Terrazzo

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«Rufy fai pian...» tentai di dirgli, ma era tutto inutile. Non mi avrebbe ascoltata lo stesso.
«Banzaiiii» gridò quello, accingendosi a fare un tuffo che visto il soggetto si prospettava alquanto pericoloso.
«Attento! Ti farai male!» esclamai io, sinceramente preoccupata.
«Cami-chan, non stare così tanto in pena per lui. È di gomma, ricordi?» mi sollecitò Sanji, sorridendomi gentilmente.
«Già. Ma il pavimento no. Magari lo sfonda e ci tocca pure pagare i danni» feci seria con le mani sui fianchi. Non per niente non ero preoccupata per il moro, quanto per il mio povero terrazzo. Temevo che l'avrebbe distrutto prima che potessi sbattere le ciglia.
«Su quello non posso darti torto» concordò, buttando fuori il fumo della sua sigaretta.
«Ehi Cami! Serve altra acqua!» mi urlò Rufy, allegro.
Guardai la scena pericolosamente infastidita. Cappello di Paglia si annoiava e si lamentava perché non aveva niente da fare, così avevo riesumato dalla cantina la piscinetta in cui sguazzavo quando ero piccola. Era alta trenta centimetri e aveva un diametro di due metri. A malapena ci stava una persona, ma almeno avevo trovato qualcosa da far fare al capitano dei mugiwara, che aveva smesso di lagnarsi anche del caldo. Mi ero fatta aiutare da Marco per trasportarla da casa mia a casa loro e l'avevo fatta gonfiare a Zoro, che dopo qualche scena aveva capito che era meglio darmi retta. A detta sua non era stato faticoso, ma il colore della sua faccia, che era rosso pomodoro, diceva il contrario. Per carità, non lo criticavo affatto, nessun uomo sarebbe riuscito a gonfiarla a fiato. Era lui l'unico che avrebbe potuto farlo, ed infatti l'aveva fatto. Comunque, finalmente tutti potevamo rilassarci e farci un bagno – se così si poteva chiamare – nella "vasca" che avevamo preparato con tanta cura. Peccato che quell'idiota di Rufy era talmente privo di grazia che con un tuffo aveva prosciugato la piscina di tutta l'acqua con cui l'avevo riempita.
«Ma perché non puoi fare un po' d'attenzione!?» grugnii andando ad aprire l'irrigatore. La riempii di nuovo e ammonii Rufy. Pochi minuti dopo mi ritrovai schiacciata tra quest'ultimo e il marimo, bisognoso di farsi un bagno dopo il suo allenamento, che consisteva nel fare all'incirca diecimila flessioni appeso alla ringhiera del balcone. Non che mi dispiacesse vederlo sudato, ma l'idea che si lavasse il sudore nella piccola piscina in cui stavo anche io non mi emozionava tanto. Glielo dissi anche, ma non mi calcolò. Come al solito il suo capitano se ne infischiava altamente, continuando a giocherellare nello spazio ridotto e a schizzare acqua in ogni dove. "Alla faccia che l'acqua lo rende debole" pensai irritata, dopo che uno schizzo mi finì dentro all'occhio. Uscii dopo poco, perché la situazione divenne insostenibile quando anche Usop decise di immergersi. A quel punto non si riusciva davvero a respirare. Presi un asciugamano e me lo passai su tutto il corpo. Per fortuna avevo portato il costume, non mi sarei di certo fatta vedere in intimo da quei matti, sebbene ci fossi andata vicino la prima volta che li avevo visti. Una volta asciutta, misi le ciabatte e rientrai in casa. Dalla cucina proveniva un odore fantastico. Nel frattempo che quegli idioti facevano a gara a chi poteva schizzare l'acqua nel punto più distante, Sanji era rientrato e si era messo a cucinare.
«Ah, Cami-chan, hai già fatto il bagno?» mi chiese, voltandosi appena verso di me. Era intento a trafficare con qualche ingrediente di cui non ero a conoscenza.
«Sanji-kun» gli sorrisi, era sempre premuroso con me «sì, ma sono uscita presto perché eravamo in troppi» gli spiegai poi.
«Quegli idioti! Non hanno un minimo di tatto! Adesso ci penso io Cami-chan» detto questo abbandonò i fornelli per dirigersi verso il terrazzo a passo deciso, ma io lo fermai.
«Non ce n'è bisogno, Sanji. Tanto sarei uscita comunque» mentii, ma quello era l'unico modo per evitare l'ennesima litigata. Lui mi guardò negli occhi per qualche secondo, poi diede un'occhiata fuori e infine si convinse che era come gli avevo detto e tornò a cucinare. La verità era che avrei potuto stare ore e ore immersa nell'acqua, da quanto stavo bene. Se avessi potuto respirare sott'acqua, nessuno mi avrebbe più rivisto. Se pensavo che nel mondo di One Piece alcuni si perdevano per sempre la gioia immensa che si prova nel nuotare o semplicemente di galleggiare, diventavo triste per loro.
«Che stai preparando di buono?» chiesi dopo un po' di silenzio, quasi con la bava alla bocca.
«Crostatine di ciliegie» mi rispose, intento ad infornare un vassoio. Già mi pregustavo il momento in cui le avrei assaggiate.
«Tra quanto pensi che saranno pronte?» domandai impaziente.
«Tra una decina di minuti» fece, impostando i gradi ed il timer.
Emisi un verso simile a un lamento e lui se ne accorse, perché mi domandò se intanto volevo andare ad assaggiare la marmellata. Io ovviamente annuii e in men che non si dica gli fui accanto, con la stessa espressione di un cagnolino che rivede il suo padrone dopo tanto tempo. Ne prese una cucchiaiata dal recipiente e mi imboccò. Mi venne da ridere perché in quel momento saremmo potuti sembrare una coppietta di innamorati, ma l'unica cosa di cui ero innamorata era di quella marmellata di ciliegie. Dire che era sublime era dire poco. A quel punto, dato che il biondo aveva infornato i dolci, non potevamo far altro che aspettare e sperare che al suo capitano non ne arrivasse l'odore. Decidemmo quindi, di comune accordo, di uscire fuori a goderci un po' di sole prima che avvenisse l'assalto alle crostate. Una volta in terrazza, non mi piacque per niente ciò che vidi. Acqua ovunque, tubo aperto, ma soprattutto, la cosa che mi fece perdere più di un battito, era che all'estremità di quel tubo c'era Rufy. Rabbrividii solo al pensiero che avesse lui il "potere", anche se non ebbi il tempo di pensare a niente perché un getto d'acqua gelida si riversò su di me. Rimasi lì impalata, ad occhi e bocca spalancati, con l'acqua che mi colava dovunque, non perché fossi stupita o non sapessi cosa fare, ma perché ero troppo furiosa per fare qualsiasi cosa.
Abbassai la testa per poi rialzarla lentamente con la bocca piegata in un sorriso poco raccomandabile e l'indice accusatorio puntato verso di lui.
«Tu. Tu la pagherai per questo.» non lo dissi in maniera cattiva, quanto piuttosto divertita. Alla fine, zuppa fino ai piedi o no, ero felice.
«Cami-chan. Fatti da parte.» Sanji si parò davanti a me, e non aveva per niente un'aria rassicurante. Sarei scappata a gambe levate se solo non avessi voluto godere alla vista della scena di Rufy che veniva gonfiato come un tamburo. Prima di scattare, il biondo buttò a terra il mozzicone di sigaretta che stava fumando prima dell'inondazione. Era completamente bagnato e quindi non si poteva più fumare, doveva essere quello ad averlo fatto arrabbiare tanto.
«Mollusco idiota!» gli strillò ad un paio di centimetri dalla faccia appena prima di prenderlo per la camicia e scuoterlo talmente forte che se non fosse stato di gomma gli avrebbe spezzato il collo dopo due secondi. Poi si mise a tirare calci, che il suo capitano schivava prontamente. Nella colluttazione, ne approfittai per prendere il tubo in mano con l'intenzione di chiuderlo. Anziché girare il rubinetto però, volli fare qualcosa di folle che mi sarebbe costato caro. Indirizzai il getto dell'irrigatore verso il moro, per vendicarmi. Non realizzai che se Rufy e Sanji – che lo stava inseguendo per tutta la terrazza da cinque minuti buoni – si spostarono appena in tempo, la figura dietro di loro non lo fece, ritrovandosi più bagnata dell'acqua stessa.
«Oh oh» disse il cuoco, indietreggiando cautamente.
«Oddio, oddio, oddio» Usop si mise le mani nei capelli e scappò a nascondersi in casa.
«Brutto affare» commentò Marco – ricomparso chissà da dove – con la fronte aggrottata e le braccia incrociate, ma sempre con quella leggera arroganza tipica di lui.
«Oh merda.» mi scappò «Ti prego risparmiaci, è stato un incidente» lo pregai, alzando le braccia ai lati della faccia in segno di resa. Mi sembrava che però le mie suppliche fossero vane.
Trafalgar D. Water Law si era alzato dalla sdraio su cui era seduto e ora avanzava minaccioso verso di noi. Se non era un presagio di morte quello, allora tutte le mie certezze erano sbagliate.
«Mi avete stufato. Fate troppo rumore.» dichiarò, freddo ma allo stesso tempo intimidatorio.
«Scusaci, ti prego scusaci!» gridai «ti compro un giornale nuovo, tutti i libri che vuoi, ma ti prego non farmi del male» lo implorai. Una ruga d'angoscia era comparsa sulla mia fronte. Avevo talmente tanta paura che potesse ridurmi letteralmente in pezzi, che quasi mi sarei inginocchiata davanti a lui e mi sarei prostrata ai suoi piedi.
Non disse niente per un po'. Pensai di essere riuscita a corromperlo e osservai il giornale riverso sul pavimento, tutto zuppo. Mi interrogai ancora una volta su che tipo di articolo stesse leggendo il medicastro, rinunciandoci dopo poco. Era così imprevedibile che poteva essere cronaca nera come gossip.
«Room» udii.
«Cos...» provai a dire. Fu un attimo. Vidi la sfera bluastra avvolgerci e sgranai gli occhi, quasi in preda a un attacco di panico. Saremmo morti tutti.
«Shambles» annunciò il chirurgo, in tutta tranquillità.
"Oh no, non di nuovo" fu tutto ciò che riuscii a pensare lucidamente prima di andare in confusione, memore del nostro primo incontro. Mi preparai a fare ciao ciao al mio adorato cuoricino, ma rimasi notevolmente sconvolta quando vidi che nessuno di noi si era mosso dal proprio posto e nessuno di noi aveva un buco nel petto. Sentii solo una spinta in avanti e vidi qualcosa di rosa farsi strada davanti a me. Poi tutto tornò normale, Law ritirò la room e potemmo tutti tirare un sospiro di sollievo. Ma Trafalgar Law non faceva mai le cose a caso. Non avrebbe mai attivato il suo potere solo per intimidire la povera, piccola ed indifesa Cami. Ne ebbi la conferma quando udii Sanji imprecare. Mi girai verso di lui e imprecai a mia volta. Ciò che vidi non mi piacque affatto. Assottigliai gli occhi per capire se quello che avevo visto era un miraggio, ma purtroppo era tutto reale.
«Woooow!» esclamò meravigliato Rufy. Io scossi la testa sconsolata, sull'orlo delle lacrime.
«Ti prego» caddi in ginocchio verso il dottore «ridammi il mio corpo» supplicai. Quel bastardo ci aveva scambiato i corpi. Avevo visto me stessa, ecco perché avevo imprecato. Solo che la Camilla che avevo visto aveva una voce decisamente poco femminile. E potevo anche capirlo, visto che nel mio corpo c'era Sanji. Nel suo c'era Rufy, mentre io ero finita in quello del moro.
«Torao, dai retta a Cami» fece Sanji molto serio. Poi chinò la testa sulla "novità" e il suo viso si illuminò «a pensarci bene, potresti anche aspettare qualche ora prima di restituirci i corpi» quasi sbavò nel dirlo. Feci un'espressione disgustata. Il pensiero che per chissà quanto il mio fragile corpicino sarebbe stato la dimora del biondo mi affliggeva parecchio.
«Lo abbiamo perso...» commentò Marco, che ormai aveva imparato a conoscere i suoi temporanei compagni di avventura e ora aveva la faccia divertita più che mai. Gli avrei dato un pugno. Avrei dato un pugno a tutti, per la verità.
«Guardate come tiro i calci!» gridò Rufy– che era nel corpo del cuoco– entusiasta.
«Non sulla ringhiera Ru...» non completai la frase che si sentì un botto tremendo.
«Oh, merda!» esclamò subito il marimo, allarmato «e adesso io dove mi alleno!?»
«Ah ecco...ti dispiaceva esclusivamente per la ringhiera...» commentò Usop.
«Che botta» si espresse la Fenice.
Il capitano dei pirati di cappello di paglia aveva sfondato la ringhiera con un calcio ed era caduto giù dal terrazzo.
«Quell'idiota! Si farà ammazzare, anzi, mi farà ammazzare!» urlò Sanji. Ancora mi faceva uno strano effetto sentire la sua voce provenire dalla mia bocca.
«Ragazzi! Non potete immaginarvi! È stato stupendo, posso rifarlo?» poco lontano e più in basso rispetto a noi, si sentì una voce. Rufy era vivo e vegeto fortunatamente. Quando  ci avvicinammo alla ringhiera distrutta e guardammo giù, notammo che sorrideva pure ed era esaltato.
Sanji – o più correttamente io – grugnì e gli poggiai una mano sulla spalla, che in realtà era la mia. Mi sembrava di stare vivendo un'esperienza mistica.
«Per fortuna hai la pelle dura» cercai di tranquillizzarlo.
«Se lo prendo, io...» non riuscì a finire la frase, tanto era arrabbiato.
Feci un passo di lato, allontanandomi dal cuoco, d'altronde disgraziatamente c'ero io nel corpo del suo capitano e non si poteva mai sapere. Non che non mi fidassi, non avrebbe mai picchiato una donna. Tuttavia io tecnicamente in quel momento non ero una donna.
«Ehi, come ci torno su?» ci richiamò il moro.
«Sarà meglio che non torni, Rufy!» lo avvertì il cecchino, sporgendosi affinché sentisse e capisse meglio il concetto.
«Usa lo skywalk» consigliò il proprietario del corpo in cui stava. Del resto, chi meglio di lui poteva conoscerlo? Lo aspettava al varco, ma non aveva capito che rischiava più lui che Rufy.
Sospirai. Se ero in quella situazione, tanto valeva trarne vantaggio.
«Fatemi provare una cosa» dissi e tirai un braccio all'indietro per poi allungarlo in avanti. Funzionava! Potevo allungare il braccio come Rufy!
Mi lasciai sfuggire un'esclamazione di sorpresa. I miei occhi erano pieni di meraviglia. Dopo un paio di minuti in cui mi divertii a far gongolare quelli che erano diventati i miei nuovi arti, decisi di farmi avanti.
«Lasciate che ci pensi io» feci, consapevole che se il moro avesse provato a risalire con lo Skywalk avrebbe fatto ancora più danni e l'ira del cuoco sarebbe aumentata.
Non era affatto facile controllarlo e dovetti riprovarci un paio di volte prima di riuscire a indirizzare il braccio nella giusta direzione. Alla fine, con mia somma soddisfazione, riuscii a recuperarlo e a tirarlo su. Non sentivo nemmeno il peso. Dopotutto, lui era Mokey D. Rufy, non c'era bisogno di ricordare tutte le sue imprese per capire quanto fosse forte. Ma la mia felicità durò ben poco, perché mi ricordai del buco che c'era sulla ringhiera e iniziai a piagnucolare e poi a rincorrere quella testa di rapa che l'aveva sfondata.
«Posso aggiustarla» intervenne Law ad un certo punto.
«Sul serio!?» ero stupita da tale affermazione, soprattutto perché proveniva da lui, che di solito se ne fregava altamente. Del resto, però, lui ci aveva messi in quel casino e lui avrebbe dovuto rimediare.
«Sì, dammi cinque minuti» asserì. Fu così che lo lasciammo fare, nella speranza che non ci tirasse qualche altro brutto scherzo.

Venne fuori che Traffy, oltre a essere un ottimo chirurgo e uno stronzo di prima categoria, era anche un eccellente fabbro. I suoi poteri gli permettevano di fare quasi tutto. Per il resto c'era Mastercard.
Fu un pomeriggio memorabile, quello. Dopo aver minacciato varie volte Sanji di stare lontano dalle mie zone intime, finalmente ritornai nel mio caro, vecchio corpo. Tutto grazie a un piccolo –e sottolineo piccolo– ricatto. Avevo semplicemente detto al chirurgo della morte che se non fossi tornata nel mio piccolo e fragile corpicino, non avrei fatto in modo di esaudire gli altri due desideri e di conseguenza lui non avrebbe mai più fatto ritorno sul suo stupido sottomarino giallo. Lui aveva emesso un suono simile ad un grugno e poi era stato costretto a fare come gli avevo chiesto. Si poteva dire che avessi vinto quella battaglia. Ovviamente, però, avevo imparato la lezione. Ciononostante non ero affatto terrorizzata, non più almeno. Ero stata nel corpo del futuro Re dei Pirati! Quanti potevano dirlo, a parte Rufy stesso? Avevo indossato il suo cappello e usato i suoi poteri, questo sì che era un privilegio! E in più mi ero anche gustata le crostate alle ciliegie che aveva cucinato Sanji, con uno stomaco extralarge. Quella era pura vita. Per concludere la giornata, stavamo aspettando che ci consegnassero la cena a domicilio. Mi stavano raccontando del Davy Back Fight quando qualcuno suonò alla porta.
«Pizza!» esclamai battendo le mani e ridestandomi. Presi il portafoglio poggiato sul tavolo e andai alla porta. Mi sorpresi nel sentire che le mie gambe arrancavano un po'. Erano state per metà pomeriggio quelle di Sanji Gamba Nera e non c'era da stupirsi se io, che mi stancavo a fare due rampe di scale, non avevo retto il confronto. Senza contare poi gli innumerevoli inseguimenti che erano avvenuti in quell'afoso giorno. Nonostante mi sentissi il corpo pesante, andai ad aprire con il sorriso, e non solo perché dall'altra parte della porta c'era la cosa che adoravo di più al mondo, ma anche perché quella era stata una bella giornata, che nel bene e nel male avrei sicuramente ricordato. E anche se al momento non lo sapevo, la notte sarebbe stata ancora meglio.





Angolo autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui, con questo capitolo diciassette che spero vi sia piaciuto. Non so come mi sia venuta l'idea di Law fabbro, ma qualcuno doveva pur aggiustare la ringhiera in qualche modo, quindi perché non dare sfogo alla propria immaginazione? :D Detto ciò, volevo avvisarvi che dal prossimo, i capitoli saranno più introspettivi e meno comici. Spero comunque che vi facciate qualche risata e che li apprezziate. Ringrazio chiunque abbia seguito la storia fino a questo punto e continuerà a seguirla e tutti coloro che mi hanno lasciato uno o più commenti. Mi auguro che continuiate a seguire la storia e a commentarla perché questo mi sprona a dare il meglio di me!
Alla prossima! :)

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