Chapter Sixteen;

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Proprio quando i miei piedi cominciarono a muoversi da soli, diretti senz'alcun dubbio verso casa, una voce acuta e fastidiosa quanto il rumore che provocano le unghie che strisciano sulla lavagna, arrivò dritta e limpida alle mie orecchie.

«Woah, Park Eun Chan, vedo che non te la cavi molto bene con i ragazzi»

No, impossibile... non può essere lui.

Spalancai gli occhi e mi bloccai sul posto.

Per un attimo sentii il respiro fermarsi; presi coraggio e mi voltai di centottanta gradi perfetti verso la provenienza di quella voce. Possibile che fosse... «Jae Ho?!», sbottai, quasi incredula alle mie stesse parole.

Sì, esatto, ero incredula; sapevo che mr seguotuttiperchésonobello era capace di fare qualsiasi cosa, ma arrivare addirittura a questo... cosa ci faceva lui lì? Eh? «Cosa- cosa ci fai tu qui?», colsi l'occasione per puntargli un dito contro, nel modo più naturale possibile, - anche se, in realtà, avrei solo voluto prenderlo per i capelli e trascinarlo in questo modo per mezza Seoul.

«Io? Passavo di qui per caso», mi rispose lui, con aria disinvolta, permettendosi anche di osservarsi le unghie con noncuranza, poggiato ad lato di una piccola spaccatura fra due palazzi. Stavo quasi per ribattere (con un linguaggio non del tutto puro e casto), quando la fatina rosa, ignorando il fumo che usciva dalle mie orecchie, riprese a palare. «E tu, Park Eun Chan, cosa ci fai qui? Non dovevi essere al tuo... - piccola pausa d'effetto. - ''appuntamento con Jong Suk''?», imitò le virgolette con le dita; riuscii a captare anche una goccia di fastidio e repellenza, nelle sue parole.

«Sì, infatti lo sono!», risposi d'impulso. Sebbene Jong Suk se ne fosse tornato a casa con la sua noona Yeo Jin, lasciandomi basita come un clown ad una festa di compleanno per diciottenni, non avevo di certo la minima intenzione di svelare tutto a lui! Pff, figuriamoci! Sarebbe stato capace di rigirare la frittata a suo vantaggio, prendendomi in giro a vita.

Jae Ho prese a guardarsi in torno, quasi come se mi avesse letto nella mente. «Però, non vedo il tuo cavaliere», constatò in fine, rivolgendomi un sorrisetto beffardo e del tutto insopportabile. Come lui, del resto.

In quel momento, l'unica cosa che mi venne in mente di fare, fu quella di mantenere un'espressione calma del viso, sebbene stringessi la punta della gonna fra le dita con tanta di quella forza, che avrei potuto spezzare un missile. «Sta arrivando, è andato un attimo nel bagno di quel bar», inventai la prima scusa che mi passò per la mente e aspettai una risposta da parte sua.

Risposta che ci mise un po' ad arrivare, sebbene Jae Ho fosse così ritardato da non saper formulare una frase immediata, di senso compiuto. «Ah, davvero? E come mai l'ho visto salire su una macchina pochi secondi fa?»

Calma, Eun Chan, calma.

«Questi non sono affari tuoi.» sibilai a denti stretti, lasciando che il mio lato razionale rimanesse in gioco.

«Giusto: ma se sommi la distanza fra Giove e Saturno e aggiungi il valore del buco dell'ozono, sottraendo la massa del sole... be', mi sa proprio che sei rimasta sola», mi fece notare, avvicinandosi di qualche passo, con aria dispiaciuta.

Tsk, ''dispiaciuto'' un corno!, quello mi stava letteralmente prendendo in giro, e io non potevo permetterlo!

«Non sono rimasta sola! - precisai, cambiando espressione. - L-lui... - mi guardai intorno, entrando completamente nel panico. - Aish, lascia stare», mi voltai di nuovo, completamente abbattuta. Perché deve avere sempre ragione lui?!

«Ehi, aspetta», mi sentii chiamare di nuovo, non appena (al contrario di come mi aspettavo) Jae Ho posò dolcemente una mano sulla mia spalla. «Se proprio vuoi saperlo, vedendo come quella tipa ha trascinato via Jongcoso, e, be'... guardando adesso la tua faccia da ciuawa bastonato.... insomma: sono solo le cinque», interruppe il suo discorso, grattandosi la nuca e scostando il suo sguardo virilmente da un'altra parte.

Opera || Kim JaehoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora