✾ Capitolo XI ✾

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   Aprì gli occhi. Una serie di lampade rotonde e dalla luce abbacinante era incagliata nel soffitto, come ghiaccio scintillante su scogli di pietra scura.

   «Cos'è questo?» chiese una familiare vocina. Tanto acuta, quanto irritante.

   «Cosa ci fai qui? Fila fuori!» un'altra voce risuonò chiara, poi lontana.

   Ci fu una porta che sbattè.

   «Chi di voi l'ha lasciato entrare?» la collera si sparse per tutta la stanza.

   Il conseguente silenzio degli altri si protrasse tanto a lungo, che si poteva udire soltanto un sibilo metallico.

   «Cosa stai facendo?» gridò la stessa persona autoritaria e austera.

   «Pensavo che volessi cominciare con il ragazzo! Per mille valvole, datti una calmata!» questa volta, la risposta era roca e gutturale. Un uomo, forse sulla quarantina.

   Leonard s'impose di mettere meglio a fuoco la stanza e chiunque fosse al suo interno: un gruppo di sconosciuti in divise bianche attorniava qualcosa di imprecisato.

   «Cos...?» sussurrò con voce troppo bassa per attirare la loro attenzione.

   «Posso almeno sapere chi è questa ragazza?» domandò l'uomo.

   «Non importa. Ora è troppo tardi» lo rimbeccò la donna.

   Nella mente di Leonard sfavillarono decine di ricordi così velocemente, da farlo agitare sul lettino su cui giaceva disteso.

   «Tu! Come hai potuto?» strillò come una campana rotta.

   I due interlocutori si voltarono nella sua direzione. La donna impallidì, poi si rattristò e gli rivolse un'espressione vitrea e insipiente identica a quella di quando aveva rapito Cassandra.

   «Mi dispiace, Leonard...»

   Lui si dimenò come in preda a delle violente convulsioni, tirò calci contro il materasso e, alla fine, annegò nella paura. Tentò anche di essere virtuoso, ma la verità era che non era il tipo da giocare con la vita. E quello era il loro vantaggio su di lui.

   «Ciao, perdente!» il marmocchio che tanto detestava gli balzò addosso.

   Leonard s'infervorò, il viso gli si fece rubicondo. Cercò di colpirlo dritto in faccia, ma era immobizzato da bande metalliche uguali a quelle del furgone.

   Il furgone.

   Smise subito di respirare, mentre un pensiero gli squarciava il cuore.

   Dov'era Cassandra?

   L'uomo in divisa invitò il bambino a smettere di infastidire Leonard. «Ora il ragazzo ha bisogno riposare. Perché non vai a controllare la situazione qui fuori?» gli indicò la porta.

   Il marmocchio arrossì e annuì come un automa mentre notava lo sguardo caustico della madre. «Sì, scusatemi» cancellò ogni segno di trastullo e volò via come un uccellino malinconico.

   In seguito, la donna puntò gli occhi imperturbabili sul collega accanto a Leonard. «Mettilo in stand-by»

   Lui prese la sua istruzione come un ordine e agì in un battibaleno. Quindi, gli immobilizzò le estremità del corpo e gli posò la nuca su un piano rigido e automatizzato: dei minuscoli bracci di metallo si collegarono ad appositi fori nel suo cranio.

   «Coraggio, ragazzo» lo supportò, ma tornò alla postazione che gli spettava.

   «Iniziamo» accordò la donna.

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