《How should I fell?》

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Un fortissimo dolore lancinante che parte dall' interno e arriva al cuore mi squarta. Il sangue scivola tra le cosce. Urla non ascoltate. Morsi ovunque. Singhiozzi. Bruciature di sigarette. Schiaffi. Dolore. Parole disgustose sussurrate che causano il mio cuore perdere battiti. Baci sgraditi sulla pelle. Paura.
Aiutatemi, vi prego. Salvatemi, vi scongiuro... Due braccia mi tengono immobile mentre grido ancora una volta.

{cambio tempo dei verbi}

Mi svegliai di soprassalto.
Continuai a sentire la presenza di due braccia intorno a me. Alzai la testa spaventato e mi si piazzò davanti la figura del dottor Ackerman.
<<Oi, Eren, calmati>> non potei fare a meno di scoppiare a piangere sia per il sogno orribile sia per la felicità di trovare vicino una persona buona. Me ne fregai del mostrarmi debole ancora una volta, ormai il danno era stato fatto.
Diedi sfogo ai miei sentimenti e non accennai a smettere; pertanto lui mi fece appoggiare la testa sul suo petto e mi rilassai di un poco. Continuò con le sue dolci carezze... gentili e ben accette. Non seppi esattamente cosa provai in quel momento ma fu il più significativo.
Mi accoccolai completamente contro il suo torso e potei bearmi del suo profumo fresco e buono "Sarà vaniglia... e il suo respiro odora di caffè" pensai.
<<Va meglio?>> sussurrò lentamente.
Annuì piano e mi raddrizzai; è incredibile quanto mi manchi già il calore del suo corpo.
<<Mi scusi...>> i miei occhi andarono verso la stanza, in particolar modo alla ricerca della finestra da dove aleggiava la luce del giorno.
<<Che ore sono?>> chiesi ricomponendomi.
<<Esattamente le 08:45.>> un momento, non aveva indosso gli occhiali. I suoi occhi entravano perfettamente in contatto coi miei ed erano semplicemente... magnifici. Non c'erano parole esatte per spiegarlo ma quegli occhi... mi ci perdevo dentro. Erano come calamite per me, volevo studiarli e viverli più a fondo. Volevo sapere di più su quest'uomo il quale è capace di farmi perdere il senso dell' orientamento.
Si allontanò di un paio di centimetri da me, corrugando le sopracciglia quasi in fastidio e parlò: <<Dovresti smetterla di comportarti come una ragazzina mestruata in piena crisi ormonale.>>
Arrossì vistosamente e abbassai lo sguardo sulle lenzuola che coprivano le mie ginocchia. Accidenti.
<<Comunque, dai documenti risulta che tua madre è deceduta non molto tempo fa e che l'unico adulto corrispondente sia tuo padre, giusto?>>
<<Mio padre non c'è.>> digrignai i denti. Al solo pensiero di mio "padre" mi si ritorce lo stomaco di rabbia.
<<Uhm? E lo sai che devi essere prelevato da un genitore slash parente slash delegato? Nelle tue condizioni non è possibile lasciarti andare così, nemmeno se fossi un ragazzo responsabile che, deduco, non ti appartiene per niente questo aggettivo.  >>
"Sì, bello e pure un grande stronzo. Insomma, non c'è meglio."
<<Merda!>> strinsi i pugni.
<<Modera i termini, ragazzino.>>
Alzai la testa per vederlo muoversi fino ai piedi del letto.
<<Quindi... sei fortunato.>> questa volta tenni testa al suo sguardo.
<<Abito proprio vicino al tuo liceo.>>  "Non ci sto arrivando"
<<Ti prendo io sotto la mia custodia. Niente obiezioni e niente domande. Ho bisogno di farlo. >>
<<Ha bisogno? In che senso?>> come risposta mi tirò l'alluce del piede: <<Cosa ho appena detto?>> non feci in tempo a vederlo ma ero certo che avesse quasi sorriso... no aspetta, ghignato di nuovo.
<<Ahi! Mi vuole uccidere per caso?!>>
<<Per quanto l'idea non mi dispiaccia, no. Sono un medico non un assassino; >> si voltò di spalle in procinto di lasciare la stanza <<e ora vedi di sistemarti, fra non molto finirò il turno. >>
Si girò ancora a guardarmi: <<Ah dimenticavo: ho già preparato e firmato le carte necessarie affinché tu possa lasciare questo ospedale e venire a vivere da me. Saluta il tuo nuovo tutore...>> Cosa... come faceva a sapere che avrei accettato! Aspetta, ma non ho mai detto di sì. Questo è uno stalker...
Dopo un mezzo sguardo tra l'annoiato e il divertito, uscì e mi lasciò nuovamente solo.
Passarono pochissimi istanti e la mia mente ritornò a quelle maledette mura fredde. Il senso di nausea si fece di nuovo spazio nel mio stomaco, i ricordi annebbiati ma allo stesso tempo molto vividi. No. Basta, adesso devo pensare a riprendermi fisicamente e magari in un secondo momento mentalmente. Mi guardai: le lenzuola azzurrine dell' ospedale mi arrivavano ai fianchi, i miei polsi erano fasciati. Mi toccai il viso: era sorprendentemente caldo e un cerotto era posto sulla parte bassa della guancia destra e uno sul sopracciglio sinistro. Con le mani mi accarezzai il collo e mi doleva un po', molto probabilmente vi erano lividi. Un attimo. Dov'era la collana? La mia preziosa collana... il ricordo di mia madre! Dov'era finita? Forse l'avranno tolta quando mi avranno fasciato... più tardi chiederò al mio dottore.

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