Non lo so, fingi che Sabo stia per essere giustiziato a Marineford e tu voglia assolutamente andare a salvarlo» ipotizzai alla svelta.
«Cosa!? Sabo sta per essere giustiziato!? Dobbiamo assolutamente tornare indietro! Non intendo far morire anche lui!» cappello di paglia si agitò, facendo cadere il chirurgo e lo spadaccino - che erano i più esterni - suscitando la loro ira «anche se a pensarci bene...Sabo è perfettamente in grado di cavarsela da solo» sorrise sornione ma un po' pensieroso, ignaro della sua sorte.
«Ma insomma, Rufy!» si arrabbiò Zoro, rialzandosi e spolverandosi la lunga veste.
«Calmati cappellaio. È solo uno stupido esempio» spiegò Law, infastidito ma calmo come al solito. A quanto pare funzionò, perché si calmò all'istante e i caduti poterono risalire in mezzo a quell'accozzaglia. Ancora stentavo a credere che il Chirurgo della Morte avesse accettato di stare con noi, per giunta praticamente appiccicato a me su un materasso.
«Dicevo, fingiamo per un momento che dobbiate tornare indietro. Anziché passare per l'isola degli Uomini-pesce, potreste utilizzare l'aereo e sorvolare la Red Line» ripresi a parlare.
«Non ho capito» fece Cappello di Paglia, confuso.
Sospirai, esasperata.
«D'accordo. Immaginatevi un grosso uccello, capace di portare un centinaio e passa di persone» ritentai stavolta.
«Oh, ma è enorme!» Usop era strabiliato «ma un uccello così grande di cosa si nutre?» domandò poi.
«Di carburante, come la Sunny» lo informai, grattandomi  la nuca.
«Vuoi dire che beve solo cola!?» volle sapere il futuro Re dei Pirati, quasi incredulo.
Giusto. Non avevo considerato il fatto che la loro nave funzionasse con la cola.
«No, non intendevo la cola» mi corressi, sperando che non mi facessero ulteriori domande su quell'argomento, di cui non sapevo assolutamente nulla.
«Carburante? È un uccello alquanto strano» commentò il cecchino, perplesso.
«Già» feci io. Sapevo di aver spiegato male il concetto, ma non sapevo come altro farglielo capire. Non era affatto facile. Soprattutto per una come me, che ero sempre stata una capra nel dare spiegazioni, quale che fosse l'argomento trattato.
«Voglio salirci uno di questi giorni!» gridò contento Rufy. Il mio cuore perse un battito.
«No Rufy...non si può, mi dispiace» dissi, alzando di poco il busto dal materasso e girandomi verso il pirata.
«Perché no?» storse la bocca.
«Perché...è un uccello riservato ai...» mi interruppi a metà. Non sapevo proprio cosa inventarmi per dissuaderlo.
«Nobili mondiali e alla marina» finì la frase Traffy, al posto mio. Non era così stronzo come poteva sembrare a quanto pareva. Me l'ero sempre immaginata un ottimo complice per cose di questo genere, perché almeno lui capiva. Ma quella sera si era decisamente superato. Mi aveva stupita, in positivo ovviamente.
«Tsk. Ti pareva» commentò Zoro, contrariato.
«Non mi importa nulla, io voglio salirci!» esclamò il suo capitano con convinzione.
«Ci arresteranno se saliamo senza permesso» disse Marco, che sapevo che aveva parlato solo perché anche lui aveva capito la situazione. Ero certa che altrimenti non se ne sarebbe curato. Ah, gli amici intelligenti. Era un privilegio averli, di quei tempi. Dovevo tenermeli stretti - metaforicamente parlando, visto che se avessi osato avvicinarmi a Law mi avrebbe fatto a fettine - ed approfittarne.
«Ma se siamo invisibili!» protestò Usop, che evidentemente trovava il coraggio per fare qualcosa di proibito solo così.
«Io no, però! Vuoi far arrestare anche me?» chiesi. Nel porre la domanda cercai di assumere un tono di voce affabile.
«Non ti azzardare a mettere in pericolo Cami-chan! Capito testa di rapa!?» il cuoco si era alzato in piedi e premeva un piede sulla faccia del suo capitano.
«E poi come fareste a ritornare indietro? Sono uccelli molto complicati, per chi non ne è pratico» dissi e con mio grande sollievo Cappello di Paglia si chetò e rinunciò all'idea, continuando a brontolare sottovoce.
«Senti, Cami, ma perché questo "aereo" lampeggia?» mi domandò Usop tutt'a un tratto.
Cercai di pensare ad una risposta intelligente.
«Quando fa buio l'aereo accende delle luci lampeggianti per far capire dove si trova e in quale direzione sta procedendo, evitando così il rischio di collisione con un altro aereo» spiegai, dopo qualche secondo di silenzio.
«Oh, affascinante» si espresse, sinceramente sorpreso «quando torno voglio chiedere a Franky se si possono mettere anche sulla Sunny, queste luci»
«Buona idea» lo supportai.
«Beh, sempre se torniamo» fece il cecchino, pessimista come al solito.
«Torneremo, non ti preoccupare.» affermò sicuro Law, intercettando il mio sguardo colpevole.
«Smettila di affannarti Usop, qui è divertente» Rufy rise, già dimentico di quanto accaduto poco prima e io fui contenta di sapere che almeno uno di loro si stava divertendo. Dovevo ammettere che da quando c'erano loro ero più allegra, persino i miei lo avevano notato. Mia mamma mi aveva chiesto se mi ero innamorata, provocandomi un quasi soffocamento con l'acqua che stavo bevendo sul momento e un conseguente vistoso arrossimento. Ovviamente per coprire l'imbarazzo avevo riso, perché non era affatto così, non mi stavo assolutamente innamorando. Ero solo contenta di averli lì con me. Mi faceva sentire speciale il fatto che io potessi vederli e gli altri no o che potessi decidere se e quando renderli visibili al resto del mondo. E sì, mi sentivo speciale perché una stella aveva esaudito uno dei miei desideri. A dire la verità, non sapevo nemmeno perché mi ostinavo a voler trovare una soluzione a quel problema, che più di tanto problema non era. Almeno per quanto mi riguardava. La parte egoista di me avrebbe voluto incatenarli lì per sempre, perché loro sapevano rendere migliori le mie giornate. E gli bastava così poco per farlo. Ma la mia parte razionale diceva che era colpa mia se erano finiti lì, in quello schifo dove stavo io, e che quindi dovevo cercare e trovare assolutamente un modo per farli tornare a casa. Finora non l'avevo trovato e non si era posto il problema, ma laddove l'avessi fatto, quale parte di me avrebbe prevalso? Sarei stata così tanto cattiva da tenerli all'oscuro di tutto, facendoli rimanere per sempre con me, impedendogli di realizzare i loro sogni? Oppure avrei fatto la cosa giusta, rimandandoli nel loro universo e rimanendo con un pugno di mosche in mano e in preda alla depressione più totale?

Mi alzai da quel giaciglio improvvisato e con un po' di sforzo mi districai da quell'intreccio di corpi. Poi mi diressi verso la portafinestra che faceva da ingresso per il terrazzo su cui ci trovavamo.
«Credo che sia ora che io vada» feci sapere al resto della banda «chi si offre di accompagnare questa giovane fanciulla a casa propria?» domandai ironicamente, consapevole che a parte Sanji nessuno si sarebbe offerto.
«Vengo io» affermò una voce alle mie spalle.
Mi voltai verso il proprietario di quella voce, con un sopracciglio alzato e la bocca leggermente aperta. Dovevo vederlo io stessa. Anche se a dirla tutta, credevo che sia le mie orecchie, sia i miei occhi, avessero fatto cilecca quella sera.
«Tu?» chiesi, incredula.
«Sì, io. Ora sbrigati, prima che cambi idea» ripeté la figura, che iniziava ad infastidirsi.
«Oh, in tal caso fammi prendere l'ombrello, non sia mai che si metta a piovere durante il tragitto» dissi sarcastica.
«Muoviti, stupida ragazzina» mi sollecitò. Nel tempo che io avevo passato a strofinarmi gli occhi e a rimanermene immobile, lui era rientrato, aveva preso le chiavi ed ora stava aspettando sull'uscio della porta.
«Posso fidarmi?» chiesi furtivamente al cuoco.
«Traffy, in fondo, è un bravo ragazzo» mi rassicurò Sanji «mi dispiace di non poter venire con te stasera, bella Cami-chan, ma purtroppo devo lavare i piatti di questi zotici» fece, a metà tra il dispiaciuto e l'infastidito.
«Non ti preoccupare, Sanji. Non c'è problema. Per una sera mi farà bene cambiare accompagnatore» lo tranquillizzai, facendogli l'occhiolino e scherzando sulla situazione.
«Ovviamente, se il chirurgo oserà alzare anche solo un dito su di te, dovrà vedersela con me» dichiarò il biondo, assumendo un'aria minacciosa e chiudendo le mani a pugno. Risi, lo ringraziai e mi diressi verso la porta, dove un'impaziente Law mi stava aspettando.

Qualche minuto dopo, ancora non sapevo come, io ed il temibile Chirurgo della Morte camminavano fianco a fianco. Rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto e per quanto breve, fu piuttosto imbarazzante. Quando finalmente arrivai al portone d'ingresso ed infilai la chiave nella toppa, lui decise di parlare «Domani faremo le ricerche insieme».
«Come?» rimasi interdetta e mi girai verso di lui, ancora con la mano sulla maniglia della porta.
«Voglio risolvere questa situazione al più presto. L'idea non piace neanche a me, ma rassegnati. Ho deciso così.» decretò, facendomi corrugare la fronte.
«No, no fermo. Da quando in qua tu decidi?» mi arrabbiai, ma cercai di darmi un contegno. Era tardi e dormivano tutti ed in più avevo davanti un interlocutore piuttosto difficile e imperscrutabile. Era meglio non rischiare, dato che eravamo pure soli e stavolta nessuno avrebbe potuto salvarmi da un suo possibile attacco.
«Da quando tu ci hai trascinati in questa merda» nonostante le parole pronunciate, il suo tono era distaccato. Su questo, però, non potevo dargli torto.
«E mi dispiace, ok? Ma ci sto provando, con tutte le mie forze» cercai di giustificarmi. La voce mi uscì un po' più affranta di quanto avessi voluto.
«Evidentemente non è abbastanza. Sarò da te domani alle nove. Buonanotte.»
Si girò e si incamminò, lasciandomi sull'uscio della porta come una cretina, a bocca spalancata. «Cosa?» dissi dopo ore. Alle nove? Perché così presto? E mi aveva dato la buonanotte? Oh Cielo. Entrai in casa ancora più confusa di prima. Tanto ormai andava di moda essere confusi, e nella mia testa c'era talmente tanta confusione che ormai la regalavo insieme all'ansia. Due al prezzo di uno. "Sarà meglio che me ne vada a letto. Ho già capito che domani mi aspetta una delle tante altre giornate di fuoco."
Mi infilai a letto e chiusi gli occhi, imponendomi di dormire nonostante la miriade di pensieri che mi vorticavano in testa. Alla fine, dopo un po' fortunatamente mi addormentai.

Stavo facendo un bel sogno. Nuotavo in una piscina di cioccolata con Ian Somerhalder e i delfini, che erano caramelle gommose, quando fui bruscamente svegliata da una luce puntata dritta nelle pupille. Strizzai gli occhi, liberando le palpebre dalla presa della figura che mi aveva appena svegliato. Quando misi a fuoco chi fosse, per poco non mi prese un colpo. Mi portai una mano al petto e mi tirai su, appoggiando la schiena alla testiera del letto. Chiusi gli occhi e reclinai la testa all'indietro, ansimando e cercando di recuperare tutti i battiti che avevo perso. Non era una novità chi fosse, ma ciò non toglie che uno spavento bello e buono me l'ero preso! Non era questo il modo di svegliare la gente, accidenti a lui!
«Co...come...come diav...» cercai di argomentare, non riuscendoci «oh, merda» dissi poi, sospirando. Mi passai una mano tra i capelli e mi allungai verso il comodino, per prendere una sorsata d'acqua dal bicchiere che tenevo sempre lì la notte. Bevvi e mi ripresi.
«Come diavolo sei entrato?» gli chiesi duramente, stavolta riuscendo a trovare le parole.
«Non ha importanza. Sono le nove e sette minuti e sei in ritardo.» rispose lui in tutta tranquillità.
Assottigliai gli occhi e lo fissai con rabbia, scuotendo la testa e digrignando i denti.
«Ma vaffanculo! Prima o poi mi farai impazzire e a quel punto dovrai fartele da solo le tue ricerche del cazzo!» mi alterai e lui sogghignò. Maledetto.
Quella che mi aspettava sarebbe stata una giornata infinita.

Lost boys - ONE PIECEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora