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Trentino, 1847.

Continuo a guardarmi allo specchio da ormai 2 ore, veramente doveva capitare tutto questo proprio adesso?

I miei capelli color nocciola scendevano lungo le mie spalle, fino ad arrivarmi al seno.
Il mio vestito a maniche corte che mi arrivava fino alle ginocchia.
La grande quantità di trucco che la mia matrigna ha preteso che avessi in faccia.
Le mie ballerine che continuano a produrre un dolore atroce ai miei piedi.

Tutto questo mi metteva solo e soltanto preoccupazioni.

Chi lo avrebbe mai detto che io, all'età di 18 anni, sarei stata costretta a sposarmi?

Al solo pensiero comincia a bruciarmi la gola, tutto questo per la mia odiosa matrigna.

Mio padre è sempre stato contrario a questo matrimonio, ma ormai pure lui è sottomesso a quella feroce donna.

Continuo sempre a maledire quel giorno che mia madre ha deciso di abbandonarmi, tutto ciò 6 anni fa.

Mi spostai dallo specchio per andare verso finestra davanti al mio letto.

Guardai fuori.

C'erano già tanti miei parenti, anche lontani. Venuti qui solo per questa celebrazione.

"Signorina Diana" sentì dire dalla porta, facendomi svegliare dai miei pensieri.

Mi girai verso la porta.
Era Silvia, la mia domestica.

In realtà non sarebbe una domestica, la mia matrigna osa chiamarla "serva", anche se secondo me una ragazza qualche anno più grande di me, così bella, dolce e serena non può essere considerata tale.

Per me Silvia è sempre stata una sorella che non ho mai avuto che però ho sempre desiderato avere.

"La signora Vallesi la desidera" disse poi

"Sai che puoi fare a meno di darmi del lei cara" dissi facendole un piccolo sorriso che in qualche istante ricambiò.

"Mi dispiace che ti devi sposare così giovane, hai ancora tutta una vita davanti da vivere al meglio, come una ragazza di diciotto anni desidera" disse poi abbassando lo sguardo.

Le andai incontro e misi le miei mani sulle sue guance.

"Ti prometto che ci libereremo da tutto ciò" le dissi, lei non fece altro che sorridere ed annuire per farmi credere che ci crede.

Ma la conosco troppo bene, ormai a tutto questo non ci crede più, per lei la libertà è diventata una meta impossibile da raggiungere.

"Ora vai prima che lei ti chiami personalmente" disse iniziando a tremare.

Le diedi un piccolo e leggero bacio sulla fronte per poi iniziare a scendere dalle scale per dirigermi verso la matrigna.

La trovai in giardino, seduta su una sedia a dondolo.

"Eccoti tesoro" disse appena mi vide.

Non sopporto quando fa la carina con me, lo sa benissimo anche lei.

A quelle parole mi limitai ad una smorfia.

"Puoi rendermi felice almeno oggi?" mi chiese sbuffando.

Se per renderla felice devo soffrire io, mi dispiace, ma io scappo e prendo la prima carrozza che trovo.

"Si madre" dissi con un tono abbastanza spento

"Dov'è papà?" Chiesi cercando di tirarmi su il morale.

"È in salone, sta sistemando le ultime cose per il pranzo dopo il matrimonio" disse lei

L'ANGELO CUSTODE | Michele BraviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora