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«che ne dici di questi?»
domandai, girando su me stesso e mostrando a yoongi dei pantaloni di jeans che mi fasciavano il culo alla perfezione e che lo risultavano allo stesso modo.
lo vidi fare una smorfia e annuire, prima di sbuffare.

«ti stanno bene, ma dovresti metterli solo con qualcosa di eccessivamente lungo, altrimenti la gente finirà per guardarti»
spiegò, chiarendo in questo modo il motivo di quelle azioni che sembravano così tanto disgustate.
«cioè... non credi anche tu che siano un po' troppo aderenti? se piacciono a te è okay, però...»
continuò e io scoppiai in una grossa risata, meschina quasi, che lo fece fermare dal parlare e dal ripetere ciò che precedentemente aveva spiegato.

«ovviamente li comprerò, yoons. e sono belli proprio perché così la gente si renderà conto della bellezza del mio corpo. credi che io sia così stupido da comprare qualcosa che mi copra, quasi fossi brutto? no, nope, scordatelo. grazie del consiglio, ma non se ne parla proprio»
risposi brevemente io e quella situazione mi ricordava molto la precedente conversazione, o litigio se volete chiamarlo in questo modo, che avevamo avuto io e lui.

«cazzo, quanto ti odio quando fai così. comprali, come ti pare, ma se poi un ragazzo viene e ti tocca non chiedere aiuto a me»
disse seccato e io mi morsi la lingua per non affermare l'esatto contrario.
sapevo benissimo che per quanto incazzato potesse essere, mi avrebbe aiutato sempre e comunque.

tornai nella cabina solo per provare la felpa larga che avrei usato come pigiama e uscì con solo quella addosso, catturando lo sguardo di ragazzi e ragazze, tra cui quello sorpreso di yoongi.

notai come prima del mio arrivo lo sguardo del ragazzo fosse puntato sul culo di una tipa un poco più in là.
quella si guardava allo specchio, mentre sorrideva per il modo in cui le stavano quei pantaloni.
e io mi sentì male constatando il modo in cui yoongi se la mangiava con lo sguardo.

non ero arrabbiato, solo triste e in un colpo mi ricordai che non mi sentivo perfetto come dicevo di essere.
quella era solo una maschera che indossavo per non rimanere ferito, eppure era bastato uno sguardo per far cadere quella mia sicurezza.

«come mi sta?»
domandai con voce flebile, mentre mi passavo una mano tra i capelli e portavo lo sguardo di nuovo su yoongi, che continuava a fissarmi indeciso.

vaffanculo, pensai. vaffanculo a te, min yoongi. perché non puoi semplicemente farmi sentire come si sentirebbe quella ragazza se notasse come la stai guardando?, continuai.
era straziante e di colpo odiai nuovamente la sua compagnia.

«è okay. ma saresti dovuto uscire con qualcosa sotto»
rispose dopo un paio di minuti di completo silenzio e io annuì, tornando dentro senza spiccicare parola.
quando mi fui rivestito, presi tutto, anche quello che ancora non avevo provato, e lo riportai indietro sotto lo sguardo confuso di yoongi che mi seguiva ovunque.

«non prendi nulla? avresti alme-» inziò, ma io lo fermai solo per chiedergli di tornare a casa.
onestamente tutto quel sprecar soldi per comprare vestiti, era inutile.
avrei potuto benissimo prendere in prestito quelli dei ragazzi, visto e considerato che comunque non andavo da nessuna parte, se non in giro per la stessa 'nostra' campagna.
e in più non sembravo far colpo di lui.

«ma jimin-»
«voglio andare a casa, yoongi hyung. andiamo via»
lo pregai, subendomi il suo sguardo preoccupato, a cui seguì il suo 'va bene'.

-

«avete fatto un ottimo lavoro, ragazzi. ma dove sono i vestiti di jimin? voglio vedere come gli stanno»
domandò irene con un sorriso felice in viso e sentì gli altri concordare con lei.

«non ho preso nulla»
sussurrai, osservando come tutti gli altri sembrarono sorpresi alla mia risposta, quasi avessi compiuto chissà quale atto straordinario.
«può tenere i soldi per altro, prenderò in prestito qualcosa dei ragazzi. va bene così»
continuai e la donna iniziò a rimproverare yoongi, quasi fosse sua la colpa.

«non è a causa sua, per favore non lo rimproveri. non volevo nulla io»
le assicurai, mentendo.
in fondo era proprio perché mi ero sentito sottovalutato, non lodato per il mio fisico, che ci avevo rinunciato immediatamente.

la donna annuì, ma con lo sguardo continuò a denere d'occhio sia me che yoongi.

-

«che cazzo hai, jimin?»
mi domandò il ragazzo a cui dedicai il resto della mia giornata, stendendosi accanto a me nel mio letto.
si mise sotto le coperte e mi portò il più vicino possibile, il tutto mentre gli altri continuavano a giocare a qualche stupido gioco da tavolo.

io avevo ancora addosso i vestiti di quella mattina e lo stesso sguardo perso e triste di allora, che si rafforzò quando mi prese tra le sue braccia, sentendomi ad un tratto non più protetto, ma giudicato.

stavo male. per la prima volta dopo due anni mi sentivo una merda: un maiale.
ricordavo bene quando alle scuole medie la gente continuava a chiamarmi a quel modo, sapendo del mio enorme impegno nel tentativo di perdere peso.
e ora mi sentivo di nuovo in quel modo. la mia autostima era sparita in un attimo e per colpa di quel ragazzo, che aveva ripreso a trattarmi con dolcezza.

«jimin, puoi dirmi che hai?»
chiese nuovamente, senza ricevere ancora nessuna possibile risposta da me.
«jimin, cazzo. non farmi arrabbiare. voglio sapere le merdate che ti passano per la testa»
quasi urlò, facendo girare di scatto la testa degli altri verso di lui e catturando appena la mia attenzione.
lo guardai negli occhi.

«vorrei essere stato guardato da te allo stesso modo in cui hai guardato quella ragazza oggi.»

❝shit.❞ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora