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il ritorno fu abbastanza tragico, soprattutto perché dopo averci ripensato tutta la notte, ero arrivato alla conclusione che no, non potevo assolutamente e per nessun motivo ritornare in quella casa e far finta che nulla di tutto ciò fosse accaduto.
non rientrava nelle mie regole sull'onore calpestato.

per essere più chiaro: era una lista che avevo stilato in un triste e noioso pomeriggio di luglio all'età di sei anni, con tanto di errori grammaticali che oh mio dio, mai mi sarei perdonato.
altro che onore calpestato, lì vi era immerso tutto il trash della mia infanzia da ignorante.
tanto che a darmi una lezione di grammatica sarebbe potuto venir fuori dal mio libro di storia l'homo erectus con un bastone, pronto a colpirmi in testa.
e, a dirla tutta, l'avrei perdonato e ringraziato all'infinito.

tornando a noi, non avevo intenzione di tornare nella casa dell'inferno, ma il mio adorato zio, dopo avermi imbottito di vestiti firmati gucci e armani, mi aveva preso in braccio e mi aveva trascinato con forza dentro la sua macchina.
così, in meno di dieci minuti, eravamo arrivati a fronteggiare la fattoria in tutta la sua calma.
e strano a dirsi, ma quell'aria di tranquillità mi era mancata abbastanza.

ad tratto, senza poter controllare le mie emozioni, aveva iniziato a tremare, eccitato al pensiero di poter vedere di nuovo gli altri dopo solo poco più di ventiquattr'ore di lontananza. allora avevo iniziato sul serio a stupirmi di me stesso.
e le cose andarono soltanto peggiorando.

la mia entrata fu eccezionale, epica in tutti i suoi aspetti.
avevo sistemato attorno al mio collo una manta, fino a farla ricadere sulla spalla e mi ero fatto prendere in braccio da mio zio, fingendo così di volare e stringendo in mano una bottiglia di sapone.
mi ero presentato così, nuovamente, agli altri, urlando con tutto il fiato che avevo in gola 'qui vi parla park jimin, l'eroe nazionale di 'voi fate schifo al cazzo, io sono perfetto', avete richiesto il mio aiuto?'
in assoluto la cosa più trash che potessi fare, dopo il codice d'onore, ovviamente.

nessuno aveva riso, ovviamente, e io ero arrivato a pregare in silenzio mio zio affinché lui fosse l'unico.
fui felice nel notare che mi accontentò sotto gli sguardi severi degli altri otto.
sì, a prender parte alla mia scenata vi erano anche i signori proprietari di quel riformatorio un po' fuori dalle regole.
imbarazzante, ma vero.

dopo tutto quel disastro, mi considerai deprivato a causa di me stesso della mia bellissima e ormai non più esistente dignità.
tanto che, rassegnato, alla domanda della signora irene: 'dove sei stato?', risposi 'decisamente non qui'.
nella mia mente si levò un coro di urla e applausi, nel mondo reale, al contrario, mi arrivò uno schiaffo da parte del proprietario.
aish, aveva fatto anche male.
alla faccia del vecchietto rinsicchito.

era lì che avevo iniziato nuovamente a pentirmene.

PERDONATEMI PER NON AVER AGGIORNATO.
POTETE ODIARMI.

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