I

1.1K 58 3
                                    

Se c'era una cosa che aveva capito da quando era diventato coach di Yuuri, era che vederlo piangere, lo annientava. Preferiva farsi del male, soffrire in silenzio, piangere nascosto in bagno ma avere davanti a lui, sempre il sorriso. Raccolse la foto che aveva gettato per terra, raccogliendo i piccoli pezzi di vetro, incastrati nel pavimento, senza curarsi dei piccoli tagli, che si stavano formando. Le liti tra di loro non mancavano, certe volte stavano diversi giorni senza parlarsi, ma poi uno dei due faceva sempre il primo passo, e tutto ritornava alla normalità, ma non quella volta. Viktor sapeva di essere in torto, sapeva che si stava comportando in modo sbagliato, ma sentire Yuuri che gli rinfacciava urlando che avrebbe preferito finirla a Barcellona e malediceva il giorno in cui si era trasferito in Russia, gli aveva fatto male al cuore. Lui non era abitato alla vita di coppia, appariva sempre sorridente, perché sapeva che dal suo sorriso dipendevano tutti, incondizionatamente. Se l'orso russo era depresso intorno a lui, tutto si venava. E poi essere stato fermo un anno, per fare da Coach, pesava sul fisico di Viktor, ma anche sulla mente. Sapere che i suoi due Yuuri avevano polverizzato i suoi record, gli creava un po' di ansia da prestazione e del resto, si che si era innamorato di Yuuri, ma aveva abbandonato il ghiaccio anche per quello. Non voleva tornare di nuovo il vecchio Viktor, quello che dopo una gara finiva ubriaco sul divano, salvato da Chris o da Yakov. Quante volte poteva ricordarsi di essersi svegliato pulito e profumato tra le lenzuola quando l'ultima cosa che si ricordava era se stesso attaccato ad una bottiglia? E poi era arrivato Yuuri, con la sua innocenza e la sua insicurezza lo aveva salvato da quel baratro ormai troppo profondo e giorno dopo giorno, si era innamorato sempre di più. Tanto da proporgli di seguirlo in Russia, perché senza lui non riusciva nemmeno a respirare. Si sedette sul divano e prese il cellulare, il volo sorridente di Yuuri quasi lo accecò. Si ritrovò ad accarezzare il display, mentre sentiva le lacrime prepotenti bagnargli le guance. Come poteva ancora guardare in viso il compagno, dopo tutto quello che gli aveva detto? Perché riusciva a mandare in merda tutto quello che toccava? La sua vita, la vita di Yuuri, tutto. Prese il giornale appoggiato sul tavolino, aprendolo per metterci dentro i vetri, quando alla pagina dello sport si ritrovò a fissare la sua immagine sorridente. Era stato un anno distante dai tornei e ora era ritornato prepotentemente oscurando tutti intorno a lui. Strinse il pugno con rabbia, rendendosi conto, troppo tardi, di avere ancora in mano i vetri, che gli morsero la pelle. Imprecando una maledizione, guardò la mano insanguinata. Aveva sempre odiato la vista del sangue e sentì la bile in gola, prossima ad uscire. Si diresse in cucina, ignorando quell'odore ramato che aveva impregnato la stanza e il caldo liquido che colava, infrangendosi sul pavimento, in grossi goccioloni.
Giunse in cucina e aprì l'acqua fredda, mettendo la mano sotto, cercando di alleviare il dolore pungente, ma ne sentì ancora di più. Forse so lo meritava, forse era giusto tutto quel dolore. Si osservò la mano, alcuni pezzi di vetro erano entrati profondi e dopo aver avvolto la mano in un piccolo asciugamano si diresse in ospedale. Non distava che un paio di fermate, ma non aveva tenuto conto della sua fama, e trovarsi in mezzo a tanta gente che lo conosceva ed essere costretto per contratto, a sorridere sempre, e della sua perdita cospicua di sangue, quando giunse finalmente davanti all'ospedale non ebbe nemmeno modo di entrare, perché svenne all'ingresso. Rinvenne quando sentì una voce chiamarlo, ovviamente sapevano il suo nome, lì tutti sapevano il suo nome, chiunque lo conosce e tutti si vantavano di conoscerlo, mentre lui avrebbe solo voluto sparire. Ripose distrattamente a tutte le domande, fornendo i dati della sua assicurazione, attese pazientemente il suo turno, anche quando il dottore gli chiese se voleva passare davanti, perché lui era Viktor Nikiforov. -La ringrazio dottore, ma sono un paziente come tutti- rispose in modo gentile, ma che non dava adito a dubbi. L'unica cosa che accettò con piacere, fu un bicchiere di the e un paio di tramezzini, si era reso conto che era dal giorno prima che non mangiava e quel poco, lo aveva rimesso subito dopo la discussione con Yuuri.
Quando squillò il telefono, senza nemmeno guardare chiuse la chiamata, non aveva voglia di parlare con nessuno. Quando il telefono suonò di nuovo, lo spense. L'unica persona con cui ora voleva parlare, non gli avrebbe mai più ricolto la parola. Aveva detto al compagno che si sarebbe trasferito da Georgi, o semplicemente avrebbe affitto una stanza in un residence. Lo stava facendo per Yuuri, Pensò distrattamente quando sentì di nuovo il viso bagnato di lacrime. Non riusciva a togliersi dalla testa la frase che aveva sentito a Parigi, lo aveva trafitto, come una lama. C'era anche Chris con lui, che gli aveva detto di non preoccuparsi che tutti sapevano che non era vero, ma nella sua mente si era fatto mille domande, e ad ogni risposta uscivano altre due mila domande. Aveva risposto distrattamente ai giornalisti, dando la colpa alla stanchezza del fuso orario, e allora anche Chris aveva iniziato a fingere, cercando di dare una mano al suo collega.
-Ti prego Viktor. Conosco quello sguardo l'ho già visto troppe volte- gli aveva detto Chris, quando erano giunti in albergo.
-Li hai sentiti? Hai sentito cosa hanno detto?- chiese sottovoce il russo, il viso rivolto al pavimento.
-Viktor non sei in questo mondo da due giorni, sai le cattiverie che si dicono- gli disse Chris, guardandolo, per poi continuare: -Non ti hanno mai preoccupato, una volta ci avremmo riso sopra, cosa è cambiato?-.
-Parlavano di Yuuri- disse Viktor, come se quella fosse una spiegazione.
-Si, ho immaginato, ma non puoi proteggerlo per sempre- spiego Chris, appoggiandosi al muro.
-Lo hanno detto per colpa mia, è questo che si dice dietro le quinte?- chiese Viktor, con rabbia.
-Non ascolto quelle voci da quando mi dissero che ero sposato con l'attrice svizzera, lo sai- disse Chris, ridendo.
-Non siamo io e te, Chris. E' di Yuuri che parlavano, del mio Yuuri- disse ancora, stringendo le mani a pugno.
-E cosa intendi fare?- chiese lo svizzero guardandolo. -Oh no Viktor, io so cosa vuoi fare, e sarà una cazzata, lo hai visto senza di te, in un libero, ha fatto un disastro-.
-Ma si è ripreso subito- rispose Viktor.
-Si e se non ricordo male, le foto di voi abbracciati all' aereoporto, hanno fatto il giro del mondo sui giornali scandalistici. Si è ripreso perché eri tornato- cercò di farlo ragionare Chris.
-Forse non dovevo tornare, sarebbe stato meglio- disse ancora il russo.
-Cazzo Viktor, preferisco quando sei ubriaco almeno le cazzate che dici hanno un senso- disse Chris, scrollandogli le spalle. -Smettila di dire cazzate, o me ne fotto delle foto e domani compari in copertina con un occhio nero. Prendi il telefono e chiama Yuuri, son certo che poi starai meglio- disse sorridendogli. Ma lui si era limitato a scollare le spalle e alzando la mano gli aveva detto: -Sto bene, Chris, sono davvero solo stanco- e a quelle parole non ci aveva creduto nessuno.
-Non farlo Viktor, piuttosto vieni da me, ma non farlo- disse preoccupato, appoggiandogli la mano sulla spalla.
-Non possiamo più, io ho Yuuri tu hai Etienne...- disse interrompendosi.
-E amo Etienne più della mia vita, ma voglio bene anche a te, e piuttosto che vederti attaccato a una bottiglia, preferisco rischiare l'ira di Etienne e farti dormire nel mio letto- disse serio Chris.
-Non serve Giacometti, sto bene- disse Viktor, usando il cognome come per porre fine a quella conversazione.
-Signor Nikiforov, venga tocca a lei- disse una voce gentile, scuotendolo dai suoi pensieri. Si alzò e seguì l'infermiera nella stanza del dottore. Guardò il dottore esaminare la ferita. -Non ci sono lacerazioni a nervi e tendini, signor Nikiforov. Ora le faccio una piccola anestesia e le tolgo i frammenti dentro la mano- spiegò il dottore. -Non voglio l'anestesia- disse in inglese, per poi ripeterlo in russo, stupendo il dottore.
-Ma così potrebbe sentire dolore- rispose il dottore.
-Non voglio l'anestesia- ripetè testardo e al dottore non restò altro che stringersi le spalle, e iniziare a pulire la ferita. Viktor accolse quel dolore come una liberazione, era sporco dentro e fuori, aveva ferito l'unica persona al mondo che l'amava e l'aveva fatto per proteggerlo.
Quando mezz'ora dopo uscì dall'ospedale accese il telefono, c'erano svariati messaggi di Chris, e una ramanzina sulla segreteria di Yakov, che gli urlava contro di tutto, capì solo che anche Yuuri non era andato all'allenamento. Poi interruppe la registrazione, finchè il telefono non squillò nuovamente. Era Chris.
-Pronto-rispose sospirando.
-Dimmi come mai Etienne sa di noi due a Parigi? Cosa cazzo hai detto a Yuuri?- urlò lo svizzero, tanto che Viktor dovette allontanare l'apparecchio dall'orecchio.
-Io... Io...- balbettò imbarazzato il russo.
-Non me frega un cazzo, tra due ore ho l'aereo e vengo lì, e chiariamo tutto. Starò in casa da voi, non ci sono alberghi liberi- disse Chris, senza dargli tempo di finire la frase.
-Non credo ci sia più spazio per me in quella casa...- rispose Viktor, sottovoce.
-Dio, sei un coglione, sei un coglione!-gli urlò Chris prima di buttargli giù il telefono.

Yuri On Ice : In quei GiorniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora