✾ Capitolo XII ✾

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   Leonard si risvegliò in una sala buia. Era seduto contro qualcosa di rigido e freddo. Presumibilmente, un muro. Si tastò il corpo alla ricerca di eventuali ferite, ma rimase deluso.

   Attivò, quindi, la vista notturna per mezzo di un pulsante sulla tempia, si guardò intorno e scorse una sagoma scura dall'altro lato della stanza. Per poco, non svenne. Ciò che giaceva di fronte a lui era il suo, vero corpo. Il corpo che gli avevano sottratto per renderlo un loro burattino.

   Una luce rischiarò l'ambiente come un lampo a cielo terso. «Cui prodest?» quella era la deprecabile voce di chi manovrava i fili della vita di tutte le altre persone, l'unico prescelto che potesse arrogarsene il diritto.

   Leonard tornò alla vista normale e serrò la mascella. Incontrarlo in quel modo era, forse, uno dei peggiori. «A lei, sicuramente»

   L'altro gli sorrise senza entusiasmo. «Noto con sommo dispiacere che non hai cambiato idea sul mio lavoro»

   «No, infatti. E pare che faccia bene» gli fece eco mentre indicava il proprio corpo depositato contro la parete che aveva di fronte.

   «Quello non è nulla» replicò l'uomo, «Soltanto un fantoccio per far scena.»
 
  «Certo...» constatò lui amaramente, «Non siamo altro che meri giocattoli per lei»

   «Non occorre che ti spieghi ancora il motivo per cui nutro tanta dedizione» s'incamminò verso il ragazzo con aria superba, fiero di ciò che aveva potuto conquistare.

   La guerra era un lontano ricordo e ogni ingiustizia era già stata risolta. Non esistevano più conflitti di alcun genere e le città erano prospere più d'ogni altro periodo storico.

   Per quanto gli obiettivi del Comitato fossero nobili e altruisti, Leonard non condivideva l'estasi dell'uomo. A dirla tutta, detestava il mondo e l'ingenuità dei propri concittadini. Ciò di cui non si capacitava era come nemmeno una singola persona sul pianeta si era mai schierata contro il Comitato, o contro la sua corruzione. Dopotutto, fin dalle epoche più remote, l'ignoranza era un mezzo di controllo assai incisivo: dal cruento phersu etrusco spacciato per atto festoso alla terrificante damnatio memoriae attuata nell'Urbs latina, dai vaghi oscurantismi medievali fin alla manipolazione dei ricordi da parte di regimi totalitari novecenteschi.

   «No, non ce n'è bisogno. Immagino che rammenti che appartengo a una corrente di pensiero differente»

   «Certo» confermò l'altro. «Scusami, qual è il motto della tua famiglia?» lo interpellò mentre rifletteva.

   Leonard indugiò perché non capiva se lo stesse prendendo in giro o meno. Poi, gli rispose accomodante. «Cotidie damnatur qui semper timet.»

   L'uomo si lasciò sfuggire una risata. «Chiedo venia, ma non riesco proprio a trovare il senso adeguato. Insomma, tu rinneghi la paura perché ti sembra una condanna, giusto?»

   Lui annuì. «È ciò che ho affermato»

   Ormai l'uomo distava da lui qualche spanna. «Quindi, a tuo parere, qual è il miglior strumento di governo?»

   Leonard tacque perché non se lo era mai chiesto prima. La paura non era il miglior modo di mantenere l'armonia, ma neanche gli vennero in mente altri metodi efficaci. Ciò significava, allora, che i Dirigenti erano la parte lesa? No, nulla poteva giustificare il ricorso allo sgomento.

    «Se solo si ascoltasse maggiormente l'opinione comune, non sorgerebbero questioni di tale portata.»
 
  «La mia è una domanda specifica, in ogni caso» rimarcò l'uomo.
 
  Leonard perse la pazienza e sospirò. «Non lo so. È probabile che non ce ne sia uno.»

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