XVI

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Fiordaliso si portò le mani alla bocca, trattenendo a stento un gemito  di sorpresa. La casa era in un uno stato pietoso. Il tavolo era  ribaltato, così come le sedie e una pareva addirittura rotta; c'erano  cocci di vetro, cassetti aperti, un suo ricamo gettato a terra,  sgualcito, strappato, impossibile da recuperare; il vaso contenente i  fiori che si era preoccupata di raccogliere e sistemare era crepato e  sotto di esso si era riversata tutta l'acqua, insieme a petali di ogni  colore. Non sapeva cosa pensare, cosa dire, non si aspettava nemmeno di  vedere Phoebus seduto su un piccolo sgabello, con il viso affondato  nelle mani. Le nocche erano sbucciate, c'erano segni di morsi sulle dita  e sui polsi. Gli occhi della ragazza si posarono sull'uomo, il quale  sembrava fremere, ringhiare sommessamente come il cane fa quando viene  infastidito. Emetteva un suono gutturale, profondo e minaccioso, tanto  che ella esitò qualche secondo prima di avvicinarsi a lui.

- Amore mio, cosa è successo? -

In un primo momento le venne fatto di pensare a qualche ladro, che il  suo amato si fosse battuto, addirittura, ma quando il capitano alzò gli  occhi su di lei capì di non essersi mai sbagliata tanto.
Phoebus fissò la donna davanti a lui con un misto di ferocia e odio,  alzandosi di scatto e torreggiando su di lei. La giovane si fece  piccola, terrorizzata dal comportamento del compagno. Non era mai stato  violento o crudele, ma quella sua razione le fece temere il peggio.  Iniziò a tremare, la poveretta, gli occhi già umidi e la paura nel  cuore. Il capitano alzò una mano ad ella serrò gli occhi, credendo  l'avrebbe colpita.
Ma, nonostante tutto, nonostante la rabbia, egli non ne ebbe cuore.  Avrebbe voluto, ma non ce la fece. Egli teneva fra le dita qualche  rimasuglio bruciacchiato di pelle nera, che poi gettò a terra con  stizza, inspirando a fondo aria dalle narici, come farebbe un toro che  si prepara a caricare.

- Come hai potuto? -

Sibilò, con una calma che fece scendere un brivido freddo lungo la schiena di Fiordaliso.
Non si conosce una persona fino a quando non la si vede in preda alla  rabbia. Phoebus non si era mai adirato in quel modo, non era nella sua  indole, ma le circostanze avevano voluto che le cose andassero così.  Aveva tentato, in tutti i modi, di convincere re Luigi delle sue parole,  ma era stato inutile. Non era possibile fare nulla senza prove  concrete, non contro un membro della chiesa, non contro un uomo come  Claude Frollo. E dopo una settimana passata a cercare il quaderno per  tutta Parigi, setacciando quella fogna palmo a palmo, qualcosa suggerì  al soldato di controllare casa propria. Vi passava così poco tempo che  in un primo momento l'idea di poter trovare lì il quaderno non lo aveva  nemmeno sfiorato. Ma, si sa, è nei momenti di maggior tensione che  l'uomo sviluppa quel suo sesto senso che, tante volte, gli ha permesso  di sopravvivere.
Un'idea, una scintilla si accese nel cervello di Phoebus, che si era  aggirato per l'abitazione come un animale ferito. Non seppe perché, ma  gli tornarono alla mente gli sguardi della moglie verso l'oggetto, la  smorfia di disapprovazione quando glielo vedeva tra le mani, i suoi  tentativi di distrarlo da esso.
Fu solo per fortuna, o per fatalità, che il soldato trovò quei  franamenti bruciati tra la cenere. Destino volle che in quegli ultimi  giorni non si fosse reso necessario accendere il camino, poiché le  temperature sembravano essersi mitigate, così le poche ceneri raccoltesi  non erano state pulite, non ne valeva la pena per così poco. Ma la  soddisfazione durò poco, perché tutto ciò che aveva per dimostrare che  lui diceva il vero era letteralmente andato in fumo. Una rabbia cieca si  era impossessata di lui e per la frustrazione aveva colpito il muro, si  era morso le dita per trovare sollievo, credendo che nel dolore si  celasse la chiave per la calma, ma quando nemmeno quello bastò, si  scagliò su tutto ciò che potesse rompere o rovesciare. Alla fine si era  accasciato sull'unica cosa rimasta intonsa: un piccolissimo sgabello e  lì era rimasto, mentre dentro la rabbia e lo sconforto si mescolavano,  si confondevano e lo inebriavano, annebbiandogli i pensieri.
Come abbiamo detto Phoebus non era un uomo crudele, ciò che chiedeva  dalla vita erano semplicemente i piaceri più terreni e lui riusciva ad  ottenerli con il minimo sforzo, ma, in quanto soldato, in lui era stato  impiantato il seme della bellicosità, della fama. Quel seme aveva  cominciato a crescere, a mettere radici attorno alla sua anima. Vedete,  non è da biasimare il poveretto, chi può dire di essere molto migliore.  Questo bardo che vi narra di lui sa bene che, anche voi, almeno una  volta nella vita, avete desiderato essere considerati più di qualcun  altro, essere riconosciuti per i vostri meriti. Questo bardo sa anche  che siete stati delusi più di una volta e che capirete il nostro  capitano, così vittima del destino.
La ragazza rimase per lungo tempo in silenzio, scuotendo leggermente la  testa, come a voler negare tutto ciò, come a voler scacciare un sogno.

Si Vis Amari, AmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora