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Un'infermiera mi ha aiutato a vestirmi lasciandomi, pero', le bende.
<<Allora, ti senti pronto a uscire?>> mi sorrise.
<<Sì... ehm...>>
<<Petra>> aggiunse con un altro sorriso caloroso che ricambiai. Era simpatica in fin dei conti.
<<Se posso,>> iniziai <<com'è quel ragazzo, uhm, il dottore>> ripensandoci conosco solo il suo cognome.
<<Ah, intendi Levi?>> mi guardò mentre stava piegata a sistemare delle lenzuola su un armadietto posto di fronte. <<Beh, sfortunatamente non ho avuto l'occasione di conoscerlo meglio  ma quello che posso dire è che, anche se sembra essere un tipo freddo e scorbutico, in realtà è una persona gentile e gli sta a cuore la salute dei suoi pazienti.>> annuì pensoso. <<Qui ho finito. Il dottor Ackerman sta per arrivare. >> Uscì dalla stanza e rimasi seduto sul letto a guardare incantato fuori dalla finestra. Pensavo che non sarei mai uscito a vedere la tanto cara e focosa luce del sole. I caldi raggi mi baciavano il viso e di conseguenza socchiusi gli occhi, cullandomi del cinguettio vivace degli uccellini.
<<Andiamo?>>
Sobbalzai e mi girai di scatto verso la porta: <<Andiamo.>>
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Il tragitto in macchina non è stato molto lungo e sono riuscito a scrutare meglio alcuni particolari dell' uomo accanto. Ad esempio la postura perfetta mentre guida, il volto leggermente concentrato, la mano sinistra che a volte portava ai suoi capelli per tirarli indietro e mettere in risalto il suo volto pallido e perfetto.
Non mancavano di certo le mie figure di merda alle quali rispondeva : "Moccioso, smettila di sbavare, mi sporchi la macchina." Definirla 'macchina' era quasi offensivo. Era un'enorme Audi nera che potrò possedere solamente nei miei sogni.
Arrivati davanti ad una villetta a due piani dai colori chiari con giardino, mi fece scendere sul vialetto. È davvero tutto ben curato e... dannatamente pulito. Come fa a tenere tutto in perfetto ordine? Non che io sia un disastro ma... quasi. Alberelli e fiori colorati caratterizzavano la viuzza che portava alla porta di casa. Mi aspettavo la casa di Caronte, al contrario i colori erano molto luminosi.
<<Togliti le scarpe e usa quelle pantofole.>> Udì l'eco delle sue parole e mi mossi simile ad un robot da come la mia attenzione fosse catturata tutta dalla casa. Appena entrati vi era un salone enorme con un divano a penisola in pelle nero (oh), un tavolino di vetro posto al centro sotto un chilometrico tappeto bianco morbido, simile alla pelliccia di un orso polare, una libreria da salotto, una TV a schermo piatto attaccata alla parete, delle mensole, qualche vaso e quelle cose da salotto, insomma. La moquette era beige. Di fronte c'era una porta che conduceva ad un profondo corridoio: nella prima porta a sinistra vi era una sala da pranzo; poco più avanti a destra una cucina molto moderna e di fronte un bagno anch'esso molto grande. Nel salotto principale (da dove eravamo entrati) vi era verso destra una scala a chiocciola che conduceva al piano di sopra. Anche qui vi era un lungo corridoio con varie stanze: la prima porta a destra aveva un bagno, poco più avanti a sinistra una camera forse da letto, molto più avanti a destra un' altra camera e di fronte una porta <<Lì non devi assolutamente entrare.>> Lo guardai confuso <<È il mio studio.>>
Tornammo all' inizio del corridoio e indicò la camera menzionata prima di tutte <<Questa>> aprì la porta <<è la tua camera da letto, c'è pure una scrivania. Vedi di non sporcare o ti farò pulire a gattoni con la lingua.>>
Guardai meravigliato la mia nuova stanza. Era bella e grande: le pareti di un color celeste; il letto ad una piazza posto al centro della stanza con le sue coperte blu e bianche; a fianco una scrivania nocciola e un armadio enorme anch'esso color nocciola.
Ero ancora in piedi nello stipite della porta.
<<Vedi di comportarti bene, eh?>> sussurrò scompigliandomi dolcemente i capelli e guardandomi con non so che di malizioso.
E mi lasciò lì, come un albero di Natale, con le guance a fuoco e il respiro affannato.


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Alloraaa, ce ne saranno delle belle.

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