Ricerche

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Alla fine mi alzai. Piuttosto incazzata e controvoglia, ma mi alzai. Mi aveva praticamente obbligato, quel bastardo.
«Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare?» chiesi, giusto per cortesia, mentre alzavo le tapparelle.
«No. E nemmeno tu. Mangerai quando abbiamo trovato quello che cerchiamo.» affermò tagliente.
No. Così era troppo. Nemmeno fosse stato Mihawk, che aveva proibito a Zoro di bere fin quando non fosse riuscito ad usare correttamente l'Haki. Privarmi del cibo, no. Privarmi del mio, amatissimo cibo avrebbe portato a risultati pericolosi.
«Trafalgar D. Water Law.» lo chiamai. Lui si irrigidì e strinse la mano a pugno. Sfortunatamente, non vidi la sua espressione perché mi dava le spalle. Dopo che ebbe disteso le dita, si girò verso di me.
«Come sai il mio vero nome?» mi chiese, con estrema calma. Tuttavia si vedeva che lo avevo turbato, anche se solo in minima parte.
«Te l'ho detto. Io so tutto di voi» dichiarai, facendo un sorriso di sfida.
«Ciò che sai non deve uscire dalla tua bocca, chiaro?» quasi mi minacciò.
«Puoi stare tranquillo» lo rassicurai e intanto ridacchiai tra me e me. I fatti suoi li sapeva mezzo mondo, del resto e non sarei stata di certo io a dirglielo.
«Mettiamoci al lavoro» mi sollecitò, distogliendomi dai miei pensieri.
«Se permetti, prima vado a fare colazione. Il mio cervello non funziona bene a stomaco vuoto» dissi, risentita.
«Fai in fretta» mi intimò. Stava già cominciando a perdere la pazienza.
"Andiamo bene" pensai sbuffando. Davanti a noi avevamo una mattinata lunga e impegnativa. Se iniziava a spazientirsi già da ora, non ne saremmo usciti vivi. Però a quanto pareva avevo trovato un modo per poterlo avere in pugno. Ottimo. D'altronde non si poteva negare il nutrimento ad una ragazza.
Sorrisi per tutto il breve tragitto da camera mia alla cucina e una volta arrivata, spalancai lo sportello della dispensa in cerca di cibo. In realtà gli avevo rifilato una bugia. Non facevo quasi mai colazione e di certo non avevo voglia di farla quel giorno, mi serviva solo un pretesto per perdere tempo. L'idea di passare la mattinata con il chirurgo della morte non mi allettava per niente. Sgraffignai dallo scaffale un pacco di biscotti e tornai nell'altra stanza, trascinando i piedi. Il mio amico del cuore nel frattempo si era già sistemato, aveva acceso il computer – io ancora avevo problemi a farlo – e aveva bellamente occupato la mia sedia. Nemmeno si girò, mi ordinò solo di inserire la password. Presi la sedia dall'altro lato della scrivania e gli diedi un colpo di fianchi che lo spostò quanto bastava per farmi entrare in quello spazio angusto. Avevo sbagliato tre volte la parola d'accesso e Law mi squadrava come se fossi ebete. Gli avrei anche dato ragione, se non fosse stato lui l'artefice di quello sguardo arcigno. Mentre tentavo per la quarta volta, inaspettatamente mi rivolse la parola.
«Seconda Stella a Destra, eh?» chiese.
Mi voltai leggermente verso di lui. Un sorriso beffardo aveva fatto capolino sul suo viso. Lo guardai di traverso e poi scossi la testa, ghignando a mia volta.
«Stavi ascoltando» constatai, distogliendo lo sguardo da lui.
«Stai premendo il tasto T da due minuti buoni» mi avvisò poco dopo. A quel punto spostai gli occhi sulla tastiera del computer e mi accorsi che era come aveva detto. Non me ne ero nemmeno resa conto. Fui costretta per l'ennesima volta a cancellare la password e alla fine, al quinto tentativo, ce la feci. Non volevo dargliela vinta, però.
«Allora anche tu hai problemi d'insonnia» tornai alla carica dopo qualche istante di silenzio.
Non rispose, ma io lo braccai. Mi girai con tutto il corpo verso di lui e con il viso poggiato sulle mani e le mani a loro volta poggiate sulle ginocchia, cominciai a fissarlo, con la faccia di una bimba curiosa. Lui teneva gli occhi incollati allo schermo del computer e fece per allungare una mano verso la tastiera ma io fui più veloce. Con uno scatto fulmineo chiusi il pc, e fortunatamente il chirurgo fu abbastanza veloce da levare il braccio, che altrimenti avrebbe sicuramente fatto una brutta fine. Quel braccio aveva passato certamente momenti migliori rispetto agli ultimi tempi. Comunque io non avevo intenzione di schiacciarglielo, volevo solo andare fino in fondo alla questione.
«Riapri il computer» mi intimò secco.
«No. Non finché non ammetterai che soffri d'insonnia» dichiarai, tagliente ma anche compiaciuta per quella mia piccola vittoria.
«Peggio per te» disse piano «staremo qui più tempo».
Quella frase non mi piacque affatto. Prima o dopo avrebbe dovuto lasciarmi andare, volente o nolente.
«Sarà peggio anche per te, perché dovrai sopportarmi di più» gli feci sapere dopo un po'. Sogghignai e lo guardai di sottecchi, in attesa che replicasse.
«Stavo dormendo. Le vostre fastidiose voci mi hanno svegliato» affermò con insolenza.
Mi girai del tutto verso di lui e spalancai teatralmente la bocca.
«Ma tu senti! Non provare a dare la colpa a noi!» esclamai,  sforzandomi di non scoppiargli a ridere in faccia. Il mio divertimento cresceva a ogni sua frase. «Parlavamo pianissimo e dal salotto nessuno poteva sentirci, nemmeno tu».
«A quanto pare posso» fece, contrariato.
«Ammetti che non riuscivi a dormire e finiamola qui, Traffy» gli consigliai. Sembrava che si stesse arrampicando sempre di più sugli specchi. Non me lo aspettavo da uno come lui.
Riportai lo schermo del computer a 90 gradi e vidi il Chirurgo della Morte rimanere immobile a fissare lo sfondo del desktop. "Oh, merda" pensai mentre mi mordevo un labbro e strizzavo le palpebre. Mi ero scordata di Cora-san! Maledizione. Nella confusione della sera precedente non ci avevo minimamente ripensato e mi ero dimenticata di cambiare quella foto, che adesso era in bella vista davanti allo sguardo impassibile, seppur leggermente turbato, del medico. La osservai anche io. L'immagine ritraeva Law, sdraiato, con le mani sugli occhi e un'espressione affranta. Due lacrime spuntavano da sotto i palmi e gli rigavano le guance. La figura sbiadita ed eterea di Corazòn, in ginocchio, lo sovrastava. Il viso non si vedeva, entrambe le sagome erano in parte tagliate, ma si poteva scorgere chiaramente il braccio allungato verso il volto del suo figlioccio, le dita del biondo sovrapposte a quelle del moro, quasi come se lo stesse toccando. Al centro appariva la scritta: "I miss you". Da una parte stavano il cappello maculato e la nodachi. Mi morsi di nuovo il labbro, in attesa, e per un po' nessuno dei due disse niente. Non sapevo bene che fare in quella situazione. Poi, Trafalgar girò la testa verso di me.
«Non mi piace dormire» mi confessò con distacco.
«Capisco. Ecco perché eri sveglio» ribattei, annuendo ripetutamente. Avrei voluto aggiungere "e origliavi le nostre conversazioni", ma non mi sembrava il caso.
«Quando si dorme si perde il senso del tempo» affermò pensieroso.
«E tu non puoi permettertelo» mi sfuggì. Lo pronunciai quasi come un rimprovero. Per tredici anni, l'equivalente di metà della sua vita, si era preparato alla sconfitta di Doflamingo. Aveva messo a punto il piano e aveva pazientemente aspettato. Chissà quante notti di sonno aveva perso. Chissà quanto si era consumato aspettando la sua vendetta. Chissà quante notti aveva sofferto in silenzio. Ma ora era tutto finito. Aveva vinto. Aveva ottenuto la sua rivincita. Non c'era motivo di angosciarsi. Potevo capirlo, era in un mondo che non era suo e voleva tornare a casa, ma non avrebbe risolto niente in quella maniera. Mi preoccupavo per lui, ecco tutto.
«Dormire è bello» dissi infine io «ti fa scordare per un attimo tutte le cose brutte» riflettei. In tutta la mia vita, non avrei saputo come fare se non avessi dormito. Dormire mi aiutava molto, mi dava ristoro e conforto, sia fisicamente che psicologicamente. Era un modo per staccare la spina per un po' e rifugiarmi in un posto sicuro. Magari per lui era diverso, ma avrei voluto fargli capire che il sonno era una buona cosa per la mente. Certo, essendo un dottore, molto probabilmente lo sapeva già, tuttavia metterla in pratica era un altro paio di maniche.
«Riprendiamo le ricerche» mi ordinò, stroncando sul nascere ogni mio tentativo di conversazione.

Il mio stomaco gorgogliava da minuti ormai, o forse ore, non lo sapevo più nemmeno io. Sapevo solo che era da troppo tempo che stavamo davanti a quel computer. L'orologio segnava le due e un quarto e io avevo fame. Mi ero portata i biscotti, era vero, ma non mi bastavano più. Il mio corpo chiedeva un nutrimento più sostanzioso. E poi, non potevo mica andare avanti a frollini per il resto della giornata.
«Traffy, ti prego, sono ore che stiamo qui, andiamo a mangiare» piagnucolai e lo supplicai, invano.
«Mi pare di essere stato chiaro. Nessuno mangerà finché non avremo trovato qualcosa.» si pronunciò. Era irremovibile.
Mi afflosciai contro la superficie liscia della scrivania. Avevamo navigato in internet in lungo e in largo e non avevamo cavato un ragno dal buco. Evidentemente non c'era nessun ragno in quel maledetto buco. Law avrebbe dovuto rassegnarsi e lasciare che le cose facessero il loro corso.
«Ma Sanji ci sta aspettando...sarà in pensiero per me» protestai, nella speranza che si intenerisse ed abbandonasse quella malsana idea di continuare a cercare disperatamente una soluzione.
«Non ti lamentare e continua a cercare» mi ordinò spazientito.
«Uffa» mi lamentai invece. Eravamo già alla tredicesima pagina dei risultati di ricerca per "Seconda Stella a Destra desideri" e avevamo meticolosamente esaminato ogni articolo che compariva su ogni pagina. Avete una minima idea di che cosa significhi? Io sì, purtroppo. E non ero nemmeno più sicura di averla, visto che non ci capivo più niente. Quello stronzo nazista non mi aveva neanche fatto andare in bagno. Fortuna che avevo la vescica resistente. Avevo perso ogni speranza e temevo che la mia vita sarebbe finita lì, su quella sedia e davanti a quel computer. Sarei morta di fame o di disidratazione, perché no. Il che era ironico, dato che accanto a me c'era un medico. Scorrevo la rotellina del mouse e cliccavo sugli articoli senza nemmeno più farci caso.
«Traffy io sono una semplice umana. Non ho poteri dati da frutti del diavolo, non so usare l'ambizione e sicuramente la mia resistenza a qualsiasi tipo di fatica fa schifo» avevo cominciato a dire «perciò ti supplico, mi metto in ginocchio se vuoi, smettiamo e andiamo a pranzo. Lascio il computer acceso e non appena avremo finito ti prometto che continuer...» il suo braccio mi fermò. In tutti i sensi. Lo guardai come si guarda un povero cane randagio, perché sicuramente doveva essere impazzito pure lui. Ma quando rivolsi gli occhi allo schermo, capii che non era così. "Leggenda della Seconda Stella a destra", c'era scritto. Ci cliccai sopra e lessi tutto ciò che c'era scritto, comprese le note, trattenendo il fiato.

Una volta finito, potei respirare. Mi fermentai e cominciai ad agitarmi sulla sedia. Indicai con il dito tremolante l'articolo e dall'eccitazione misi un braccio intorno alle spalle di Law, che sorrideva soddisfatto.
«Guarda Traffy, l'abbiamo trovato!» esclamai con gioia.
«Oh...scusa, scusa» dissi poi, vedendo che mi fissava, infastidito dal gesto di poco prima, e togliendo il braccio dalle sue spalle. Fece quella che mi parve essere una piccola risata e stavolta fu lui a mettermi delicatamente una mano sulla spalla, sotto il mio sguardo allibito.
«Hai fatto un buon lavoro, Camilla. Andiamo a pranzo» decretò, accompagnando le sue parole con un cenno del capo verso la porta della mia camera.
Continuai a fissarlo incredula per un altro po', poi scoppiai a ridere. A quanto pareva, tutte quelle ricerche sfrenate avevano dato alla testa anche a lui.




Angolo autrice

Per chi se lo stesse chiedendo, questa è l'immagine che ha Cami come sfondo del desktop!

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