L'amante dell'alfa

Capitolo 13

Kirsiktar

Sono rimasta in piedi, al centro della stanza, non so per quanto tempo.
Secondi, minuti, o delle ore.
Non lo so, ho perso la cognizione del tempo e solo dopo un po' mi rendo conto di essere rimasta nella stessa posizione, a bocca spalancata.
Mi porto una mano alle labbra, ancora umide, con la sensazione viva e bruciante del bacio di Aiden.

La sua bocca, la sua lingua, la sua saliva.

Mi ha baciata.

E io ho ricambiato.

E se all'inizio quel contatto del tutto nuovo per me mi ha spaventata, è bastato poco per provare un'emozione così forte che mi ha tolto il respiro ed il raziocinio. Solo quando la cosa si è fatta più spinta, ho provato paura. Ma non temevo l'atto in se – o meglio, anche quello – il mio è un timore che non riesco a classificare; ho avuto paura del modo in cui mi sono abbandonata a lui, senza remore o mezze misure, e per fortuna che è stato il primo a fermarsi.
Non riesco a non pensare ad altro e più ci rifletto e più una parte di me è curiosa di capire, scoprire e magari vivere sulla pelle quello che sarebbe accaduto e come sarebbe stato.

Devo essere impazzita.

La fitta alla bocca dello stomaco ed al ventre che mi hanno avvolta prima, mentre ero sotto di lui, si fanno sentire anche adesso, al solo pensiero, benché meno vive e brucianti, e mi spingono istintivamente a chiudere le gambe come quando scappa la pipì.
Scambiando questa sensazione per un bisogno corporale, vado in bagno e dopo aver finito, controllo anche la ferita.

Tolgo la fasciatura, ormai sporca di sangue e terra, e con molta attenzione la studio davanti allo specchio.

Non sembra messa così male, il Vampiro non è andato fino in fondo con i suoi canini, e il morso si è solo un po' riaperto a causa dell'irruenza di Ruf.

Mi passo una mano tra i capelli e mi prende un colpo quando focalizzo lo sguardo sulla mia immagine riflessa: gli occhi rossi e gonfi, i capelli divenuti un cespuglio secco ed annodato, e la pelle più pallida.
Ho decisamente bisogno di un bagno.

Per fortuna oltre alla vasca, c'è anche il box doccia, quindi mi tolgo gli abiti ridotti ad un ammasso di stracci strappati e luridi, aziono il miscelatore ed entro, facendomi cullare immediatamente dall'acqua calda.
Delicatamente mi passo la spugna sulla ferita, togliendo ogni traccia di sporco, e poi mi concentro sul resto del corpo insaponandolo con cura, così come i capelli.
Me la prendo comoda dato che qui non ci sono timer che scadono e solo dopo circa mezz'ora decido di uscire.

Mi avvolgo in un asciugamano un po' troppo piccolo forse, ma morbido e caldo, ed inizio a strofinare ben bene per asciugarmi. Guardo i vestiti che ho gettato sul pavimento conscia che non posso rimetterli e prendendo un bel respiro profondo, ritorno in camera fermandomi davanti all'armadio e aprendo un'anta alla ricerca di qualcosa di pulito da indossare.

Quindici minuti dopo ho cercato ovunque, aprendo tutti i cassetti di tutti i mobili, ma non c'è nessun vestito femminile.
Rassegnata ritorno davanti al primo armadio e ne tiro fuori una maglietta a mezze maniche. Tolgo l'asciugamano e me la infilo notando solo dopo che nonostante mi stia grande, non mi copre abbastanza.
Dopo altri minuti trascorsi a rovistare e rimettere in ordine per non fargli capire che ho frugato parecchio tra le sue cose, arrivo all'amara conclusione che se non voglio stare con le mie grazie al vento, sono costretta a infilarmi un paio dei suoi boxer.

Dio, che vergogna! Ma molto meglio che stare mezze nude.

Mi siedo sul baule, inattesa del suo ritorno che spero che non ci sia mai per non dover affrontare quello che c'è stato. E se lui non lo vuole affrontare tanto meglio, ma non avrei il coraggio di guardarlo in faccia.
Sto giocando con l'orlo della maglietta, senza pensare a niente in particolare, in realtà non penso proprio quando sento scattare la serratura e vedo l'alfa fare il suo ingresso.