XII

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Si osservarono negli occhi, come se non si conoscessero. Un piccolo gatto che si difendeva, gonfiandosi ,con la coda dritta dall'attacco di un cane. Rabbia e risentimento, padroni indiscussi dei pensieri del piccolo giapponese, e frustrazione, tanta. Perché dentro di se si odiava. Odiava il suo non essere in grado di guardare Viktor senza sentire il cuore perdere un battito. Voleva solo svegliarsi, alzarsi e scoprire che tutto era solo un brutto sogno. Ma toccando il freddo delle ruote della carrozzina, la realtà tornò prepotente. Viktor lo osservava, in silenzio, il dolore negli occhi azzurri che tanto amava. Quando si avvicinò, l'istinto del giapponese fu quello di mettere più spazio tra di loro, ma era bloccato. Viktor vide il terrore nei suoi occhi e si fermò.


-Ciao- disse sottovoce, guardando il compagno. Vederlo sulla carrozzina, fu un duro colpo, sentì il panico avvolgerlo, era tutta colpa sua, lo sapeva, ma quello che più lo uccise dentro, fu lo sguardo carico di odio e risentimento con cui il giapponese lo guardava. Si schiarì la voce, cercando di respirare, ma l'aria gli graffiò la gola. Fece un passo avanti e si sedette, certo che le gambe non lo avrebbero retto ancora per molto. Di certo non si aspetta che il compagno fosse contento di vederlo. Yakov lo aveva avvisato, ma nonostante si fosse preparato psicologicamente, la realtà lo colpì al cuore come un pugno. Tanto che si dovette massaggiare la parte indolenzita con le punta delle dita.


Yuuri continuava a guardarlo senza parlare, e quando il silenzio divenne insopportabile il russo parlò:-Posso almeno sapere come stai?- chiese Viktor, nervoso, giocando con l'anello al dito.


-Perché, ti interessa?-chiese Yuuri con voce crudele, poco dopo.


-Sei ingiusto Yuuri, ho sbagliato lo so, ma io t...-.


-Non dirlo, non dirlo- disse sibilando Yuuri.


-Perché?-chiese il russo.


-Perché non è vero, perché mi menti, mi menti sempre- rispose Yuuri, guardandolo negli occhi.


-Non è vero, io ti amo, veramente. Come non ho mai amato nessuno-.


-Mi ami tanto da mentirmi, da farmi credere...-disse interrompendosi per riprendere fiato. -Perché sei qui?-.


-Sono qui, perché sei il mio compagno, e voglio farmi perdonare-.


-Ero- specificò Yuuri, e il russo aggrottò le sopracciglia senza capire.


-Ero il tuo compagno- ripetè Yuuri.


-Yuuri, per favore...- provò il russo ma fu interrotto dallo schiaffo del giapponese.


-Yuuri cosa? Cosa dovrei fare Viktor? Accoglierti a braccia aperte, scusarti, far finta che non sia successo nulla? Che io non sia mai salito su quell'aereo... cosa ti aspetti Viktor, che tutti ti perdonino perchè sei Nikiforov? Che io mi scusi con te? Ho una notizia per te: non mi interessa chi sei. Non ti perdono, non c'è nulla da perdonare. Hai fatto la tua scelta, volevi che ti lasciassi. L'ho fatto- disse il giapponese, e contrariamente a quanto si aspettava, non alzò mai la voce. Era più come se fosse una sentenza, o meglio: quello fu ciò che provò Viktor, sentendo le parole del compagno.

Yuri On Ice : In quei GiorniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora