Capitolo 14

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Aiden

L'ho sentita rigirarsi tutta la notte, incapace di prendere sonno, cercando al contempo di non fare troppo rumore.

Ho visto la sua ombra proiettata al muro grazie ai residui luminosi di braci e di piccole fiammelle nel caminetto, mentre è rimasta seduta per un tempo lunghissimo, a capo chino, immagino a guardare il suo prezioso ciondolo.

E pure io ho trascorso gran parte della notte insonne, fermo a guardare come un cretino la sua ombra e poi il soffitto, ripensando alle mie ultime parole che le ho rivolto e divorato da sensi di colpa che non credevo di avere.

Ho visto come ci è rimasta male, ferita da ciò che gli ho detto – che, in fondo, corrisponde alla verità – sentendosi delusa persino da me.

Ma cosa si aspettava?

Che fossi un tenero cucciolone che scodinzola e chiede le coccole?

È una stupida se crede che da me riceverà un trattamento diverso, più magnanimo.

Solo dopo molte ore l'ho sentita fare un profondo respiro e riuscire ad addormentarsi, benché il suo non sia stato un sonno tranquillo. L'ho anche sentita parlare nel sonno e bisbigliare parole che non sono riuscito ad udire, talmente erano dette piano.

Appena il cielo inizia a schiarirsi mi alzo con l'umore più nero ed amaro del caffè che mi vado a preparare.

Oggi non c'è molto da fare, ma insieme a Lysa e Thomas ci aspetta un bel lavoretto da fare nelle prigioni.

Inoltre una volta finito con quel bastardo di Ruf, mi dovrò occupare anche di Jasper e del suo comportamento così poco da segugio.

Piccola.

L'ha chiamata piccola.

Ancora non ci posso credere che l'imperturbabile e freddo Jasper si sia lasciato coinvolgere non solo da questa storia, molto più di quello che gli avevo ordinato, e che si sia affezionato alla femmina d'Uomo.

Deve essere uscito di testa.

Mi fa infuriare il fatto di dover perdere un lupo talentuoso come lui.

O forse, la tua, è solo gelosia.

Tzè... gelosia di cosa, poi?

Che il cucciolo d'uomo si fida più di lui che di te.

Per quanto mi riguarda posso fare quello che vogliono. Anche scopare.

Staccheresti la testa ad entrambi.

Cerco di non pensare alla mia voce interiore e con passo deciso e pesante mi dirigo nelle cucine della servitù.

Evito di passare dal salone dove, sicuramente, ci saranno i membri del branco a fare colazione ed entro per una delle porte secondarie.

Alcuni servi sono intenti a cucinare e non si sono nemmeno accorti della mia presenza, ma non mi interessa. Sono qui per parlare con una persona in particolare.

Non appena la vedo mi precipito da lei che, accortasi della mia presenza, interrompe il suo lavoro e si inchina come la sua età le consente.

"Mi servi, Rosie." le dico una volta che gli altri si sono allontanati lesti da noi.

"Sempre al vostro servizio, Alfa."

"Porta dei vestiti nuovi all'Umana e assicurati di chiudere bene la porta a chiave, non deve fuggire una seconda volta."

L'amante dell'alfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora