Capitolo 15

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Aiden

Le ore sono trascorse fin troppo lente in attesa di qualche informazione che mi permettesse di scoprire in quanti sono coinvolti nel tradimento di Ruf.
I gemelli si sono spinti oltre i nostri confini, dove risiede uno sparuto gruppo di lupi, quelli più vecchi, ormai prossimi alla morte, o i Solitari ma non hanno trovato niente.
Più fortunati sono stati Thomas e Jasper, scoprendo che alcuni giorni fa, prima che facessi aumentare le sentinelle e infittissi i turni di guardia, alcuni Umani sono passati dalla mia terra, mostrando un falso documento che affermava il permesso di transitare in quelle zone.

Ovviamente io NON ho mai dato un simile assenso, ragion per cui, dopo aver riunito i miei segugi e il mio beta, ho ordinato a Dimitrij e Nicolaij di recarsi ad est del territorio e cercare quegli Umani bastardi per farsi dire da chi avevano avuto tale falso foglio.

Ho indetto una riunione con tutto il branco per questa sera, al tramonto.

Voglio che tutti vedano, voglio che tutti sappiano cosa succede a qualcuno che, molto stupidamente, decide di mettersi contro di me e tradirmi.

Nel frattempo, però, mi reco nei sotterranei dove, quasi agonizzante, c'è il mio caro ospite.

Il suo corpo è immobile, ancora appeso per i polsi sanguinolenti e corrosi dall'argento, la testa china e un odore fetido di sudore e morte.
Non si accorge di me quando mi fermo davanti alle sbarre, storcendo il naso per il puzzo nauseante che permea la sua cella, non mi sente nemmeno quando apro la cella e la porta in ferro produce un fastidioso ma non prolungato cigolio.
Si rende conto di non essere più da solo quando si risveglia improvvisamente dal suo stato di incoscienza dopo che gli ho tirato una secchiata di acqua gelida e neve sciolta che mi sono procurato fuori.
Gli muore il respiro nei polmoni, ansimando e tossendo, guardandosi intorno e mettendo pian piano a fuoco il luogo in cui si trova.

I suoi occhi vacui si puntano su di me, rimanendo però privi di una vera espressione, scavati e allucinati.

Sono bastate poche ore per farlo completamente cedere fisicamente, molte meno di quelle che mi sarei aspettato.

"Immagino che ti sia dondolato a sufficienza. Non trovi?"

Lui si limita a indirizzarmi uno sguardo che vorrebbe essere colmo di odio e rabbia, ma è solo carico di dolore e supplica.

"Credo che tu abbia capito che non mi devi sfidare, mai, mai più, non è vero?" gli domando, con voce gentile e accondiscendente.

Ruf mi guarda, questa volta nello sguardo riesco a leggerci sorpresa, stupore per il mio tono e le mie intenzioni. Mi guarda da principio con sospetto, sa che non sono incline al perdono, ma quando io non aggiungo altro e lui crede che stia aspettando una sua risposta, annuisce con la testa.

Gli vado dietro e con un colpo secco tiro su la leva e lui crolla a terra come un sacco di patate.

Veloce, per quanto la sua debolezza glielo consenta, si sfila i polsi dalle manette, iniziando a leccarsi le ferite, per farle guarire prima.

Gli cammino intorno mentre aspetto che si riprenda, che abbia riacquistato un briciolo di forza per non farlo essere proprio un pupazzo inanimato e con un minimo di attenzione alle domande che gli voglio porre.

Aspetto solo un paio di minuti, poi mi inginocchio davanti a lui.

"Allora, c'è qualcosa che mi vorresti dire?"

Silenzio.

"Parla, sono qui per ascoltarti."

Ancora silenzio.

L'amante dell'alfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora