«Law! Che cosa le hai fatto!? Se scopro che hai fatto del male alla bella Cami, io...» gridò una voce che mi parve di riconoscere. Sembrava molto agitata.
«Fermo Sanji, aspetta! Forse non dovremmo entrare...» tentò di dire un'altra voce, più bassa e titubante rispetto alla precedente.
Aprii gli occhi di scatto e mi tirai su. Mi accorsi di essere sudata e di avere le guance bagnate. Ansimavo, ansimavo terribilmente, mentre dalla porta provenivano rumori sinistri. Mi portai una mano alla gola, memore della recente sensazione di soffocamento e l'altra sulla guancia, che ancora bruciava per la ferita infertami. Ma non c'era niente sulla guancia. Così come sul braccio, sulla gamba e sullo stomaco.
«Si può sapere che hai da strillare tanto?» chiese una terza voce, piuttosto infastidita. Mi voltai alla mia sinistra. Law mi guardava con la schiena appoggiata alla testiera, le braccia incrociate e lo sguardo serio. Sollevai le sopracciglia, confusa e perplessa. Stava bene. Io stavo bene. Ma non potevo essermi immaginata ciò che era appena successo, erano sensazioni troppo forti per poter essere solo immaginate. Avevo fantasia, ma non fino a tal punto. Che stava succedendo?
Dovetti presto interrompere le mie riflessioni, perché Sanji entrò con una foga che pensavo avrebbe sfondato la porta, con Usop e Marco al seguito. Tutti e tre avevano la faccia preoccupata. Aggrottai la fronte, ancora più perplessa.
«Cami-chan stai bene?» mi chiese il cuoco, apprensivo.
Abbassai lo sguardo e presi un respiro profondo. Non sapevo cosa rispondere. Poi, mi asciugai le guance e alzai la maglia per controllare ancora una volta che sul mio fianco sinistro non ci fosse nessuna ferita. E non c'era. Non c'era niente. Eppure io continuavo a sentire il dolore. Scossi la testa, consapevole che doveva essere stato solo un incubo.
«Sì...sì. È stato solo un brutto, bruttissimo sogno a quanto pare» risposi infine, continuando a fissare un punto imprecisato in fondo al letto. Sentii il biondo tirare un sospiro di sollievo. «Eravamo molto preoccupati. Ti abbiamo sentito urlare e pensavamo che Traffy ti avesse fatto qualcosa, sadico com'è» confessò facendo un mezzo sorriso e grattandosi la nuca in segno di imbarazzo.
«Beh, dato che è tutto a posto, io me ne torno a dormire. Buonanotte» fece Marco, per poi salutarci rapidamente con un gesto della mano, girarsi e andarsene – per modo di dire visto che il divano non era a più di dieci metri da lì – seguito da Usop che si rilassò e ci augurò la buonanotte.
«Mi dispiace per aver dubitato di te Traffy» si scusò Sanji.
Lui alzò semplicemente le spalle, noncurante, con l'aria di chi era stato infastidito molto di più dalle urla – le mie urla, per la precisione –che avevano interrotto il suo pacifico riposo.
«Vuoi raccontarmi il sogno?» chiese poi il cuoco, rivolto a me.
«No, no. Nemmeno me lo ricordo più» affermai con convinzione. Sperai che il pirata non si accorgesse che stavo mentendo. Del resto, un sogno del genere non si scorda facilmente. Sospettavo che non me lo sarei mai dimenticato. Era troppo reale per essere solo un sogno.
«D'accordo» asserì, in un sospiro. Probabilmente non lo avevo convinto del tutto. «Hai bisogno di qualcosa?» domandò subito dopo.
Scossi la mano in segno di negazione e mi accorsi che tremava. La richiusi a pugno per non farlo vedere e salutai il cuoco, che finalmente si richiuse la porta – che era ancora attaccata ai cardini per fortuna – alle spalle e tornò al suo materasso.«Mi dispiace di averti svegliato» comunicai al moro dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, sinceramente dispiaciuta.
«Lo avevo messo in conto. Quando si ha a che fare con pazienti con febbre alta possono capitare allucinazioni molto vivide seguite da urla» mi rispose, ghignando appena. Alzai un sopracciglio.
In un'altra occasione mi sarebbe venuto da ridere. E così adesso ero una sua paziente? Sempre meglio di niente.
«Non era un'allucinazione. Era come se fossi lì» mi affrettai a dire. Il ricordo di quell'incubo mi fece rabbrividire e scesi dal letto in direzione del bagno. Mi ci volle un po' per trovare stabilità. Tra la febbre e lo shock per l'incubo, non era affatto facile stare in piedi. Alla fine, per fortuna raggiunsi la mia meta e riuscii a lavarmi le mani strofinandole bene con il sapone. Ancora mi sembrava di avere il sangue di Law incrostato sulle dita. Mi ricordai della scena in cui Rufy si sente ancora addosso il sangue del fratello ormai defunto. Non potevo capirlo appieno ma di certo doveva essere stato orribile. Ed il ricordo doveva essere ancora peggio. Sospirai un paio di volte, nel tentativo di scacciarmi dalla mente tutte quelle immagini raccapriccianti. Una volta finito mi sciacquai la faccia. Andavo a fuoco e non solo per la febbre, ma anche per l'agitazione che quel sogno mi aveva messo. Mi guardai nello specchio sopra al lavandino. Avevo davvero una faccia sconvolta e stanca. Controllai ancora una volta che il collo non fosse rosso. Non lo era. Doflamingo non mi aveva mai sfiorata. Inspirai ed espirai profondamente per poi appoggiare due dita alla tempia e chiudere gli occhi.
«È solo un brutto sogno. È solo un brutto sogno. È solo...un brutto sogno.» sussurrai tra me e me a voce bassissima.
«Te l'ho detto, è normale avere dei sogni vividi di questo tipo quando si è nella tua condizione».
Sussultai – un'altra volta tanto per cambiare – e mi girai con una mano posata sul petto in segno di spavento. Appoggiato allo stipite della porta c'era il chirurgo sempre con la sua espressione impassibile, anche se mi sembrò un po' assonnata.
«Condizione? Addirittura?» chiesi ironicamente, sbuffando una risata e incrociando le braccia al petto.
«Uso solo i termini appropriati» precisò lui, impassibile.
«Certo, certo...» commentai, con la faccia di chi ha perso le speranze. Per un po', ci guardammo negli occhi. Lui continuava a fissarmi ermetico ed indecifrabile come sempre. Non capii subito cosa voleva. Poi, ci arrivai.
«Il bagno è tutto tuo» lo informai, indicando con il pollice un punto imprecisato alle mie spalle. Lui annuì debolmente. Era un atteggiamento che non era tipico di lui. Di solito mi avrebbe guardato male e mi avrebbe sollecitato ad andarmene, per poter usare il bagno in santa pace. Lui odiava perdere tempo. Invece, aveva pazientemente aspettato che io capissi. Aveva avuto la delicatezza di attendere. Forse aveva anche lui un lato umano. Aveva capito che ero sconvolta.
Mi staccai dal lavandino – al quale mi ero temporaneamente appoggiata per guadagnare un po' più di stabilità –guardandolo storto e mi diressi fuori dal bagno, per rimettermi al caldo sotto le coperte.
Sentii lo sciacquone tirare, l'acqua del lavandino scorrere e aspettai che il medicastro facesse la sua comparsa.
«A me non interessa cosa hai sognato» cominciò lui, freddo.
«Sì, l'avevo capito» replicai io, assottigliando gli occhi e annuendo un paio di volte.
«Ma vorrei capire per quale motivo stavi urlando il mio nome così disperatamente».
Lanciò la bomba con così tanta disinvoltura che il mio cuore smise di battere per qualche secondo.
Abbassai le palpebre. Eppure avrei dovuto aspettarmelo. Era prevedibile che urlassi il suo nome. Nel sogno stava morendo sotto ai miei occhi, accidenti a lui!
Non risposi subito. Gli diedi il tempo di rimettersi a letto. Mi girai a pancia in giù, con la faccia sul cuscino rivolta verso di lui.
«Semplice. Ho sognato che rimanevo bloccata con te su un'isola deserta per sempre. Non c'era modo di andarsene, né di uccidersi» gli spiegai, cercando di sembrare il più allegra e convincente possibile. Non volevo raccontargli del mio incubo, mi avrebbe presa sicuramente per pazza. Eppure qualcosa mi diceva che avrei dovuto dirglielo. In fondo, nel sogno c'era anche lui, e io stavo provando un'inquietudine che poche volte nella mia vita avevo provato.
«In tal caso sarebbe stato un incubo più per me che per te» commentò, acido come al solito, tuttavia con un mezzo ghigno dipinto sulla faccia.
Sbuffai una risata, auto-convincendomi che avevo fatto solo un brutto sogno più reale degli altri. Era tutto ok.
«Comunque, ne parleremo domani, adesso riposati e cerca di non assordarci con i tuoi ululati» mi raccomandò, facendomi scappare un piccolo sorriso.
«Ci proverò. Buonanotte» risposi semplicemente, ancora troppo inquieta per le sensazioni che avevo provato nel sonno.
Law si sporse per spegnere la luce e in breve si addormentò. Il suo respiro regolare scandiva il tempo.
Il resto della notte passò di merda. Ci misi un'eternità per addormentarmi, e quando lo feci non sognai niente. Mi svegliavo ogni mezz'ora in preda all'ansia e non capivo se il fatto che non sognassi era perché dormivo così profondamente da non accorgermi di stare sognando o perché ero in una sorta di dormiveglia che mi impediva di fare sogni. Comunque la si metteva, non me la passavo tanto bene, soprattutto perché ad aggravare la mia situazione c'era anche la febbre, che mi faceva sentire la testa estremamente pesante.
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Lost boys - ONE PIECE
FanfictionCosa fareste voi se vi ritrovaste all'improvviso in casa sei personaggi del vostro manga/anime preferito? E se a complicare le cose ci fosse il fatto che siete gli unici che riescono a vederli? Cosa sarà successo? E soprattutto come faranno a tornar...