XIII

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- Non saresti dovuta intervenire! Non mi avrebbe fatto nulla e, se anche avesse voluto... Beh, poco importa! Sei stata avventata. Ora ha il coltello dalla parte del manico! - 

Frollo camminava avanti e indietro per la stanza, a volte prendendosi la testa tra le mani, a volte gesticolando nervosamente, dimentico del dolore alla caviglia. Le gote erano arrossate, gli occhi fiammeggiavano e quella era una visione che spaventava un poco la zingara. Pareva, quasi, un pazzo e la giovane si strinse le gambe al petto, seduta sul letto che era stato dell'arcidiacono. Il prete prese poi un profondo respiro, cercando di calmarsi, ma era evidente dai movimenti delle sue mani e del petto che il suo animo continuava ad essere tormentato e il sangue a ribollire nelle vene.
La giovane, allora, si alzò, facendo fondo a tutto il suo coraggio. Si morse un labbro e posò una mano su quella del curato, guardandolo con occhi grandi, come a supplicarlo di calmarsi. Claude Frollo abbassò lo sguardo, fermandosi ed avvertendo solo in quel momento la stanchezza, così come si rese conto solo allora del disagio che aveva instillato nella giovane.

- Perdonatemi. Ho agito d'istinto. - 

La zingara si espresse in quella sua solita smorfietta, che fece sciogliere il cuore dell'uomo in un piacevole calore. Tuttavia, al di fuori, rimase praticamente impassibile, fatta eccezione per un piccolo movimento delle spalle.

- Ormai non ha senso scusarsi. Le cose sono andate così e, anzi, devo scusarmi io, credo. Non avresti dovuto sentire nulla di tutto ciò. - 

La Esmeralda fremette, ritirando la mano e portandosela al petto, stringendola con l'altra, mentre tormentava l'amuleto che portava al collo.

- Quelle cose che Phoebus ha detto... - 

Sussurrò lei. Frollo la fece sedere, sospingendola delicatamente con una mano sulla schiena.

- E' tutto vero. Si tratta di confessioni, pensieri, che ho scritto su un mio quaderno personale, vedi. -

Abbassò la testa. Si sentiva in colpa, meschino, un idiota! Si sarebbe mangiato le mani, si sarebbe gettato ai suoi piedi per implorare perdono, se fosse servito. Lei, però, se ne stava seduta sulla sedia, con quel suo visino pulito, adombrato dalla diffidenza.

- Ascoltami, non so se mi crederai. Se devo essere sincero mi ha stupito il fatto che tu non ti sia fidata di lui, ma ora il punto non è questo. -
- È solo il mio corpo che volete? - 

Chiese lei, interrompendolo, ma egli scosse con calma la testa, facendole segno con una mano di tacere.

- Lascia che ti spieghi. È complicato, tanto complicato che nemmeno io che provo queste cose riesco a spiegarle. Sì, ti desidero. Ti ho desiderata come non ho mai fatto e non mi importava di rendermi un assassino per te, nemmeno come avrei potuto farti mia. Bruciavo dentro e allo stesso modo la mia pelle. Bruciavo per te, piccola, e brucio ancora. Ti maledicevo perché non avrei mai potuto vivere di te e ancora adesso ti abbraccio, come in un sogno, tutto il giorno, mentre di notte rimango sveglio, arrovellandomi su cosa questo mio cuore voglia. - 

Deglutì, umettandosi poi le labbra. Che fatica era per lui parlarle così, come se stesse spingendo un macigno, come se stesse cercando di liberarsi di quel peso che aveva sulle spalle.

- Ero convinto fossi il Demonio venuto per tentarmi, una strega, perché prima di vederti non avevo mai provato nulla di simile, invece ora non riesco a farne a meno e questo... Questo mi spaventa. - 

Egli allungò una mano verso di lei, ritirandola poco prima di toccarla, muovendo le dita e mordendosi una nocca. Scosse poi la testa, decidendosi, infine, a posare il palmo sulla guancia della giovane, sfiorandole la pelle scura. Ella rimase immobile, quasi senza respirare.
La giovane scoprì quanto quel tocco fosse caldo e delicato, premuroso, non tanto dissimile dalle carezze che Clopin le aveva riservato. Ma quello che aveva davanti era davvero lo stesso prete che con tanta furia aveva insinuato quelle dita lunghe sotto la sua gonna? La Esmeralda stentava davvero a crederlo. La giovane lo guardava negli occhi e in essi non scorgeva alcuna cattiveria, non più.

- Ma ho capito, in questo ultimo periodo, che non sei nulla di tutto ciò. Non sei una strega o un corpo da possedere, ma una giovane donna. E ora comprendo, anche se forse è tardi, che con la forza non otterrei nulla. Ti amo, sì. Ormai sarai stanca di sentirmelo dire, ma è così e non si tratta solo di amore a livello fisico, quanto spirituale. Perdonami se non sono stato capace di comprenderlo subito, ma non sono bravo in questo genere di cose. Non lo sono per niente. - 

Timidamente Frollo le sfiorò le labbra con il pollice, per poi distogliere lo sguardo e, così, anche la mano. Ma si sentì trattenere da un paio di manine tremanti, che gli fecero incontrare nuovamente la guancia calda della ragazza. La zingara lo guardava in silenzio, con il cuore in gola. Forse era pazzia la sua, annodata a doppio filo con il delirio, perché non si capacitava di come potesse desiderare quel contatto, di come quelle parole le avessero smosso l'animo. Il prete la osservava stupito, improvvisamente raggelato.

- Vi perdono. - 

Disse quella a voce bassa, ma con tono risoluto. Non c'era spazio nel cuore della gitana per il risentimento, non dopo delle parole così accorate, non dopo aver toccato con mano tanto dispiacere per le azioni passate, per le emozioni provate. Forse il suo era solo l'istinto di una bambina, forse era solo il cuore di chi non riesce a vedere che ciò che il mondo ha di positivo. Eppure, non poteva negarlo, si sentiva, in qualche modo, attratta da lui.
Erano entrambi farfalla e ragno. Frollo, fino a poche settimane prima, aveva tessuto la sua tela, nella quale, infine, era riuscito ad intrappolare la bellissima farfalla colorata ed esotica che ora aveva davanti. Ella ne era ancora imprigionata, perchè proprio non riusciva ad allontanarsi da quello strano prete. Ma, allo stesso modo, la Esmeralda aveva imprigionato nella propria ragnatela, anche se a sua insaputa, lo sventurato arcidiacono, una pallida falena notturna, che ancora lottava per non essere più vittima di ciò che lo incatenava a lei. Inutili i loro sforzi per liberarsi l'uno dell'altra, essi non avrebbero fatto altro che avvicinarli sempre più.
Il problema si presenta quando il ragno si innamora della preda.

Si Vis Amari, AmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora