VIII

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Frollo rimase immobile tra le braccia della ragazza, raggelato, eppure le sue guance bruciavano di rossa vergogna. La piccola, poi, scappò via, veloce come una cerva, senza mai guardarsi indietro.
Ma non capiva, quella zingara, che così non faceva altro che aprirgli dentro ferite su ferite? Non capiva, lei, quello che gli scatenava dentro? Era sorda al battito del cuore dell'arcidiacono, cieca davanti al suo rossore, insensibile ai suoi fremiti.
Oh, dove era Dio?! Dove era nel momento del bisogno? Perché non gli dava la forza per resistere a quel visino dolce, ai suoi occhi color carbone, al profumo morbido de suo corpo? L'uomo fece una smorfia, coprendosi il viso con una mano, mentre l'altra si stringeva sul petto, come a voler scavare nella carne e estrarre dalla cassa toracica quel suo povero cuore, che non desiderava altro che essere libero da tutto quel bieco desiderio di un corpo nudo.
Sentiva ancora il peso della ragazzina su di lui, il suo odore e quei ricci morbidi a sfiorargli il viso. Non desiderava altro, l'arcidiacono, che poter rimanere stretto tra quelle braccia, cullato dal dolce battito del cuore della sua piccola amata. Oh, cosa avrebbe dato per potersi concedere anche solo un'ora in quello stato di beatitudine.

- Maestro. - 

Una voce vicino a lui lo riscosse, facendolo scattare a sedere.

- Oh, maledizione... - 

Si portò una mano allo stomaco, cercando di rimanere immobile, poiché tutto attorno a lui vorticava e lo confondeva, dandogli un forte senso di nausea. Il curato si morse un labbro, chiudendo gli occhi e cercando di respirare piano.

- Non agitatevi, sono solo io, Pierre. - 

Il poeta fece rimettere giù l'uomo, lentamente. Era sempre stato piuttosto restio a mostrarsi debole, per questo il suo istinto lo aveva fatto scattare in quel modo, ma le sue condizioni non gli permettevano di muoversi come voleva.

- Voi, buono a nulla... - 

Lo apostrofò il prete, quando riuscì, finalmente, a guardarlo. Gringoire si sedette accanto al letto, poggiando i gomiti sulle gambe ed intrecciando le dita tra loro, mentre osservava il suo maestro riverso su quel letto, in uno stato che proprio non gli si addiceva.

- Siete in vena di complimenti? - 

Sorrise il giovane, ben sapendo che non si trattava altro dell'unico modo che l'altro conoscesse per dirgli che era felice di vederlo. Quel commento fece borbottare l'arcidiacono, contrariato.

- Come vi sentite? -
- Come, dite? - Sospirò - Come se un cavallo mi fosse passato sopra più volte e poi mi avessero gettato nel fiume. -
- È normale, nelle condizioni in cui eravate e siete tutt'ora. -
- Posso... Sapere cosa sia successo di preciso? Ricordo poco e niente, mastro Pierre. Sono così confuso. -
- La Esmeralda vi ha trovato in uno stato pietoso. Siete svenuto davanti a lei e, da quello che so, ha avuto pietà di voi. Ha chiesto al fratello di farvi curare, così vi hanno portato qui. La piccola zingara, sapete, è venuta spesso ad assicurarsi delle vostre condizioni. - 

Il prete annuì impercettibilmente. Perché quella ragazza si era data tanto da fare per lui, l'uomo che aveva tanto temuto e disprezzato? Non lo credeva, forse, un ombra venuta per ghermirla e nasconderla per sempre alla luce che lei tanto bramava?

-  Era sconvolta. Per poco non si è fatta scoprire da quel capitano. -
- Ah, quel fantoccio... - 

Disse con disprezzo, poi i suoi lineamenti si rilassarono.

- La ragazza doveva sapere. -
-  Doveva sapere, sì, ma ha sofferto. -
- Lo so, avrebbe sofferto comunque. - 

Il poeta accavallò le gambe, incrociando le braccia sul petto e guardando il prete, come a studiarlo, come per capire cosa ci fosse ancora. Nonostante si conoscessero da anni Claude Frollo rimaneva un mistero per Pierre, che comunque aveva imparato a trattare con lui nel miglior modo possibile, riuscendo a leggere tra le righe, cogliendo sfumature nei discorsi del religioso che altri non avrebbero compreso. Tutto ciò, forse, era solo grazie al suo spiccato senso per la parola, qualità che gli assicurava la capacità di poter indagare anche gli strati più nascosti di un discorso. O, almeno, a Gringoire piaceva pensarla così. Forse si trattava solo di empatia, sesto senso, per chi non fosse avvezzo a questo genere di materia.
Tuttavia, prima che potesse riprendere a parlare, l'arcidiacono lo precedette.

- Mastro Pierre, non vi ho ringraziato per avermi evitato la morte. -
- No, credetemi, sareste morto se la zingara non vi avesse aiutato. Quello che ho fatto io è stata ben poca cosa. - 

Sospirò, il ragazzo, ravvivandosi i capelli biondi. E, anche se non voleva ammetterlo, quella sera si era maledetto per il suo gesto avventato. Evitò, però, di rendere il prete partecipe di quel pensiero. Anche se il poeta temeva che egli potesse leggergli dentro, con quei suoi occhi così scuri e profondi, tanto da poter cogliere quel pensiero da sé.

- Sono andato da Quasimodo. Ho portato buone notizie a lui, ma ne porto di cattive a voi... - 

Frollo aggrottò le sopracciglia, non capendo a cosa potesse riferirsi l'amico.

- Sembra che qualcuno si sia introdotto nella vostra stanza, a Notre Dame. -
- Cosa?! Pierre, chi? -

Si puntellò sui gomiti, cercando ancora una volta di alzarsi, ma era tutto inutile, era senza forze. Ringhiò per la frustrazione, per la debolezza del suo corpo, per quello che era successo mentre lui era chiuso lì. Quegli zingari! Non avevano capito che quel gesto li avrebbe messi in pericolo tutti? Forse non era amato in città, ma Parigi amava ancora meno la piaga dei gitani e avrebbero usato qualsiasi scusa pur di debellarla. Frollo non riusciva nemmeno a pensarci, ma non perchè tenesse a quel popolo così sudicio ed infimo, quanto perché tra loro c'era la Esmeralda.

- Non ho potuto fare domande e Quasimodo non ha visto nessuno. Solo verso sera ha trovato la vostra cella a soqquadro. -
- Devo andarmene da qui. Devo capire cosa sia successo! -
- Non vi lasceranno andare, non così facilmente. - 

Rispose calmo il poeta, per poi puntare un dito contro il più anziano.

- E non chiedetemi di aiutarvi! Sono vostro amico, ma non lo farò! Mi taglierebbero la gola se lo facessi e, mi spiace, ma ho dei progetti in mente! -
- Ah! Quali progetti e progetti! Voi, Pierre, siete un codardo! -
- Non un codardo, maestro, ma un uomo che tiene alla propria vita. Dovrete ingraziarvi la bambina se volete andarvene senza problemi. E, comunque, non potete andare prima di essere guarito. -
- Ora vi preoccupate? - 

Arricciò il naso, distogliendo lo sguardo. A quella reazione Pierre Gringoire si strinse semplicemente nelle spalle, roteando gli occhi ed alzandosi. Cocciuto: ecco come avrebbe potuto descrivere il maestro. Non insensibile, freddo e nemmeno meschino, solo cocciuto.
Il biondo sbuffò, agitando una mano, noncurante, per posarla poi sulla maniglia della porta.

-  Devo andare. La piazza mi attende, così come quella deliziosa carpetta e qualche soldo. - 

Claude Frollo non rispose, così il ragazzo si congedò, con un breve inchino. Il curato rimase nuovamente solo, preda dei propri pensieri e delle proprie pene.
Fuori da quella stanza, nello spiazzo dove gli zingari erano soliti mangiare assieme, il re di Thunes guardava la sorella con aria di rimprovero, appollaiato sulla propria botte, su quel trono di legno, come un gufo sul suo albero. Lì arruffava le penne, per niente d'accordo con la sorella.

- Calmati, fratello, te ne prego. - 

Dicendo queste parole la ragazza diede un bacio sulla guancia all'uomo, accarezzandogli le braccia per ammansirlo. Esmeralda lo sapeva: Clopin si arrabbiava facilmente, era un uomo impulsivo, soprattutto se si trattava di lei, ma raramente era la sua persona l'oggetto della sua rabbia; quella volta, però, non aveva approvato le sue scelte. Al tentativo della giovane di parlare ancora egli alzò una mano, zittendola.

- Ti stai comportando da bambina, Esmeralda. Ho lasciato che lo curassero e per cosa? La pietà ti ha fatto dimenticare quello che ti ha fatto? - 

La voce del re era roca, simile al ringhio di un lupo e tutta quella ferocia fece stringere le braccia al petto alla gitana. Perché usava quel tono con lei?

- Non dimentico! - Rispose stizzita, arricciando il naso e facendo la sua solita smorfia - Non dimentico di certo, ma allo stesso tempo non voglio sangue sulle mie mani. Sì, provo pietà. Pietà per un uomo misero e solo. Credimi, fratello, non so perché e vorrei non fosse così. Vorrei poter essere più simile a te e fare in modo che non mi importi della vita di quell'ombra, invece... -
- Cosa mi tocca sentire! Maldición, Esmeralda! Ha tentato di stuprarti! - 

La zingara tremò, mentre i ricordi di quella notte si sovrapponevano alle immagini di quel prete indifeso sulla forca, lì alla corte, poi inerte nel letto. Si morse un labbro, la ragazza, la testa piena di dubbi, gli occhi pieni di lacrime.
Clopin si irrigidì, notato l'effetto che le sue parole e il suo tono avevano avuto su di lei. Allora cercò di prenderla per un braccio, accostarsela al petto, ma ella si sottrasse alla presa del fratello, stringendo i pugni, puntando i piedi come una bambina. Non aveva intenzione di ascoltarlo, non quella volta, lei che, in quanto a testardaggine, poteva eguagliare senza problemi l'arcidiacono.

- Farò come meglio credo. - 

Disse fredda, a testa bassa, così che i capelli potessero coprirle il viso.

- Farò come il mio cuore mi comanda, qualsiasi cosa succeda. Non permetterò a nessuno, nemmeno a te, fratello mio, di fermarmi. Ti amo, lo sai, ma non posso obbedirti questa volta. - 

Si allontanò da lui, afferrando una ciotola contenente della zuppa calda e un bicchiere di vino. Il re di Thunes sospirò, scuotendo la testa.

- Ingenua... - 

Sussurrò con quel suo accento particolare. Avrebbe lasciato che agisse come voleva, pur rimanendo vigile e proteggendola da lontano. Al primo accenno di pericolo sarebbe intervenuto e avrebbe tagliato la gola a quell'insulso prete. Fece una smorfia e, sparita la sorella alla sua vista, bevve in un sorso ciò che rimaneva del contenuto del suo boccale. Ma, si disse, forse un modo per mettere fine a quella minaccia c'era. Doveva pensare, aspettare il momento giusto e poi agire. Ne andava del bene della sorella e non gli piaceva che ella cominciasse ad avvicinarsi tanto a quell'ombra.
La Esmeralda stava dirigendosi verso la stanza in cui il prete riposava, ma venne intercettata dalla carpetta Djali, che, saltellandole attorno, le impedì di proseguire, strappandole anche una risata divertita.

- Ma che fai? Così mi farai rovesciare tutto! - 

Ridacchiò, a meno fino a che non le si accostò Pierre Gringoire. Quel ragazzo la fece tornare improvvisamente seria. Era una reazione istintiva, come quella che si ha nei confronti di un animale che non si conosce. Il poeta non le ispirava particolare simpatia e a Pierre questo non importava particolarmente, come non gli importava di lei.

- Perdonami, ho fatto visita al nostro amico in comune. - 

Egli osservava la giovane, con una mano su un fianco. Sembrava pensieroso, anche se alla zingara non importava particolarmente. Pierre si passò una mano tra i capelli, studiando la zingarella che, a suo tempo, aveva trovato affascinante. Ora, invece, gli era diventata indifferente. Moglie, certo, ma l'amore lei non glielo aveva mai dato e presto nel poeta quel sentimento passeggero si era spento, come la fiamma di una candela lasciata sulla finestra, per poi riaccendersi nei confronti di altro.

- Non è mio amico. Comunque, gli avete parlato? - 

Chiese cauta, non desiderando intrattenere una vera e propria conversazione con lui. Lo trovava strano, scostante. Era un po' come il fiume che attraversava Parigi: procedeva placido per la sua strada, senza farsi fermare da nulla, senza che nulla potesse turbarlo. Allo stesso modo, quello strano poeta, non era toccato da alcun problema, a meno che non lo riguardasse personalmente e questo la Esmeralda non riusciva proprio a sopportarlo. Lei si era sempre preoccupata per gli altri, come aveva fatto con lui quando l'aveva seguita fino alla corte, oppure come stava accadendo con il curato. La gitana alzò un sopracciglio, aspettando una risposta.
Gringoire annuì, stringendosi nelle spalle.

- Gli ho parlato ed è sempre il solito burbero. Ma è confuso e debole. - 

La ragazza annuì, avvicinandosi di qualche passo alla porta.

- Non giocare con lui. Non si tratta di un passatempo, di un cucciolo da salvare. -
- Cosa volete dire? - 

La gitana si voltò nuovamente, guardando negli occhi il ragazzo, che ora teneva le braccia incrociate sul petto. Era incredibile quanto diventasse serio in certe situazioni.
Pierre si accorse di aver colto nel segno, poiché una piccola ruga si era disegnata tra le sopracciglia della Esmeralda, segno che si stava arrovellando sulle sue parole. In fondo, almeno con lei, poteva concedersi di essere audace e di proteggere l'uomo che gli aveva insegnato tanto.

- Voglio dire che sai bene cosa lui provi. Non puoi prenderti cura di lui come se niente fosse. Lo sottoponi ad una tortura peggiore di quella a cui lo ha condannato tuo fratello, credimi. -
- Come fate a sapere certe cose? -
- Lo conosco da tempo e ho conversato con lui, su questo argomento, più di una volta. -
-  Ditemi di più. - 

Quella richiesta arrivò inattesa, tanto che il ragazzo alzò un sopracciglio, stupito. Dunque aveva fatto breccia nel cuoricino della gitana?
Allora Pierre scosse la testa.

- Non posso dirti molto. Se vuoi sapere qualche cosa dovrai chiedere a lui direttamente. Sappi solo che è pentito. Per tutto, intendo. Ha sofferto anche lui quella notte. Non come te, ovviamente, ma ho visto come era ridotto. - 

Si strinse nelle spalle, facendo un gesto alla capretta, che subito si mise a seguirlo, belando contenta.
Esmeralda rimase imbambolata qualche secondo, soppesando le parole del poeta. Una parte di lei voleva crederci, ma l'altra, quella ancora ferita, la parte più selvaggia di lei, necessitava di sentirselo dire dall'arcidiacono stesso. Aveva bisogno di prove, di qualcosa di concreto.

Note: eccoci ad un nuovo capitolo! In questo ultimo periodo ho pubblicato più frequentemente, dal momento che per due settimane dovrò fermarmi, siccome sarò via e non credo di riuscire ad aggiornare. Nel caso trovassi un modo controllate, di tanto in tanto, altrimenti il prossimo aggiornamento arriverà dopo il tre agosto.Bene! Dopo queste info di servizio vi ringrazio per aver letto fin qui e per la pazienza. Siccome non sono mai sicura di quello che scrivo vi invito ancora a farmi presenti errori che potrebbero essermi sfuggiti, cose che non vi vanno a genio e, al contrario, quelle che apprezzate! Vi ringrazio ancora per la lettura e anche se recensirete. Alla prossima!

Si Vis Amari, AmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora